Green deal, l’Europa sarà il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050

Entro il 2030 le emissioni di gas serra dovranno essere tagliate del 50-55%: l’Italia è in ritardo

[11 Dicembre 2019]

«Il Green deal europeo è la nostra nuova strategia per la crescita, una crescita che restituisce più di quanto prende». La neo-presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha presentato oggi con queste parole la tabella di marcia pensata per rendere sostenibile l’economia europea, trasformando i problemi ambientali e climatici in opportunità di rilancio economico: «Tutti noi – ha aggiunto – possiamo partecipare alla transizione e beneficiare delle opportunità che offre. Muovendoci per primi e rapidamente aiuteremo la nostra economia ad assumere la leadership a livello mondiale».

Una forma d’ambientalismo – o almeno, il suo intento – che coglie la complessità della sfida che abbiamo davanti: alla narrazione del catastrofismo o della conservazione a tutti i costi dell’esistente sostituisce quella dello sviluppo sostenibile. Una rivoluzione la cui portata non potrà però che essere misurata coi fatti: al momento il Green deal proposto dalla Commissione europea è una comunicazione che dovrà essere approvata dal Parlamento e dal Consiglio Ue, e soprattutto dovrà poi essere declinata in azioni concrete. Le premesse, però, sono quanto meno sufficienti.

«Stiamo vivendo un’emergenza climatica e ambientale – incalza il vicepresidente esecutivo Frans Timmermans – Il Green deal europeo costituisce un’opportunità per migliorare la salute e il benessere dei nostri concittadini, trasformando il nostro modello economico. Il piano illustra come ridurre le emissioni, ripristinare la salute del nostro ambiente naturale, proteggere la fauna selvatica, creare nuove opportunità economiche e migliorare la qualità della vita dei nostri concittadini. Tutti noi abbiamo un ruolo importante da svolgere e ogni settore industriale e paese saranno interessati da questa trasformazione. Inoltre, è nostra responsabilità fare sì che la transizione sia un processo giusto e che nessuno resti escluso dalla realizzazione del Green deal».

In concreto, il Green deal europeo prevede una tabella di marcia con azioni per stimolare l’uso efficiente delle risorse grazie al passaggio a un’economia circolare, contrastare i cambiamenti climatici, mettere fine alla perdita di biodiversità e ridurre l’inquinamento. In particolare, per tradurre in atti legislativi l’ambizione ad essere il primo continente al mondo a emissioni zero entro il 2050, la Commissione presenterà entro 100 giorni la prima “legge europea sul clima”. Per realizzare le ambizioni dell’Unione in materia di clima e ambiente, la Commissione presenterà inoltre la strategia sulla biodiversità per il 2030, la nuova strategia industriale e il piano d’azione sull’economia circolare, la strategia “Dal produttore al consumatore” per una politica alimentare sostenibile e proposte per un’Europa senza inquinamento. «Il raggiungimento di un’economia circolare e neutrale dal punto di vista climatico richiede la piena mobilitazione dell’industria. Ci vogliono 25 anni – una generazione, sottolinea la Commissione – per trasformare un settore industriale e tutte le catene del valore. Per essere pronti nel 2050, le decisioni e le azioni devono essere prese nei prossimi cinque anni». E ad oggi c’è molto da fare anche sotto il profilo della circolarità economica, dato che «solo il 12% dei materiali utilizzati in Europa proviene dal riciclaggio».

Nel marzo 2020 la Commissione lancerà inoltre un “patto per il clima” per dare ai cittadini voce in capitolo, e soprattutto si metterà «subito al lavoro» per rendere più ambiziosi gli obiettivi climatici già al 2030. Nel 2018 le emissioni europee sono risultate del 23% inferiori rispetto al 1990, mentre nello stesso periodo il Pil dell’Unione è cresciuto del 61%, ma occorre fare molto di più per rispettare l’Accordo di Parigi sul clima: le attuali politiche ridurranno le emissioni di gas a effetto serra solo del 60% entro il 2050, per questo «entro l’estate 2020», la Commissione presenterà un piano per tagliare di almeno le emissioni per almeno 50% (con l’ambizione di puntare al 55%) rispetto ai livelli del 1990 in modo responsabile, ovvero accompagnando la transizione con opportune misure di sostegno dal punto di vista economico e sociale. Rientra in quest’ottica la proposta di introdurre una carbon border tax, ovvero una tassa sul carbonio che penalizzi i prodotti d’importazione che non rispettano adeguati target climatici.

Per tutto questo servono adeguati investimenti. Solo per conseguire gli obiettivi in materia di clima ed energia attualmente previsti per il 2030 (con un taglio delle emissioni pari al 40%) si stima che occorreranno investimenti supplementari annui dell’ammontare di 260 miliardi di euro, pari a circa l’1,5 % del Pil del 2018, per i quali sarà necessaria la mobilitazione dei settori pubblico e privato; all’inizio del 2020 la Commissione presenterà dunque un piano di investimenti per un’Europa sostenibile per contribuire a soddisfare le esigenze di investimento.

Nel mentre, l’Italia dovrà rapidamente cambiare rotta rispetto a quella impostata nel Piano nazionale energia e clima, che entro fine mese dovrà essere sottoposto all’attenzione della Commissione Ue. Ad oggi il nostro Paese ha impostato infatti una riduzione delle emissioni di gas serra per solo il 37% circa al 2030, mentre l’Ue punta adesso con decisione al 50-55%: per non perdere il treno della transizione ci converrà iniziare a correre, perché come affermano dalla Commissione solo «muovendoci per primi e rapidamente aiuteremo la nostra economia ad assumere la leadership».