Cresce la domanda di Italia nel mondo, anche se non ce ne accorgiamo

I.T.A.L.I.A. 2019, le eccellenze del Paese tra percezioni sbagliate e governance mancata

Ciafani (Legambiente): «L’Italia sembra una squadra di calcio piena di campioni che dovrebbero giocare più da squadra ma che ha un pessimo allenatore e che gioca con un arbitro non proprio imparziale»

[5 Luglio 2019]

Il rapporto I.T.A.L.I.A. 2019 – Geografie del nuovo made in Italy, rappresenta una fotografia della distanza che c’è tra percezione, consapevolezza e fiducia nei confronti del nostro Paese, dentro e fuori i patri confini: realizzato come sempre da Fondazione Symbola, Unioncamere e Fondazione Edison, grazie a un’indagine Ipsos il report documenta ad esempio che il numero delle ricerche legate al made in Italy effettuate su Google – un fondamentale indicatore della notorietà e del desiderio dei prodotti italiani nel mondo – è cresciuto del 56% tra il 2015 e il 2018. All’estero insomma l’Italia e i suoi prodotti continuano a piacere, anche se la tendenza nazionale a piangerci addosso non aiuta a riconoscerlo.

Le eccellenze si nascondono ovunque nel nostro Paese, e non solo negli ambiti cui è più immediato come cultura, prodotti agroalimentari o turismo. Ad esempio, i dati del rapporto mostrano che anche nel 2018 il principale contributo all’export e al saldo commerciale italiano è stato dato dalle quattro grandi aree di eccellenza manifatturiera del nostro Paese grazie alle quali la bilancia commerciale italiana ha chiuso l’anno analizzato con un attivo di 38,9 miliardi di euro, riuscendo a compensare lo storico deficit “energetico” (pari a 45 miliardi nel 2018) e il passivo dei settori di minore specializzazione del nostro Paese (53 miliardi). In particolare, nel 2018 il surplus delle 4 aree è stato pari a 137 miliardi di euro, di cui oltre il 60% generato dal comparto della automazione-meccanica-gomma-plastica (84 miliardi), seguito dall’abbigliamento-moda (29 miliardi), dall’arredo-casa (13 miliardi) e dall’alimentare-vini (11 miliardi). È dunque predominante il contributo dell’automazione-meccanica-gomma-plastica, il cui ruolo è diventato negli anni sempre più rilevante; ne è conferma la notevole crescita negli ultimi anni del peso della robotica.

«Il rapporto mette in luce un volto dell’Italia che non è conosciuto a sufficienza – sottolinea Giuseppe Tripoli, segretario generale di Unioncamere – L’export nazionale è aumentato di quasi il 60% in 10 anni, passando da un saldo negativo ad un saldo positivo di circa 39 miliardi di euro. Il nostro Paese vanta quasi mille prodotti su 5mila ai primi posti nel mondo in termini di saldo commerciale. L’Italia ha un forte orientamento all’innovazione, attestato dalle sue 38mila imprese manifatturiere innovatrici e dall’utilizzo di oltre 64mila robot industriali. Ma è anche un Paese che sa far crescere le proprie tradizioni, come mostra il primato dell’agricoltura, soprattutto biologica, e che, di anno in anno, conferma la propria attrattività turistica, posizionandosi ai primi posti nel mondo grazie al crescente numero di pernottamenti di viaggiatori non europei (oltre 65 milioni di notti).

«C’è un’Italia in grado di parlare al mondo con i suoi talenti, la sua creatività, il suo territorio, la sua bellezza – aggiunge Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola – Capace con le sue energie migliori di affrontare a testa alta le sfide per il futuro a partire dalla crisi climatica, da un’economia più sostenibile e più a misura d’uomo. Una sfida essenziale anche per ridare forza all’Europa. Troppo spesso questo Paese non ha piena coscienza delle proprie potenzialità. Tanto che è una delle nazioni al mondo in cui è maggiore la forbice tra percezione interna, spesso negativa, e percezione esterna positiva e favorevole. Un’Italia che fa l’Italia può essere protagonista se trova una visione comune, se non lascia indietro nessuno, se non lascia solo nessuno».

Una mission dove una corretta informazione è indispensabile per avere innanzitutto una percezione del Paese più coerente con la realtà, perché non c’è progresso per chi non sa neanche da quale punto parte. Qualche esempio? L’indagine condotta da Ipsos, all’interno del rapporto, è proprio sulla percezione e consapevolezza delle capacità del Bel Paese. «L’Italia è tra i primi 10 Paesi al mondo per investimenti in ricerca e sviluppo: solo il 13% degli italiani ne è consapevole, e addirittura quasi uno su due (45%) la ritiene una notizia poco attendibile. Siamo il primo Paese europeo per riciclo di rifiuti col 76,9% del totale di quelli prodotti: ma solo un italiano su 10 lo sa e addirittura il 51% ritiene questa notizia non credibile».

Al tema della consapevolezza si aggiunge insomma quello della fiducia, e anche qui il ruolo dell’informazione è cruciale. E non si tratta di autocompiacersi guardando solo i lati positivi del Paese, tutt’altro: è questione di realismo. Ad esempio, come spiegare l’eccellente dato sull’economia circolare riferito dal rapporto quando la cronaca mostra una gestione ancora ampiamente inefficiente dei rifiuti in ampie parti d’Italia? Occorre adottare una prospettiva ampia al problema: secondo gli ultimi dati Ispra disponibili, per quanto riguarda i rifiuti speciali – un settore peraltro dove ancora oggi avere certezza dell’informazione nel nostra Paese «è utopia», per dirla con l’ex presidente de Bernardinis – l’Italia ne indirizza il 65% a recupero di materia, grazie a una consolidata rete di realtà industriali abituate da sempre a efficientare al massimo i propri processi produttivi; per quanto riguarda invece i rifiuti urbani il recupero di materia si ferma al 27% (più il 20% di compostaggio). Soprattutto, come testimonia sempre il report I.T.A.L.I.A. 2019, la percentuale di materia seconda sul totale di materia consumata nella nostra economia si ferma al 18,5%, un dato ancora molto basso nonostante sia il più alto tra i principali Paesi Ue.

Quel che manca, come sempre, è purtroppo una regia organica e coerente a livello nazionale per dare gambe all’economia circolare, le cui principali performance sono difatti ferme o in declino ormai dal 2014. «L’Italia – commenta il presidente di Legambiente Stefano Ciafani, intervenendo oggi alla presentazione del report – sembra una squadra di calcio piena di campioni che dovrebbero giocare più da squadra ma che ha un pessimo allenatore e che gioca con un arbitro non proprio imparziale». E l’economia circolare non sfugge alla regola, anzi.