In Italia continua la crisi demografica: nel 2019 calano ancora le nascite e aumentano le morti

Più italiani all’estero, il sud migra al nord. Meno stranieri in Italia, ma siamo ormai un Paese multietnico

[13 Luglio 2020]

Secondo il nuovo Report “Bilancio demografico nazionale – Anno 2019” pubblicato dall’Istituto nazionale di statistica (Istat), in Ialia «Al 31 dicembre 2019 la popolazione residente è inferiore di quasi 189 mila unità (188.721) rispetto all’inizio dell’anno. Il persistente declino avviatosi nel 2015 ha portato a una diminuzione di quasi 551 mila residenti in cinque anni. Rispetto all’anno precedente, si registra un nuovo minimo storico di nascite dall’unità d’Italia, un lieve aumento dei decessi e più cancellazioni anagrafiche per l’estero. Il numero di cittadini stranieri che arrivano nel nostro Paese è in calo (-8,6%), mentre prosegue l’aumento dell’emigrazione di cittadini italiani (+8,1%)».

Una recessione demografica che, nonostante gli appelli delle neo e vetero destra a far figli per la Patria e le compagne antiabortiste,  «E’ dovuta ai cittadini italiani» che a fine 2019 erano 54 milioni 938 mila, 236 mila in meno dall’inizio dell’anno (-0,4%) e circa 844 mila in meno in 5 anni: una perdita consistente pari a quella di popolazioni come quelle delle province di Genova o Venezia. Nello stesso periodo, la popolazione residente di traniera è aumentata di oltre 292 mila unità attenuando in tal modo la flessione del dato complessivo di popolazione residente. Ma l’Istat avverte che, nonostante “l’invasone” paventata da Salvini, Meloni e camerati vari,  «Il ritmo di incremento della popolazione straniera si va tuttavia affievolendo. Al 31 dicembre 2019 sono 5.306.548 i cittadini stranieri iscritti in anagrafe, l’8,8% del totale della popolazione residente, con un aumento, rispetto all’inizio dell’anno, di sole 47 mila unità (+0,9%)».

Il calo della popolazione è meno forte al nord – che resta stabile – ma a evidente scapito del sud (-0,63%) e delle Isole (-0,70%). La regione in più forte calo demografico è il piccolo Molise (-1,14%), seguito da Calabria (-0,99%) e Basilicata (-0,97%). La popolazione cresce nelle province di Bolzano e Trento (rispettivamente +0,30% e +0,27%), in Lombardia (+0,16%) ed EmiliaRomagna (+0,09%). I cittadini stranieri risiedono soprattutto nel Nord e nel Centro. Il primato di presenze, in termini assoluti, va alle regioni del Nord-ovest con 1.792.105 residenti di cittadinanza straniera (33,8%).  Un cittadino straniero su quattro risiede nelle regioni del Nord-est e in quelle del Centro. Più contenuta è la loro presenza nel Sud (12,1%) e nelle Isole (4,8%).

Meno nascite e più decessi ovunque salvo che a Bolzano. Il rapporto ribadisce che «Il deficit di nascite rispetto ai decessi è tutto dovuto alla popolazione di cittadinanza italiana (-270 mila), mentre per la popolazione straniera il saldo naturale resta ampiamente positivo (+55.510). Il tasso di crescita naturale degli stranieri è pari in media nazionale a 10,5 per mille. Anche per gli stranieri il valore più elevato si registra nella provincia di Bolzano (13,3 per mille), quello più basso in Sardegna (5,1 per mille). Senza il contributo fornito dagli stranieri, che attenua il declino naturale della popolazione residente in Italia, si raggiungerebbero deficit di sostituzione ancora più drammatici».

E mentre si invocano politiche riproduttive più f da vntennio fascista che da paesi democratici e moderni come la Finlandia, l’Italia segna il nuovo record negativo per le nascite per la seconda volta successiva dopo il 2018: appena 420.170, con una diminuzione di oltre 19 mila sul 2018 (-4,5%). Istat evidenzia che «Il calo si registra in tutte le ripartizioni, ma è più accentuato al Centro (-6,5%). I fattori strutturali che negli ultimi anni hanno contribuito al calo delle nascite sono noti e si identificano nella progressiva riduzione della popolazione italiana in età feconda, costituita da generazioni sempre meno numerose alla nascita – a causa della denatalità osservata a partire dalla seconda metà degli anni Settanta – non più incrementate dall’ingresso di consistenti contingenti di giovani immigrati. Negli ultimi anni si assiste anche a una progressiva diminuzione del numero di stranieri nati in Italia, così che il contributo all’incremento delle nascite fornito dalle donne straniere, registrato a partire dagli anni duemila, sta di anno in anno riducendosi. Nel 2019 il numero di stranieri nati in Italia è pari a 62.944 (il 15,0% del totale dei nati), con un calo di 2.500 unità rispetto al 2018 (-3,8%)».

