La nuova crociata contro l’Estathé e il non detto sugli imballaggi in plastica non riciclabili

Questi brick rappresentano al massimo il 2-3% del totale del volume degli imballaggi di plastica raccolti in modo differenziato, ma non riciclati. E il resto come lo gestiamo?

[25 Luglio 2019]

In una società ormai declinata sula superficialità e sulla messaggistica istantanea è sempre bene avere un nemico da combattere, e in questi ultimi giorni il sindaco di Capannori Luca Menesini ne ha trovato uno nuovo: l’Estathé. Bersaglio facile: questi maledetti brick bianchi e gialli invadono le strade, le spiagge, traboccano dai cestini. Oltretutto anche quando vengono gettati in modo corretto spesso la cannuccia si perde e il postulato immediato è che finisce in mare andando a ingrossare le famigerate isole di plastica.

Ecco dunque che il sindaco del Comune noto per fare da riferimento ala strategia rifiuti zero scrive su Facebook: «Sarà anche buono ma l’Estathé presenta un problema reale. Il bicchierino da 20 cl è infatti fatto in poliestere C/PS90, una plastica difficilmente riciclabile che, quasi sempre, finisce o in discarica o negli inceneritori». Così scrive al signor Ferrero e gli chiede di trovare una soluzione.

Fioccano gli applausi. Poi però cominciano i problemi. Intanto perché sulla stampa il messaggio che passa è folle. Oggi ad esempio sul Fatto quotidiano si scrive che «qualcuno lo butta nella carta, qualcuno nella plastica, qualcuno ci azzecca e lo getta nell’indifferenziato». Cosa cosa?  Qualcuno ci azzecca e lo getta nell’indifferenziato? Eh no, proprio no.

Rewind. Ripartiamo da zero. Il decreto Ronchi che in Italia ha introdotto le raccolte differenziate nel 1997 prevede che la raccolta differenziata della plastica riguardi tutti gli imballaggi in plastica e che dunque ogni produttore di imballaggi paghi una ‘tassa’, chiamata contributo ambientale Conai, che serve a pagare ‘i maggiori oneri della raccolta differenziata’ (tra parentesi, la raccolta differenziata costa: si risparmia dal punto di vista ambientale, ma non da quello economico, quanti hanno il coraggio di dirlo?).

Quindi anche l’Estathé paga questo contributo affinché il suo brick vada nella raccolta differenziata. Ci deve andare. Senza se e senza ma (quindi auspichiamo che Menesini chieda un’immediata rettifica al Fatto quotidiano).

L’altra cosa che dice Menesini invece è vera. Estathé non è riciclabile, esattamente come il 40% degli imballaggi in plastica che vengono messi nella raccolta differenziata. Il problema come al solito non è quello che si dice, ma quello che non si dice.

Perché non lo dice? Non lo può dire perché se dicesse che devono andare nella raccolta differenziata, ma poi non possono essere riciclati: l’Estathé, i vasetti dello yogurt in PS, le vaschette trasparenti in PET coi cibi precotti, le vaschette in polistirolo della carne, tutti gli imballaggi in polistirolo, tutti i piatti e i bicchieri in PS… equivarrebbe ad ammettere che anche gli inceneritori servono, perché non tutto è riciclabile anche se va nella raccolta differenziata. Servono perfino a Capannori (che quindi oltre a bruciare il suo indifferenziato nell’inceneritore di Livorno, probabilmente ci brucia anche le plastiche non riciclabili delle sue raccolte differenziate). Nel mentre gli Estathé rappresentano al massimo il 2-3% del totale del volume degli imballaggi di plastica raccolti in modo differenziato, ma non riciclati.

di Jacopo Carucci