In Italia crescono sia le foreste sia i rifiuti di imballaggi cellulosici avviati a riciclo

Intervista a Francesco Bertolini, presidente di Forest for Future e docente di Public management and policy presso la Scuola di direzione aziendale dell'Università Bocconi

[27 Dicembre 2018]

A partire dal 4 luglio 2018 sono in vigore le direttive europee facenti parte del “pacchetto economia circolare”, che fissano per i rifiuti di imballaggio in carta e cartone gli obiettivi in assoluto più sfidanti rispetto agli altri materiali: un target di riciclo al 75% nel 2025 e all’85% nel 2030. L’Italia a che punto è?

«La raccolta di carta e cartone rappresenta la seconda voce della raccolta differenziata nazionale: l’andamento del 2017 conferma il trend positivo di erosione di quote alle discariche, diminuendo gli sprechi. L’ammontare complessivo della raccolta comunale di carta e cartone ha raggiunto nel 2017 i 3,3 milioni di tonnellate circa. In quasi 20 anni i volumi di carta e cartone raccolti sono più che triplicati riuscendo a sottrarre allo smaltimento in discarica più di 45 milioni di tonnellate di rifiuti cellulosici e raggiungendo pienamente gli obiettivi di recupero e riciclo previsti dalla normativa europea. Con un tasso di recupero dell’88% e un tasso di riciclo dell’80% degli imballaggi cellulosici immessi al consumo (si riciclano 4 imballaggi su 5), il settore cartario italiano è un esempio virtuoso di economia circolare».

Secondo i dati Assocarta in Italia si avviano a riciclo 10 tonnellate di rifiuti cartacei ogni minuto, ma «l’incapacità di dare risposte al recupero degli scarti del riciclo da parte delle istituzioni e della politica» frena l’economia circolare. Quali soluzioni impiantistiche andrebbero adottate?

«Il riciclo in cartiera (l’uso di macero delle cartiere italiane supera i 5 milioni di tonnellate/anno) non è l’unica forma di trasformazione/valorizzazione degli imballaggi cellulosici: il riciclo di materia è anche possibile in impianti di compostaggio, dove la frazione organica diventa ammendante utilizzabile in agricoltura.

Lo sviluppo di materiali di imballaggio e di specifici imballaggi che abbiano caratteristiche di biodegradabilità e compostabilità secondo la norma tecnica, risulta quindi un elemento strategico per la gestione dei rifiuti cellulosici in sinergia con quelli organici: carta e bioplastica sono alleati  nella sostenibilità ambientale.

Per facilitare la diffusione di nuovi imballaggi compostabili occorre implementare la ricerca e sviluppo:  trattandosi di materiali tra loro diversi devono essere attivate sinergie tra produttori (cartiere/trasformatori) e industrie che generano e trasformano i biopolimeri, salvaguardando la doppia possibilità di riciclo che deve caratterizzare i nuovi manufatti, in cartiera se puliti, nel compost se contaminati da cibo».

Promuovere un’economia più circolare nel settore dei packaging cellulosici potrebbe dare un contributo anche nella lotta ai cambiamenti climatici, e in che modo?

«Oltre che per la mancata immissione di fibra vergine grazie al riciclo, le potenzialità riguardano appunto i nuovi materiali poliaccoppiati. La raccolta differenziata e il riciclo del rifiuto organico possono concorrere alla diminuzione della produzione di gas ad effetto climalterante in termini di riduzione della CO2 equivalente rispetto al conferimento in discarica del rifiuto biodegradabile (frazione organica, carta e cartone). Secondo uno studio dell’università Bocconi la sostituzione di 200.000 tonnellate di food packaging plastico con applicazioni equivalenti in carta e bioplastica consentirebbe di evitare 160.000 tonnellate di CO2 solo grazie alle minori emissioni legate alla scelta dello smaltimento in impianti di compostaggio e digestione anaerobica rispetto alla discarica che oggi rappresenta ancora il 23% della gestione dei rifiuti in Italia».

Secondo il rapporto sul territorio appena pubblicato dall’Ispra, negli ultimi 5 anni la superficie boschiva nazionale è aumentata del 4,7%, mentre nello stesso periodo si sono ridotte del  4% le aree con vegetazione erbacea agricola o adibite a pascolo, divenute centri urbanizzati o aree boschive. Questo come impatta sulla performance del Paese in termini di lotta ai cambiamenti climatici?

«L’aumento della superficie boschiva sarebbe di per se un dato da leggere in modo positivo anche se come evidenziato dal rapporto tale espansione non comporta sempre un aumento in termini biodiversità. Resta un problema fondamentale legato al consumo di suolo per l’aumento delle aree urbanizzate e all’intensificazione agricola, fattori che contribuiscono al peggioramento della qualità del suolo andando a ridurre le sue capacità di stoccaggio di carbonio organico, prevenire le alluvioni o contenere l’aumento delle temperature, e quindi quei meccanismi che favoriscono l’adattamento ai cambiamenti climatici».

L. A.