Nel 2019 – in attesa di sapere cosa ci riserverà il 2020 del Covid – in Italia c’è stato solo un lieve aumento dei decessi: 634 mila e 1.300 in più.  Il 52,1% erano donne e solo l’1,2% cittadini stranieri.

Non cessa invece l’emigrazione italIana: se sono stabili gli iscritti in anagrafe dall’estero: 333.799, solamente lo 0,4% in più rispetto al 2018, aumentano invece gli italiani che si trasferiscono all’estero: «Nel 2019 i cancellati per l’estero sono stati 182.154, il 16,1% in più rispetto all’anno precedente. Il saldo migratorio con l’estero si è quindi ridotto a 152 mila unità nel 2019. Gli iscritti in anagrafe provenienti da un Paese estero sono soprattutto cittadini stranieri (78,2%); aumenta, tuttavia, il numero di italiani che rientra dopo un periodo di emigrazione all’estero (sono 73 mila nel 2019, 26 mila unità in più rispetto al 2018)».  E anche gli stranieri stanno lasciando l’Italia: «Le persone che nel 2019 hanno lasciato il nostro Paese per trasferirsi all’estero sono 182 mila, con un aumento di 25 mila unità rispetto al 2018. Tra questi, la componente dovuta ai cittadini stranieri è cresciuta del 39,2% rispetto all’anno precedente e ammonta a 56 mila cancellazioni. Prosegue, inoltre, l’aumento dell’emigrazione di cittadini italiani: si sono trasferiti all’estero in 126 mila con un incremento dell’8,1% rispetto al 2018. Va considerato che, tra gli italiani che trasferiscono all’estero la loro residenza, una quota è da imputare ai cittadini in precedenza stranieri che, una volta acquisita la cittadinanza italiana, decidono di emigrare in Paesi terzi o di fare ritorno nel luogo di origine. Una tendenza che negli ultimi anni sta acquistando sempre più consistenza: nel 2018, le emigrazioni di questi “nuovi” italiani ammontavano a circa 35 mila (30% degli espatri, +6% rispetto al 2017). I saldi migratori per l’estero mostrano un bilancio negativo per gli italiani (-53 mila) e positivo per gli stranieri (+205 mila)».

Ed è ripresa la migrazione interna, sempre dal Mezzogiorno verso il Nord e il Centro: «Nel corso del 2019 i trasferimenti di residenza interni hanno coinvolto più di 1 milione e 468 mila persone». Una quota delle migrazioni interne è dovuta ai movimenti degli stranieri residenti nel nostro Paese che, rispetto agli italiani, pur seguendo le stesse direttici, presentano una maggior propensione alla mobilità contribuendo al movimento interno per il 18,8%.

Nonostante la xenofobia fatta politica, nel 2019 erano di nuovo in aumento gli stranieri che acquisiscono la cittadinanza italiana: 127 mila, 24 ogni mille stranieri, il 13% in più rispetto al 2018. »Dal 2015 ricorda l’Istat –  complessivamente i “nuovi cittadini italiani” sono stati oltre 766 mila, valore di poco inferiore alla perdita di popolazione di cittadinanza italiana negli stessi anni. Senza questo apporto, il calo degli italiani sarebbe stato intorno a 1 milione e 600 mila unità. I nuovi cittadini italiani sono prevalentemente donne (52,7%) e risiedono per il 65,4% nel Nord».

Ma i “difensori della razza” farebbero bene a mettersi il cuore in pace: l’Italia, dove convivono 194 nazionalità – quasi 50 con almeno 10 mila residenti – è ormai un Paese multietnico. Il rapporto evidenzia che “l’invasione dei maschi neri” in realtà non c’è: «La graduatoria delle prime cinque cittadinanze resta stabile nel tempo, con le cittadinanze romena (1 milione 208 mila), albanese (441 mila), marocchina (432 mila), cinese (305 mila) e ucraina (240 mila) a rappresentare da sole quasi il 50% del totale degli stranieri residenti. La distribuzione per sesso delle prime 10 cittadinanze registra differenze tra uomini e donne. Mentre le prime tre cittadinanze più numerose si confermano nei primi posti per entrambi i sessi (romena, albanese e marocchina), a partire dal quarto posto si rilevano differenze nella composizione con l’emergere dei cinesi per il genere maschile (6,0%) e delle ucraine per quello femminile (6,8%)».