Incendi nel settore dei rifiuti, dal 2018 i Vigili del fuoco sono intervenuti 2.984 volte

Le fiamme sono divampate soprattutto in Lombardia (650), Campania (509), Puglia (233), Piemonte (226), Lazio (204), Sicilia (196), Calabria (176)

[7 Maggio 2021]

La commissione parlamentare Ecomafie è tornata ad approfondire quello che è un rischio ormai pressoché costante nell’economia circolare italiana, ovvero gli incendi in depositi e impianti di gestione dei rifiuti: un problema che da gennaio 2018 all’aprile di quest’anno presenta complessivamente una «diminuzione degli eventi» ma anche dati assoluti particolarmente pesanti.

Secondo quanto riportato in audizione da Laura Lega, a capo del Dipartimento dei Vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile al ministero dell’Interno, in poco più di tre anni si sono registrati «2.984 interventi sul territorio nazionale» in depositi e impianti di gestione dei rifiuti da parte dei Vigili del fuoco.

Interventi peraltro non distribuiti in modo omogeneo sul territorio nazionale, ma con presenza più marcata in alcune regioni del nord e del su del Paese: Lombardia (650), Campania (509), Puglia (233), Piemonte (226), Lazio (204), Sicilia (196), Calabria (176).

Per prevenire incendi simili, il Dipartimento sta portando avanti più iniziative in parallelo: è in via di adozione lo schema di una nuova regola tecnica, per offrire ai gestori specifiche e mirate disposizioni da adottare per prevenire eventi incendiari, e al contempo si è proceduto a una ricatalogazione delle attività soggette a controlli dei Vigili del fuoco sulla prevenzione incendi, inserendo anche gli impianti di trattamento rifiuti. È stato inoltre avviato un confronto con Ispra e Protezione Civile sulla possibilità di condividere banche dati, al fine di migliorare la risposta delle diverse istituzioni in caso di incendi.

Stenta invece ad arrivare a regime l’applicazione dell’articolo 26 bis del decreto legge 113/2018, che prevede l’obbligo per i gestori di impianti di trattamento di rifiuti di predisporre piani di emergenza interna, e il compito per le prefetture, d’intesa con le Regioni e gli altri enti interessati sul territorio, di elaborare piani di emergenza esterna, secondo le indicazioni fornite dai gestori e in base a linee guida in corso di adozione da parte del presidente del Consiglio dei ministri.

Sotto questo profilo non solo mancano ancora le linee guida, ma a monte ci sono anche problemi oggettivi considerando il consistente numero di impianti presenti sul territorio: a titolo di esempio, gli impianti interessati dai piani di emergenza sono 952 in Emilia Romagna, 591 in Campania e 450 in sole 3 provincie del Veneto.

«Nell’ambito degli incendi, la prevenzione è fondamentale – commenta il presidente della commissione Ecomafie, Stefano Vignaroli – Da una parte serve tempestività: per questo auspico che le linee guida sui piani di emergenza, attese dal 2018, vengano varate il prima possibile dal presidente del Consiglio. Dall’altra parte è importante unire le forze: su questo fronte la condivisione di dati tra Vigili del fuoco, Ispra e Protezione civile potrebbe sicuramente migliorare la risposta delle diverse istituzioni quando si verificano i roghi».

Prevenire significa però anche conoscere quali sono le cause a monte degli incendi, un punto esplorato a fondo in corso d’audizione ma sul quale ormai vengono a sommarsi più indizi. La stessa commissione Ecomafie, nel 2018, ha reso nota l’analisi su 261 casi d’incendio negli impianti che gestiscono rifiuti avvenuti tra il 2014 e il 2017 – che si ritiene siano avvenuti con dolo “solo” nel 20% dei casi – appurando «una correlazione tra il fenomeno degli incendi e una mancata chiusura del ciclo dei rifiuti».

Il 47,5% di quegli incendi era infatti avvenuto al nord: «L’incidenza è sicuramente maggiore in quest’area anche per l’alta presenza di impianti, che ricevono molti rifiuti dal centro-sud. La non corretta chiusura del ciclo dei rifiuti evidentemente attiene al fenomeno […] i rifiuti possono subire una mobilità verso le aree dove invece c’è disponibilità, al netto dei comportamenti illeciti».

Più recentemente, nel gennaio 2020, anche la Direzione investigativa antimafia era intervenuta su «gli aspetti criminogeni della complessa filiera dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi, compresi i recenti casi che hanno visto, a macchia di leopardo sul territorio nazionale, numerosi incendi presso aree periferiche e capannoni», arrivando a evidenziare un importante dato di fatto: «La perdurante emergenza che in alcune aree del Paese condiziona ed ostacola una corretta ed efficace gestione del ciclo dei rifiuti vede tra le sue cause certamente l’assenza di idonei impianti di smaltimento che dovrebbe consentire l’autosufficienza a livello regionale».