Ispra, causa Covid-19 quest’anno le emissioni di gas serra italiane crolleranno del 9,2%

«Tale riduzione comunque non contribuisce alla soluzione del problema dei cambiamenti climatici, che ha invece necessità di modifiche strutturali»

[19 Novembre 2020]

Ancora una volta, purtroppo, torna ad essere la crisi economica il maggiore “alleato” del nostro Paese per la riduzione dei gas serra, che quest’anno a causa dell’emergenza Covid-19 crolleranno del 9,2% rispetto al 2019. È questa la nuova stima fornita dall’Ispra sulla base dei dati disponibili per i primi nove mesi dell’anno, segnati prima da un lockdown generalizzato e adesso da nuove restrizioni declinate localmente.

«A causa delle restrizioni alla mobilità dovute al Covid-19 – dettagliano dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale – nel 2020 le emissioni sul territorio nazionale sono previste inferiori del 9,2% rispetto al 2019 a fronte di una riduzione prevista del Pil pari all’8,2%», una stima forse anche troppo ottimistica: secondo le previsioni diffuse nei giorni scorsi dalla Commissione Ue, per quest’anno si attende in Italia un calo del Pil pari al 10%.

Quella delineata oggi dall’Ispra per i gas serra è una discesa ancora più marcata di quella che l’Istituto aveva prospettato ad agosto, quando il calo nel 2020 sembrava dovesse limitarsi a un -7,5%. Poi il peggioramento delle prospettive economiche ha fatto il resto.

«L’andamento stimato – dettagliano dall’Ispra – è dovuto alla riduzione delle emissioni per la produzione di energia elettrica (-11,8%), per la minore domanda di energia, e dalla riduzione dei consumi energetici anche negli altri settori, industria (-9,1%), trasporti (-14,6%) a causa della riduzione del traffico privato in ambito urbano, e riscaldamento (-7,0%) per la chiusura parziale o totale degli edifici pubblici e delle attività commerciali».

Cattive notizie per l’economia dunque, ma anche la lotta alla crisi climatica in corso non sorride. La (temporanea) riduzione dei gas serra causa Covid-19 infatti «non contribuisce alla soluzione del problema dei cambiamenti climatici, che ha invece necessità di modifiche strutturali, tecnologiche e comportamentali che riducano al minimo le emissioni di gas serra nel medio e lungo periodo».

Il rischio, piuttosto, è che senza interventi strutturali presto la situazione possa ad essere peggiore rispetto a quella pre-Covid. Anche nel 2009 infatti, a causa della crisi finanziaria, le emissioni globali di CO2 calarono dell’1,44% lasciando ben sperare sulle possibilità di introdurre un modello di sviluppo più sostenibile. Poi nel 2010 crebbero del 5,13%, ovvero molto più velocemente rispetto al pre-crisi.

Sotto questo profilo le performance climatiche messe in fila dal nostro Paese negli ultimi anni non incoraggiano. Dall’Ispra ricordano che «nel 2019 i dati ufficiali mostrano una diminuzione delle emissioni di gas serra, rispetto al 2018, dello 2,8%, mentre nello stesso periodo si è registrato una crescita del Pil pari allo 0,3%», ma si tratta di un disaccoppiamento del tutto insufficiente a traguardare gli obiettivi imposti dall’Accordo sul clima di Parigi.

A fine 2019 le emissioni nazionali di CO2 erano infatti pressoché paragonabili a quelle registrate nel 2014: di fatto, cinque anni di stallo. Ma la crisi climatica non aspetta: oggi viviamo in un Paese più caldo di circa 1,7°C rispetto all’inizio degli anni ’80, contro una media globale di +0,7°C, e se non metteremo subito un freno al riscaldamento globale, tra 30 anni potrebbe costare all’Italia l’8% del Pil ogni anno. Altro che Covid-19.