Neoliberisti e xenofobi nazionalisti spiazzati da un virus globale

La lezione di Covid-19 per la crisi climatica: il mercato non basta, servono risposte collettive

Crouch: «La crisi Covid può indurre a cambiamenti profondi in economia che, in condizioni normali, il mercato non può offrire»

[27 Luglio 2020]

La pandemia e la conseguente crisi economica da Covid-19 hanno riportato alla luce del sole l’importanza della mano pubblica nel sostenere la società. Basti un solo dato, al proposito: durante il lockdown dipendevano dai aiuti e sussidi governativi il 55% dei lavoratori francesi, il 40% degli italiani e il 30% della forza lavoro tedesca ed inglese. Dopo aver evitato – per ora, almeno – il crollo sociale, adesso sono di nuovo le istituzioni pubbliche a delineare le prospettive di sviluppo. Ma l’esito è tutt’altro che scontato.

«Oggi i partiti sono spaccati, confusi – spiega al Festival dell’economia di Trento il politologo Colin Crouch, professore emerito alla Warwick Business School e già docente in sociologia ad Oxford – e al loro interno contengono più forze». La debolezza dei partiti ha permesso l’affermazione, in politica, di quattro forze, schieramenti trasversali – neoliberisti, xenofobi nazionalisti, socialdemocratici e ambientalisti – e ha liberato nella società civile istanze e raggruppamenti altrettanto trasversali (in Italia le “sardine, ad esempio). La liquidità della politica occidentale è stata resa ancor maggiore da Covid-19, che ha ulteriormente mescolato le posizioni ma, soprattutto, ha messo alle corde alcuni capisaldi di neoliberisti e xenofobi.

I neoliberisti ad esempio «oggi sono in crisi – annota Crouch nel suo intervento – Loro sostengono che non abbiamo bisogno dello Stato e dei beni collettivi, ma solo del mercato. La pandemia Covid ha insegnato a tutti che abbiamo bisogno l’uno dell’altro, e il mercato non può fare niente conto il virus senza impulso dello Stato. In futuro avremo altre crisi, probabilmente determinate dai cambiamenti climatici, le cui risposte avranno bisogno della collettività, perché non si può combattere l’inquinamento da soli o non si può recuperare il mercato interno semplicemente abbassando le regole».

L’errore degli xenofobi nazionalisti, invece, per Crouch è non aver ammesso che, per affrontare il virus, c’è bisogno di una collaborazione universale: «La scienza non accetta frontiere e non è possibile chiudere una nazione al mondo, perché se il virus è in una parte del mondo, la minaccia è oggi globale. Le politiche isolazionistiche non sono possibili». E i risultati dell’approccio nazionalista si vedono, basti pensare agli Stati Uniti di Trump o al Brasile governato da Bolsonaro.

La pandemia ha tolto, soprattutto a neoliberisti e nazionalisti, le leve di riferimento del libero mercato, come panacea ad ogni problema socioeconomico, e la granitica convinzione dell’isolamento in sicurezza del singolo Stato contro i mali esterni: «Il mercato non può fare niente contro il virus senza impulso dello Stato, così come il clima ha bisogno di risposte collettive. Il singolo Stato non può combattere l’inquinamento da solo. Saranno i fondi europei a salvare i singoli Paesi dalla crisi senza precedenti»

Lotta alle disuguaglianze e Green new deal sono invece le sfide cui sono chiamati a confrontarsi socialdemocratici – nella classificazione di Crouch, tutti quanti credono che beni collettivi e servizi pubblici siano importanti – e ambientalisti. «Ai socialdemocratici spetta lavorare per ridurre le diseguaglianze. Durante il lockdown noi siamo stati salvati da migliaia di persone, impegnate in lavori considerati di ‘basso livello’, che non si sono mai fermate. A questa gente – continua Crouch – dobbiamo la nostra gratitudine e il riconoscimento dell’importanza del loro ruolo sociale ed economico». Il riferimento va ad infermieri, corrieri, badanti, forze dell’ordine e molti altri: lavoratori “essenziali” ma precari e sottopagati.

Per ritrovare nuovo slancio senza perdere l’equilibrio, le società moderne hanno dunque bisogno di redistribuire in modo più equo le risorse economiche che hanno a disposizione, ma anche di trovare una nuova via per lo sviluppo che salvaguardi le risorse naturali. «Abbiamo un gran bisogno – sottolinea il politologo inglese – di un ‘Green new deal’, di un nuovo corso politico in grado di creare nuovi spazi per nuove industrie La crisi Covid può indurre a cambiamenti profondi in economia che, in condizioni normali, il mercato non può offrire».  Non a caso – conclude Crouch – il Recovery fund europeo è stato ideato e stanziato su due direttrici: sviluppo digitale ed economia verde: «Questi sono i punti di forza della Commissione europea, che ha aperto una nuova fase della politica comunitaria».