I fondi per la ripresa post Covid-19 aiutano poco l’ambiente e aumentano la disuguaglianza economica e tecnologica

Una spesa non espressamente verde, minaccia di rafforzare i modelli di produzione e consumo business as usual che stanno devastando il pianeta

[11 Marzo 2021]

Nell’ultimo anno, i governi hanno promesso trilioni di dollari in aiuti perla ripresa post CovidD-19, creando quella che alcuni osservatori hanno definito «Un’opportunità irripetibile per fare investimenti rispettosi del pianeta e salvare la Terra da una catastrofe ambientale incombente».

Ma, secondo il nuovo rapporto  “Are We Building Back Better? Evidence from 2020 and Pathways for Inclusive Green Recovery Spending” pubblicato dal Global Recovery Observatory e  – un’iniziativa guidata  dall’Oxford University Economic Recovery Project  (OUERP) e supportata dall’United Nations environment programme (Unep)  Fondo monetario internazionale  e  Deutsche Gesellschaft für Internationale Zusammenarbeit (GIZ)  attraverso il  Green Fiscal Policy Network  (GFPN) –  «Questo non significa che il percorso verso una ripresa ecologica sarà facile».

Infatti, dal rapporto emerge che «Solo il 2,5% di tutta la spesa per la ripresa dal Covid-19 avrà caratteristiche ecologiche positive, come la riduzione delle emissioni di gas serra e la protezione del capitale naturale».

Per definire i livelli di spesa verde presenti nei piani di salvataggio e ripresa, l’Osservatorio sta monitorando le spese di salvataggio fiscale e per la ripresa economica delle 50 maggiori economie del mondo.

I ricercatori hanno studiato i fondi annunciati sia per il “rescue”  a breve termine che per il “recovery”  a lungo termine e hanno scoperto che  «La spesa green è concentrata nei Paesi e nelle popolazioni più ricchi, minacciando di rafforzare le pericolose disuguaglianze pre-pandemiche».

Steven Stone, capo risorse e mercati dell’Unep sottolinea che «I pacchetti di ripresa post-pandemici sono un’enorme opportunità per accelerare l’azione sulle tre crisi che l’umanità deve affrontare: cambiamento climatico, perdita di biodiversità e inquinamento. Dobbiamo farcela, o rischiamo di deragliare, accollando alle generazioni future enormi debiti e un pianeta distrutto».

Nel 2020 sono stati annunciati 368 miliardi di dollari di spese nazionali per programmi per ridurre le emissioni di gas serra. Il rapporto fa notare che «Sebbene questa sia una somma elevata, impallidisce in confronto ai 14,6 trilioni di dollari di spesa totale annunciata dalle 50 maggiori economie. Gran parte di quella enorme cifra consiste in una spesa che non è espressamente verde, che minaccia di rafforzare i modelli di produzione e consumo business as usual che stanno devastando il pianeta».

Nonostante la gravità dell’inquinamento atmosferico, che causa fino a 9 milioni di morti all’anno, il rapporto ritiene che «Solo il 16% della spesa totale per il recovery (esclusa la Commissione europea) riduca potenzialmente l’inquinamento atmosferico». Quando poi si tratta di preservare il capitale naturale – o lo stock globale di risorse naturali – e invertire il degrado dell’ecosistema, «Solo il 3% della spesa per la ripresa  è considerato positivo».

Ma il rapporto afferma che ci sono ragioni per sperare: «Numerosi paesi stanno andando in controtendenza e stanno facendo notevoli investimenti verdi. La Polonia, ad esempio, ha investito 2,1 miliardi di dollari (dell’unione europea, ndr) in una spinta alla ripresa per posizionarsi come leader europeo nella produzione e nell’adozione di veicoli elettrici. La Spagna ha stanziato oltre 7,2 miliardi di dollari per un piano di ripresa “España Puede“, inteso a stimolare una “transizione energetica giusta e inclusiva” attraverso investimenti diretti».

La maggior parte della spesa green è concentrata in Paesi con una storia di leadership negli investimenti verdi. Il rapporto evidenzia il ruolo trainante della Germania, con il suo investimento di 8,3 miliardi di dollari nell’idrogeno verde. Ma anche quello della Francia che, attraverso un’allocazione di 8,4 miliardi di dollari al suo vasto programma di recupero “France Relance”, è emersa come leader nella bioedilizia e nell’efficienza energetica.

Il rapporto avverte che «Mentre alcune economie avanzate e la Commissione europea rappresentano la maggior parte della spesa per la ripresa verde, per la stragrande maggioranza dei Paesi, la spesa per la ripresa è stata relativamente bassa e minimamente verde. Le devastazioni economiche del coronavirus stanno solo esacerbando le disparità esistenti – e della spesa per la ripresa – tra le nazioni».

Il rapporto sottolinea che «Le economie avanzate spendono circa 17 volte di più a persona rispetto a quanto viene speso nei mercati emergenti e nelle economie in via di sviluppo. Lo squilibrio tra le nazioni riflette le disuguaglianze che esistono all’interno delle nazioni, disuguaglianze che sono solo peggiorate durante la pandemia». Infatti, le disparità nella salute e nell’accesso all’assistenza sanitaria «hanno portato il peso della malattia a ricadere pesantemente sui gruppi a basso reddito e altrimenti emarginati. In tutto il mondo, questi gruppi hanno anche subito la maggior parte delle perdite di posti di lavoro e dei tagli salariali».

Il rapporto esorta i responsabili delle decisioni a ricordare che «Concentrarsi sulla ripresa economica a breve termine potrebbe aggravare ulteriormente le crisi sociali e ambientali a lungo termine».

Dato che, proprio come il Covid-.19, cambiamento climatico, inquinamento e perdita di biodiversità minacciano di aumentare la povertà e le disuguaglianze, l’Unep e i suoi partner chiedono una maggiore ambizione – diretta e di spesa –  per tracciare un percorso sostenibile».

L’Unep si sta organizzando per il Covid-19 recovery  e recentemente ha lanciato la Medium-Term Strategy per il 2022-2025 che definisce una visione per affrontare i cambiamenti climatici, la perdita di biodiversità e l’inquinamento e delinea le azioni necessarie per spostare i modelli di consumo e produzione verso la sostenibilità, una strategia che rafforzerà gli sforzi dell’Unep  per promuovere la dimensione ambientale dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.

Stone  conclude: «La ricostruzione e il recupero saranno un processo lungo e comporteranno il più grande investimento di risorse pubbliche che il nostro mondo abbia mai visto. Per fortuna, il dado non è ancora tratto. Per i Paesi c’è ancora tempo per garantire che la ripresa e la spesa per gli stimoli contribuiscano a un futuro migliore per le persone e il pianeta».