Alla Camera l’Aurelio Peccei lecture 2019

La natura ci regala 145mila miliardi di dollari l’anno, ma li stiamo buttando via

Sir Robert Watson: «I cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità compromettono lo sviluppo economico, minacciano la sicurezza alimentare e la salute umana»

[12 Novembre 2019]

I servizi ecosistemici forniti dalla biodiversità sono il regalo più prezioso di cui dispone il genere umano: dall’impollinazione delle colture alla depurazione delle acque, dalla protezione dalle inondazioni al sequestro del carbonio, siamo abituati a godere di questi vantaggi senza rispettare la natura che ce li offre. Li diamo per scontati, col risultato che ne stiamo minando le basi sperperando un tesoro immenso. Non è semplice dare un valore monetario a servizi ecosistemici da cui di fatto dipende la nostra vita, ma le stime più aggiornate affermano che si parla di 125-145.000 miliardi di dollari all’anno: più di una volta e mezza le dimensioni del Pil globale.

Eppure li stiamo buttando via. I dati portati all’Aurelio Peccei lecture 2019, organizzata alla Camera dei deputati dal Wwf Italia insieme alla Fondazione Aurelio Peccei e al Club di Roma, non lasciano margini di dubbio sulla nostra responsabilità per il declino dei servizi ecosistemici: l’intervento umano ha ormai trasformato significativamente il 75% della superficie delle terre emerse, provocato impatti cumulativi per il 66% delle aree oceaniche e distrutto l’85% delle zone umide, mentre oltre il 30% delle barriere coralline è a rischio. Come documenta l’Ipbes (l’Intergovernamental science policy platform on biodiversity and ecosystem services) almeno un milione di specie viventi sono in via di estinzione nei prossimi decenni, su di una stima delle specie esistenti ritenuta intorno agli 8 milioni, e il tasso totale di estinzione delle specie è oggi a un livello che supera dalle decine alle centinaia di volte la media del livello di estinzione verificatasi negli ultimi 10 milioni di anni. Tradotto in costi, tra il 1997 e il 2011 il mondo ha già perso circa 4-20.000 miliardi di dollari all’anno a causa del consumo eccessivo e scorretto del suolo e 6-11.000 miliardi di dollari l’anno per il degrado.

«I cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità non possono più essere considerati questioni separate, devono essere affrontate insieme e ora – spiega nel suo intervento alla Camera il , chimico dell’atmosfera Sir Robert Watson, ex presidente dell’Ipcc e dell’Ipbes – Compromettono lo sviluppo economico, minacciano la sicurezza alimentare e delle risorse idriche e la salute umana, colpiscono principalmente i poveri e possono portare a conflitti. È essenziale che i governi, insieme al settore privato, affrontino immediatamente questa emergenza». Se in qualche modo la vita sul pianeta riuscirà comunque a cavarsela, come sempre a rischiare davvero è invece la tenuta del progresso umano.

Ma le promesse che i vari paesi hanno sin qui messo a disposizione per decarbonizzare le proprie economie sono inadeguate. L’aumento della temperatura globale, secondo quanto deciso nella capitale francese nel 2015, potrebbe raggiungere il target “ideale” del 1.5 C° entro la prima metà del 2030 e di 2 C° nel 2050-2070. Ma, senza intervenire con azioni molto più decisive di quelle sin qui promesse, già oggi le previsioni al ventennio 2050-2070 parlano di un incremento di 3-4 C°.

Occorre dunque una politica globale che affronti tutti i fattori, diretti e indiretti, che contribuiscono alla perdita di biodiversità, riconoscendo la connessione con i cambiamenti climatici: per questo organizzazioni internazionali come il Wwf e il Club di Roma stanno spingendo la mobilitazione a per avviare dal 2020 un grande Global deal per la natura e la gente: il punto di svolta dovrà arrivare alla 15° Conferenza delle parti (Cop 15) della Convenzione sulla diversità biologica che si terrà  a Kunming (Cina) e che dovrà approvare la nuova strategia decennale per la biodiversità fino al 2030. Occorre una road map di obiettivi e indicatori chiari e coerenti con il fine di proteggere efficacemente almeno il 30% della superficie del nostro pianeta entro il 2030, giungendo al 50% entro il 2050.

In questo percorso anche l’Italia ha un ruolo decisivo da giocare: come sottolineano dal Wwf, la sfida per il 2020 sarà  quella di ridefinire anche per il nostro Paese una Strategia nazionale per la biodiversità coerente con le ambizioni a livello internazionale.

Si tratta di un mettere in campo azioni incisive, non impossibili: nel decalogo per il Green new deal avanzato dal Wwf spicca la necessità di abolire progressivamente (entro il 2025) i sussidi ambientalmente dannosi censiti dal ministero dell’Ambiente (oltre 19 miliardi di euro l’anno), di tagliare le emissioni di gas serra italiane del 55% al 2030 (il Pniec proposto dal Governo è fermo a circa -33%) e di gestire il 30% del territorio nazionale terrestre (oggi è il 18%) e il 30 % di quello marino (oggi è il 7%) secondo criteri di conservazione e valorizzazione del capitale naturale, vincolando allo scopo almeno il 10% dei Fondi comunitari della programmazione 2021-2027.

Senza un deciso cambio di rotta, del resto, il conto che la perdita dei servizi ecosistemici presenterà al Paese sarà salatissimo: il valore in gioco, secondo le stime fornite nel 2017 dal Comitato per il capitale naturale, ammonta a 338 miliardi di euro all’anno.