Inquinamento atmosferico, in Toscana il 70% del PM10 primario viene dal riscaldamento domestico

Arpat: «Per tutti i siti oggetto di indagine è stato rilevato che la combustione domestica, insieme al traffico locale, sono le maggiori sorgenti del particolato»

[27 Marzo 2019]

Negli ultimi dieci anni in Italia è migliorata la situazione dell’inquinamento atmosferico, come testimonia l’ultimo report dell’Ispra dedicato al tema, ma i progressi ancora non sono sufficienti per evitare al nostro Paese – e soprattutto alla pianura padana – un record negativo di respiro europeo. Come spiegano dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, a livello nazionale i principali fattori legati all’inquinamento atmosferico sono il traffico veicolare e l’inadeguata climatizzazione degli edifici, con importanti impatti sulla salute. La Toscana non si discosta granché dal quadro generale, con una recente analisi dell’Arpat che contribuisce in particolare a chiarire il ruolo del riscaldamento domestico.

«La combustione domestica rappresenta infatti un’importante fonte di inquinamento atmosferico urbano da polveri – confermano dall’Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana – sia a livello mondiale che locale: in Toscana il 70% del PM10 primario è prodotto proprio dal riscaldamento domestico e più del 99% delle emissioni di polveri da riscaldamento domestico/terziario derivano dalla combustione di legna; di queste circa l’84% è imputato alla combustione in caminetti aperti e stufe tradizionali. La combustione della stessa quantità di combustibile (in termini energetici) produce, nel caso della legna, emissioni di PM10 e PM2,5 anche tre volte superiori rispetto agli altri combustibili, nel caso di sistemi di combustione a media-bassa efficienza».

In generale, per tutti i siti oggetto di indagine è stato rilevato che «la combustione domestica, insieme al traffico locale, sono le maggiori sorgenti del particolato; in particolare, il contributo percentuale di tale sorgente alla massa del PM10 varia tra il 20 e il 50%. Il contributo della sorgente combustione domestica risulta essere dominante da novembre a marzo, periodo in cui diventa il principale responsabile durante i giorni in cui si verifica il superamento del valore limite giornaliero di 50 μg/m3, mentre diventa praticamente nullo durante il resto dell’anno. In particolare, le indagini effettuate presso alcuni dei siti di monitoraggio della qualità dell’aria coinvolti nel Progetto PaTos su PM10 e PM2,5 hanno identificato la fonte combustione domestica di biomasse tra le principali sorgenti dell’inquinamento da polveri; il contributo percentuale di tale sorgente alla massa del PM10 varia tra il 20 e il 40%, mentre tra il 20% e il 30% per il PM2,5. Nel periodo autunno/inverno tale fonte contribuisce in maniera importante nei giorni in cui si verifica il superamento del limite giornaliero: il contributo percentuale alla massa di PM10 raggiunge anche il 60% e circa il 40% nel caso del PM2,5».

Come migliorare dunque sul fronte dell’inquinamento atmosferico? Per quanto riguarda il ruolo dei singoli cittadini nel migliorare gli impatti del riscaldamento domestico, oltre alla «scelta del combustibile e del tipo di apparecchio, un altro elemento importante per ridurre l’inquinamento da polveri fini causato dagli impianti di combustione domestica è sicuramente quello di assicurare nella pratica un corretto funzionamento ed una corretta manutenzione degli impianti nuovi o già esistenti».

Naturalmente, per guidare l’azione dei singoli cittadini in un orizzonte di sostenibilità è indispensabile l’indirizzo della mano pubblica: «Dal canto loro le amministrazioni possono inserire nei propri atti – concludono dall’Arpat – alcune misure relative al riscaldamento a biomasse nelle abitazioni. Tali misure possono essere sia a carattere di “emergenza” (vedi interventi contingibili), che strutturali. In Toscana, tra i possibili interventi strutturali da introdurre nei Piani di Azione Comunale per ridurre l’inquinamento atmosferico nel proprio territorio, la Regione ha proposto ai Comuni alcune misure relative al riscaldamento, inserendole nel Piano regionale per la qualità dell’aria (PRQA), come, ad esempio, il divieto di utilizzo di biomassa per il riscaldamento nelle nuove costruzioni o ristrutturazioni o la prescrizione di efficienza minima per gli impianti termici a biomassa ad uso civile o ancora il potenziamento dei controlli sugli impianti domestici destinati al riscaldamento».

L. A.