La Toscana ferma la destra. E dalle urne esce fuori un quasi monocolore PD

La destra arriva al suo limite fisiologico, la sinistra rischia di scomparire per frammentazione dal Consiglio regionale

[22 Settembre 2020]

Hanno certamente giocato la paura per una destra che la maggioranza dei toscani considera pericolosa ed estremista e il voto utile per fermarla, ma quello che esce inaspettatamente – a meno di un superamento in extremis della soglia del 3% da parte di Sinistra Civica Ecologista, che secondo gli ultimi dati oscilla tra il  2,9% e il 3% – dalle urne è sostanzialmente un governo monocolore del PD con una piccola, spuntata e subalterna appendice renziana.

La destra ha giocato malamente le sue carte per un’impossibile conquista della Toscana “rossa”, sbagliando perfino tonalità dell’avversario, ormai dichiaratamente di un rosa pallido, e il suo fardello sembrano proprio i candidati presentati – a cominciare dalla candidata presidente – e una storia e un presente che i toscani non dimenticano, trincerandosi in un antifascismo che, solo un annetto fa, in molti anche nel PD, davano per un vecchio attrezzo ideologico passato di moda.

E’ stato un voto di resistenza, ma non ne ha beneficiato la sinistra che è riuscita ancora una volta a spaccarsi in tre (senza contare i sempre più ininfluenti due Partiti Comunisti) e che, se si fosse presentata unita avrebbe superato, con una lista unitaria verde-rossa, il 7% dei voti e contato parecchio nella prossima Giunta Giani, magari proprio sui temi dell’ambiente che saranno cruciali per il futuro della Toscana e dell’Italia e che sembrano indigesti alla parte più “sviluppista” del PD.

Ha pesato la scelta di Tommaso Fattori di correre da solo e di non portare le buone cose che ha fatto dall’opposizione all’interno della coalizione di governo e di una sinistra unitaria, ha pesato l’incredibile e inspiegabile decisione della Sinistra Civica Ecologista e dei Verdi di andare ognuno per conto suo alla ricerca di un problematico quorum che diventava sempre più improbabile mentre aumentava la martellante ed efficace campagna del PD per il voto utile per fermare leghisti e neofascisti.

Alla fine, in Toscana ha dato nuovamente spettacolo di sé una sinistra litigiosa, che riesce a dividersi su cose astruse, antipatie personali, purezze ottocentesche… Condannandosi o alla sudditanza o all’ininfluenza, ostaggio di sé stessa e di una storia che nessuno ricorda, quasi un’archeologia della memoria di rancori e antipatie politiche che a volte risalgono al secolo scorso.  Se il nemico continuerà – anche in campagna elettorale –  ad essere chi è più vicino poi, alla fine vince, se va bene, l’amico lontano e o il nemico vero. Intanto tutto dipende da qualche millesimo di percentuale.

La Toscana che esce dalle urne con il pacioso e familiare faccione di Giani sembra la Toscana eterna, ma è più moderata e meno rossa, più impaurita dalla destra alle porte con una sinistra–sinistra che ha picconato da sola il suo argine, consegnandosi all’inconsistenza della polverizzazione in una Regione dove – anche all’interno dell’elettorato PD – la sinistra è ancora ben viva.

Giani ha promesso molto a livello ambiente – così come ha detto cose sgradite ad ambientalisti, comitati e sinistra – il mucchio di soldi in arrivo dall’Europa dovrà essere speso in gran parte per una Toscana più green e solidale, bisognerà capire – anche dalle scelte fatte per la Giunta – se nel monocolore PD-IDV  – forse con un tocco di rosso ecologista-civico – che si annuncia il green servirà solo a dare una mano di verde a politiche ambientalmente vecchie – pensiamo all’urbanistica e ai parchi o ad alcune infrastrutture – o se la Toscana dell’usato sicuro saprà cambiare paradigma e passo e darsi un futuro davvero sostenibile, equo, democratico e pulito.

Che poi è quello che hanno chiesto gli elettori di Giani, sia quelli impauriti che quelli fiduciosi che quelli rossi o rosè.