Entro due settimane un piano industriale ponte: «Possibile ruolo attivo dello Stato»

Jindal, per Piombino il Governo punta alla «siderurgia ecosostenibile». Scarti compresi?

Rossi: «Lavorare assieme alla proprietà all’individuazione di una soluzione sostenibile per la chiusura del ciclo produttivo, per il completamento delle infrastrutture e degli interventi di bonifica pubblica»

[4 Giugno 2020]

Da 12 mesi a 14 giorni: dopo un «confronto collaborativo e costruttivo» in videoconferenza tra il presidente del gruppo Jsw Sajjan Jindal e il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli, il patron delle acciaierie ex Lucchini di Piombino si è impegnato a presentare un nuovo piano industriale «entro due settimane» quando fino a pochi giorni fa la richiesta di proroga (dopo uno slittamento di 4 mesi a partire da gennaio) era di un anno.

Come precisato poi dal presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, che ha partecipato all’incontro insieme ai sottosegretari del Mise Alessia Morani e Alessandra Todde e al presidente e ad di Jsw Italy Virendar Bubbar, si tratta di un «piano industriale ponte». Ma per uno stabilimento soffocato da difficoltà storiche e da una sovrapproduzione globale nella produzione di acciaio – acuita dall’emergenza Covid-19 – sarebbe la prima bussola da seguire dopo molto tempo.

Per fare cosa? Come riporta il Mise, nel piano «entreranno misure per modernizzare lo stabilimento di Piombino, garantendo all’azienda la liquidità necessaria per la produzione e gli investimenti, la definizione di un costo dell’energia più funzionale alla sostenibilità economica dell’acciaieria toscana. A questi strumenti si aggiungeranno quelli collegati al nuovo accordo di programma nel quale rientrano gli interventi in tema di logistica, infrastrutture e ambiente». Tutto questo a fronte di un rinnovato impegno da parte del Governo, che potrebbe adesso scendere in campo direttamente.

Patuanelli ha sottolineato infatti che anche le acciaierie di Piombino «si inseriscono pienamente nell’ambito del piano allo studio del Governo per supportare un nuovo modello di siderurgia ecosostenibile in Italia». Per questo motivo, il ministro ha manifestato la disponibilità ad agevolare la ripresa produttiva del sito e ad accompagnare gli investimenti necessari all’ammodernamento degli impianti «anche prevedendo un possibile ruolo attivo dello Stato».

Proprio Rossi a metà maggio aveva scritto al ministro suggerendo l’ingresso temporaneo della Cassa depositi e prestiti (Cdp) nel capitale sociale di Jsw steel Italy: Piombino del resto con i suoi 1.800 dipendenti diretti rappresenta ancora il secondo polo siderurgico in Italia dopo l’Ilva , e la sue acciaierie sono l’unica realtà italiana specializzata nella produzione di acciai lunghi, quelli usati ad esempio per le rotaie ferroviarie e dunque legati a doppio filo alle esigenze della mobilità sostenibile.

«Intanto – conclude Rossi – attendiamo con fiducia un piano ponte entro due settimane da parte di Jindal nella prospettiva di un piano industriale finale che preveda la ripresa della produzione di acciaio (come da impegni precedenti, ovvero con la realizzazione dei forni elettrici), cosicché come Regione possiamo usufruire dei fondi europei per l’ambiente e lavorare, assieme alla proprietà, all’individuazione di una soluzione sostenibile per la chiusura del ciclo produttivo, per il completamento delle infrastrutture e degli interventi di bonifica pubblica».

Entrambi temi che vengono solo sfiorati nelle note ufficiali seguite all’incontro, ma che rappresentano in realtà un punto centrale per il “nuovo modello di siderurgia ecosostenibile” di cui parlano Governo e Regione. Come noto i 50 milioni euro promessi nel 2014 per le bonifiche non sono mai arrivati e anche il progetto di risanamento del territorio portato avanti da Rimateria è sfociato in un concordato preventivo.

A questo proposito, come già sottolineato sulle nostre pagine, non sono eludibili due nodi di fondo: 1) la necessità di bonificare una immensa area Sin (900 ettari) che esiterà centinaia (se non milioni) di tonnellate di rifiuti; 2) la gestione secondo logica di sostenibilità, prossimità ed economicità dei rifiuti derivanti dalla produzione e dalla laminazione dell’acciaio. Se infatti è auspicio comune che Piombino torni a produrre acciaio, è necessario sapere che in aggiunta agli enormi quantitativi di scarti già stoccati nel perimetro della fabbrica ne arriveranno molti altri: nel produrre 1 milione di tonnellate d’acciaio da forno elettrico – a sua volta alimentato da rottame, ovvero rifiuti quindi che andranno importati “da fuori” – esiteranno dal processo produttivo altre centinaia di migliaia di tonnellate. Una parte significativa sono riciclabili (sebbene lo fossero anche quelle del ciclo integrale, e non si sono riciclate), ma dal processo produttivo primario e da quello di laminazione esitano inevitabilmente anche rifiuti non riciclabili e dunque da smaltire in discarica.

La stessa Jsw, attraverso le parole dell’ex ad Fausto Azzi, ebbe a dichiarare al proposito che «non solo pensiamo a utilizzare la discarica “Rimateria”, ma anzi la riteniamo essenziale per concretizzare il progetto di Jsw». Da queste dichiarazioni è trascorso un anno e mezzo, ma ancora oggi il destino della partecipata pubblica – l’unico soggetto che stava concretamente portando avanti il risanamento di un pezzo di territorio – è tutt’altro che chiaro e appeso a un concordato.