Il prezzo del carbonio continua a crescere. Fondazione sviluppo sostenibile: «Servirà a centrare gli obiettivi climatici dell’Ue?»

Confronto Ue – Usa sulla carbon border tax sulle merci importate in Europa

[12 Maggio 2021]

Il mercato dei crediti di carbonio dell’Unione europea continua a macinare record su record. Dopo aver superato ad inizio della scorsa settimana i 50 euro la tonnellata (per la prima volta da quando nel 2005 il mercato Ets è stato creato) già a fine settimana ha superato quota 51 euro e l’inizio della nuova settimana sembra portare ulteriori rialzi.

Già nell’estate 2020 la Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile aveva analizzato la quotazione della CO2  nell’Emission trading scheme ETS EU) che negli ultimi due anni è cresciuta stabilmente, accelerando la corsa proprio in questi ultimi mesi, raddoppiando rispetto ai 24,9 euro la tonnellata di novembre 2020. Secondo la Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, «Le ragioni di questo aumento si devono ricercare in primo luogo nella maggiore ambizione climatica avviata da Bruxelles nell’ultimo anno e mezzo, con l’obiettivo di rivedere al rialzo i target di riduzione delle emissioni e, con essi, tutto il quadro di target e strumenti sui temi energia e clima, incluso lo stesso mercato del carbonio. In concomitanza, le quotazioni dell’Ets hanno continuato a salire grazie ad una maggiore domanda di permessi da parte degli investitori finanziari, tentati dall’impennata dei prezzi e dalla previsione, tra gli analisti, che questi aumenteranno ulteriormente nei prossimi anni tanto da poter toccare i 100 euro a tonnellata, per allinearsi ai nuovi e più stringenti obiettivi di taglio delle emissioni voluti dal Green Deal europeo».

Fino al 2017, il prezzo dei permessi di carbonio è sempre stato molto basso ed era quindi uno scarso incentivo per le imprese a ridurre le loro emissioni di carbonio e gli stessi mercati finanziari mostravano poco interesse. Tutto è cambiato quando la Market Stability Reserve (MSR), il meccanismo che consente a Bruxelles di trattenere eventuali eccedenze di permessi di carbonio e quindi creare pressioni al rialzo sul prezzo, è stata riformata nel febbraio 2018. Attualmente, l’Ets interessa il 45% delle emissioni totali prodotte nel continente generate dalle industrie energivore, dalle centrali elettriche, da quelle termiche e dal settore dell’aviazione. Presto, come ha annunciato la presidente della Commissione Ue. Ursula von der Leyen, il meccanismo potrebbe essere esteso anche ai trasporti e all’edilizia, dando così vita alla riforma più ampia e sostanziale che il mercato del carbonio europeo abbia intrapreso fino ad oggi. La conferma è prevista entro l’estate, quando la proposta di revisione dell’ETS europeo sarà resa nota insieme agli altri provvedimenti del Pacchetto “Fit for 55%”, che ha il compito di aggiornare tutto il quadro degli obiettivi e degli strumenti clima ed energia al 2030 per allinearli al nuovo target di riduzione delle emissioni del 55% (rispetto al 1990).

La Fondazione si chiede se sia una buona notizia e risponde: «Certamente sul fronte della neutralità climatica: emettere gas serra in Europa non è mai costato così tanto alle imprese, che così saranno spinte a investire in soluzioni anche avanzate in grado di ridurre in modo significativo le proprie emissioni, che è esattamente l’obiettivo che perseguono i sistemi di carbon pricing come l’Ets. Naturalmente adesso con prezzi così alti sarà ancora più necessario porre attenzione alle misure di salvaguardia della competitività delle imprese europee, a cominciare dalla introduzione del Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM) che dovrebbe diventare operativo dal 2023 tassando il contenuto di CO2 dei prodotti importati così da proteggere il mercato interno da fenomeni di dumping climatico».

E proprio l’implementazione di una border tax dell’Ue a sulle importazioni di prodotti carbon-intensive  preoccupa Jonathan Pershing, componente del team dell’inviato Usa per il clima, John Kerry che, intervenendo a un dibattito sulle iniziative di Usa e Ue contro la crisi climatica organizzato recentemente da EuraActiv ha detto che «Sarà  dal dumping ecologico le industrie del’UE sarà estremamente complicata. Noto che è estremamente complicato pensare alla struttura di una border tax. Non sono in disaccordo in linea di principio sul fatto che abbia un valore, ma penso che la sua implementazione abbia un’enorme complessità».

Il piano europeo è stato criticato in tutto il mondo ed economie emergenti come Brasile, Sud Africa, India e Cina lo hanno definito «discriminatorio e ingiusto nei confronti dei Paesi in via di sviluppo».

