La lezione all’Onu dell’Islanda, Paese 100% rinnovabile grazie alla geotermia

Jakobsdóttir: «È stato un duro lavoro? Sì. È costato? Ovviamente. Ma la transizione verso l'energia pulita è stata forse il nostro miglior investimento, sia in termini di economia che di qualità della vita»

[27 Settembre 2019]

“Urgenza” è il tema chiave posto dall’Islanda nel corso del Climate action summit  promosso dall’Onu in occasione della sua 74esima assemblea generale e conclusosi questa settimana a New York, : «Siamo di fronte a un’emergenza planetaria – ha dichiarato nel corso del vertice il primo ministro del Paese scandinavo, Katrín Jakobsdóttir – Dobbiamo agire ora per salvare il futuro. Se non iniziamo presto a ridurre le emissioni globali, potremmo raggiungere un punto di non ritorno».

Una transizione che l’Islanda ha impostato dichiarando il suo obiettivo di diventare carbon neutral entro il 2040 grazie al contributo determinante delle energie rinnovabili autoctone, tra le quali spicca la geotermia.

«L’elettricità e il riscaldamento islandesi ora provengono al 100% da fonti rinnovabili – ha sottolineato al proposito Jakobsdóttir – È stato un duro lavoro? Sì. È costato? Ovviamente. Ma la transizione verso l’energia pulita è stata forse il nostro miglior investimento, sia in termini di economia che di qualità della vita. E sono convinta che gli investimenti che stiamo facendo ora per attuare la transizione nel nostro sistema di trasporti saranno vitali per combattere la crisi climatica, ma anche un ottimo investimento per la nostra società e la nostra economia».

Del resto i dati forniti nel merito dall’Autorità energetica nazionale islandese, Orkustofnun, parlano chiaro: già cinque anni fa circa l’85% del consumo di energia primaria in Islanda veniva soddisfatto attraverso risorse rinnovabili autoctone,  il 66% della quale da fonte geotermica . Le centrali geotermiche generano attualmente il 25% della produzione di elettricità nel Paese (in Toscana siamo già attorno al 30%, mentre in Italia il dato è fermo a circa il 2%) e i 9/10 della popolazione islandese riscalda gli edifici grazie al calore della terra, impiegato con profitto anche per attività di serricoltura, itticoltura, ma anche in ambiti industriali e turistici (basti pensare che la rivista National Geographic ha inserito già dal 2012 lo stabilimento termale islandese Blue Lagoon tra le 25 “Wonders of the world) .

Ma se la geotermia in Islanda rappresenta da sempre una risorsa rinnovabile indigena – come in Toscana del resto, dove le tecnologie geotermiche sono nate per la prima volta al mondo oltre due secoli fa –, il suo crescente impiego è frutto della storia recente di un Paese che ha puntato con forza sullo sviluppo dell’energia pulita: «Vengo da un Paese che per secoli è stato tra i più poveri d’Europa,  ma che negli ultimi 60 anni è stato in grado di portare avanti un processo di sviluppo per la prosperità economica e il benessere sociale – ha dichiarato all’Alleanza globale per la geotermia riunitasi due anni fa a Firenze Ólafur Grímsson, presidente dell’Islanda dal 1996 al 2016 – In Islanda chi è responsabile dello sviluppo economico si rende conto che la geotermia rende possibile diversificare la propria economia offrendo importanti occasioni imprenditoriali per le nuove generazioni; inoltre l’energia geotermica ha caratteristiche di continuità uniche, offrendo una stabilità nella fornitura di energia che nessun’altra fonte rinnovabile può dare in modo economicamente vantaggioso. Non abbiamo trasformato l’Islanda solo per ottemperare agli obiettivi sul clima, l’abbiamo cambiata perché la geotermia era ed è il pilastro del nostro successo economico».