In Parlamento Forza Italia chiede nuovi termovalorizzatori, e sui territori?

È iniziato l’esame della pdl a prima firma Gelmini depositata un anno fa: si riconosce la necessità di nuovi impianti per gestire i rifiuti, ma quando si arriva a doverli localizzare spesso prevalgono logiche di consenso

[18 Febbraio 2020]

È iniziato alla Camera dei deputati l’esame della proposta di legge A.C. 1792, avanzata lo scorso anno da Forza Italia (prima firmatrice Gelmini), recante Disposizioni per l’incremento degli impianti destinati al pretrattamento, alla selezione della frazione organica e degli imballaggi e al recupero energetico dei rifiuti urbani, assimilati e speciali non pericolosi, nonché misure volte a favorire l’economia circolare.

La pdl si propone in primis di «sviluppare sensibilmente la dotazione impiantistica e, in particolare, gli impianti per la gestione dei rifiuti organici provenienti dalla raccolta differenziata e dai termovalorizzatori», prevedendo una ricognizione dei fabbisogni impiantistici sul territorio nazionale, la nomina di commissari straordinari al fine di accelerare l’effettiva realizzazione di nuovi impianti e la costituzione di un Fondo finalizzato al miglioramento e al riequilibrio territoriale dell’offerta impiantistica, con una dotazione complessiva di 750 milioni di euro; altri 100 milioni di euro annui sono invece dedicati a un Fondo per investimenti in ricerca e sviluppo per l’economia circolare, mentre i successivi articoli prevedono di favorire l’impiego di contenitori e imballaggi realizzati con materiali biodegradabili o compostabili (al posto di quelli in plastica tradizionale) e un intervento sulla normativa End of waste.

Come noto, per raggiungere gli obiettivi previsti dai nuovi obiettivi Ue in merito ai rifiuti urbani, in Italia è necessario sì aumentare  la raccolta differenziata (dal 55,5% del 2017 al 76% nel 2035) e soprattutto l’avvio a riciclo (dal 42% al 65%), ma anche il recupero energetico (dal 18% al 25%) in modo da ridurre l’impiego della discarica (dal 23% al 10%). Sotto questo profilo la dotazione impiantistica per il recupero energetico e per la gestione dei rifiuti organici (Forsu) risulta marcatamente insufficiente, e sarebbe dunque certamente utile avere una valutazione imparziale sulla dotazione impiantistica indispensabile a colmare il gap: allo stesso tempo la pdl pone con grande forza l’accento su queste due tipologie d’impianti ma rischia così di perdere di vista le necessità del ciclo integrato dei rifiuti nel suo insieme. Non a caso le imprese di settore riunite in Assoambiente (che da parte loro stimano la necessità da qui al 2035 di 20 impianti per la selezione e avvio al riciclo, altri 22 impianti di digestione anaerobica per il riciclo della frazione umida, insieme a 24 impianti di termovalorizzazione e 53 impianti di discarica) sottolineano la necessità di una Strategia nazionale di gestione dei rifiuti che abbracci l’intera filiera, lungo una quale un’ampia ricognizione imparziale e preliminare sarebbe certamente auspicabile.

Su tutto, la principale criticità legata ai propositi della pdl sembra però quella di tradurre la teoria in pratica politica sui territori. Mentre Forza Italia motiva in Parlamento la necessità di ulteriori termovalorizzatori sul territorio nazionale, la recente campagna elettorali per le regionali in Emilia-Romagna ha visto ad esempio gli esponenti dello stesso partito battersi per la chiusura dell’inceneritore Hera a Forlì. È la maledizione della sindrome Nimto, “non nel mio mandato elettorale”, la stessa che secondo l’ultimo studio Ref ricerche impedisce in concreto la corretta gestione dei rifiuti sui territori: «Vincoli di carattere amministrativo e di consenso tendono a ostacolare gli investimenti necessari per adeguare la capacità produttiva. In questo quadro – osservano da Ref ricerche – le istituzioni sono spesso mancate nel loro ruolo di “governo” dei fenomeni».