A marzo Kerry aveva detto che la border tax europea dovrebbe essere considerata solo come una misura di ultima istanza  perché avrebbe «gravi implicazioni per le economie, le relazioni e il commercio».

EuraActiv fa notare che «Uno dei problemi in ballo è come confrontare le politiche sul prezzo del carbonio al di fuori dell’Europa con quelle dell’Ue, al fine di stabilire se i dazi debbano essere applicati o no. A differenza dell’Europa, gli Stati Uniti non hanno un prezzo armonizzato per il carbonio perché hanno scelto di non introdurre un sistema di scambio di quote di emissioni a livello federale». Pershing  ha spiegato che «Abbiamo investimenti sostanziali e rigorosi e programmi di regolamentazione, ma questi sono un po‘ più difficili da comparare e contrastare».

Diederik Samsom, che guida lo staff di Frans Timmermans, il commissario Ue all’European Green Deal, ha confermato che «Per essere compatibile con le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio (WTO), lo schema europeo dovrà essere applicato fin dall’inizio a tutti i Paesi che importano merci nell’Ue. Se però i prodotti importati hanno la stessa impronta di carbonio e, preferibilmente, un’impronta di carbonio ridotta, non sarà necessario alcun adeguamento. Un’imposta del genere di un’accisa o una simile all’IVA: è una delle opzioni che stiamo prendendo in considerazione nella stesura della legislazione. Se c’è una differenza nell’impronta di carbonio, ma il suo costo è stato pagato dal produttore dall’altra parte dell’Atlantico, la giusta quota del prezzo – che si tratti di un prezzo reale come un ETS, o di una tassa diretta sul carbonio, o ancora di una misura normativa (perché queste misure si possono quantificare) – verrà tenuta in considerazione».

Una soluzione che potrebbe gradita agli Usa, ma Pershing si è detto preoccupato per gli impatti sulla Cina e sui Paesi africani «Che potrebbero non avere la capacità di agire sul cambiamento climatico». Samson ha risposto che «Proprio queste sono le domande esatte che la Commissione europea sta attualmente cercando di risolvere»

Il presidente della Commissione ambiente del Parlamento europeo, Pascal Canfin, di Liste Renaissance che aderisce a Renew Europe, pensa che alla fine una soluzione verrà trovata: «Quando si mette insieme tutto il pacchetto – conformità alle regole del WTO, costi espliciti e impliciti, impronta di carbonio e, naturalmente, il modo in cui saranno trattati i Paesi meno sviluppati – alla fine si vede che è qualcosa che cammina, che non è poco collaborativo, che è aperto, e che è giusto anche per il clima e per le nostre industrie».

Però, visto che secondo Timmermans le autorità di regolamentazione non dovrebbero interferire con il prezzo del carbonio, è necessaria un’altra misura per garantire che le aziende europee non si trasferiscano in luoghi in cui è più economico emettere CO2.

Canfin  ha aggiunto: «Non possiamo chiedere alle nostre industrie di operare a quel livello di prezzo, che è necessario, senza metterle in condizioni di parità con quelle dei Paesi in cui il prezzo delle emissioni è più basso».

Comunque i rapporti tra la Commissione Ue e la nuova amministrazione Usa di Biden sono molto più amichevoli con quella negazionista climatica di Trump e  entrambe vogliono che a novembre la COP26 Unfccc di Glasgow sia un successo. Samsom ha ricordato che «Abbiamo poco più di sei mesi prima di Glasgow, e dobbiamo usare ogni ora per unire le forze della nostra diplomazia climatica così da ottenere un successo alla fine dell’anno, perché solo così possiamo salvare il pianeta Terra»,

E, nonostante le riserve sulla border tax Ue, anche gli Usa stanno prendendo in considerazione l’idea. Intervistato da Bloomberg Television, Kerry ha detto che «Il presidente Biden, lo so, è particolarmente interessato a valutare il meccanismo di adeguamento alla frontiera. Vuole esaminarlo e vedere se è qualcosa che dobbiamo implementare».

Per i sostenitori della tassa, l’introduzione di una sorta di standard minimo per la CO2 nei prodotti importati da Ue e Usa aumenterebbe la pressione sulla Cina perche decarbonizzi in modo più rapido.

Canfin. Ha concluso: «Se mettiamo in atto gli standard giusti, gli standard nel mercato europeo per accedere al mercato europeo, gli standard nel mercato statunitense per accedere al mercato statunitense, e questi standard sono simili o almeno convergenti… è semplicemente impossibile per la Cina fuggire».