L'analisi del laboratorio Ref ricerche

La Toscana non ha raggiunto nessuno degli obiettivi dell’ultimo Piano rifiuti

Quello in fase di elaborazione è chiamato a dare risposte sui deficit impiantistici, a partire da indifferenziato e organico fino ai rifiuti speciali

[8 Giugno 2021]

L’ultimo Piano regionale rifiuti e bonifiche approvato in Toscana (nel 2014, e ormai ampiamente scaduto) individuava obiettivi ambiziosi da traguardare, ma che sono rimasti tutti su carta come certifica oggi il nuovo position paper del laboratorio Ref ricerche.

La produzione di rifiuti urbani avrebbe dovuto assestarsi a 597 Kg/ab/anno, ma si è fermata a 612; la raccolta differenziata era attesa al 70%, invece è al 60,15%; il riciclo effettivo avrebbe dovuto raggiungere “almeno il 60%” ed una stima precisa del risultato neanche c’è, ma è presumibile che sia sotto al 50%. La discarica? Avrebbe dovuto restare un’opzione residuale, per il 10% circa dei rifiuti, e invece occupa ancora il 34%. Per il recupero energetico – non esplicitato nella tabella del Ref – si prospettava invece un 20%, mentre la termovalorizzazione è scesa sotto al 10%.

Un profilo che si caratterizza dunque per un massiccio impiego della discarica e un altrettanto ricorso all’export di rifiuti, con le frazioni più critiche che riguardano l’organico e l’indifferenziato.

Per quanto riguarda in particolare l’organico già l’Arpat aveva segnalato che circa il 10% di quanto raccogliamo sul territorio con la raccolta differenziata viene spedito altrove, per carenza d’impianti adeguati di prossimità. Un dato che il Ref ricerche individua ora in uno sbilancio pari a 201.410 tonnellate l’anno.

Un problema che la Toscana sembra però avvertire e cui sta tentando di porre rimedio: molti impianti sono in fase di valutazione o in costruzione se non quasi già pronti – come nel caso dell’impianto Geofor a Pontedera che pure sconta ampi ritardi nell’avvio dell’operatività – e prevalentemente basati su tecnologie all’avanguardia come i biodigestori: è il caso ad esempio di Rosignano Marittimo (Scapigliato), Peccioli (Alia e Belvedere), Montespertoli (Alia), Monterotondo Marittimo (Acea, già inaugurato) e Livorno (Aamps).

Passi in avanti, per quanto incerti, che non si registrano invece nella gestione dell’altra criticità: i rifiuti urbani indifferenziati (senza dimenticare gli scarti di raccolta differenziata e riciclo). Ad una prima occhiata, per questa frazione la Toscana sembra godere addirittura di un surplus: la differenza tra le tonnellate di rifiuti urbani e di quelle decadenti dal trattamento degli stessi che sono state incenerite, co-incenerite o smaltite in discarica e le tonnellate di RUR raccolte segna infatti +94.712 tonnellate.

Eppure non si tratta di una buona notizia. «Alla luce degli obiettivi di minimizzazione dello smaltimento in discarica (max 10%) appare doveroso – spiegano dal Ref ricerche – un approfondimento sul ruolo che questa modalità meno preferibile di gestione riveste nelle singole regioni. Nello specifico, la quota di rifiuti urbani smaltita in discarica risulta già al di sotto del 10% tanto in Lombardia (4%) quanto in Emilia-Romagna (9%): in queste regioni non solo la gestione del rifiuto indifferenziato presenta un saldo positivo, ma è anche allineata con la gerarchia dei rifiuti, in quanto lo smaltimento in discarica ha un ruolo effettivamente residuale. Al contrario, il surplus di gestione di regioni come il Molise è raggiunto al prezzo di un elevato ricorso allo smaltimento in discarica, pari al 90% del fabbisogno nel 2019».

Con le dovuto proporzioni è quanto accade in Toscana, dove il ricorso alla discarica è ancora molto alto (34%) e dunque il recupero energetico troppo basso.

Criticità queste che riguardano i soli rifiuti urbani, ma per gli speciali – che sono circa il quintuplo – non va certo meglio. Qui anche quando la produzione cala l’export cresce a causa della strutturale carenza d’impianti, e non a caso si stima che dalla Toscana partano ogni anno 8.760 tir carichi di spazzatura per essere gestita altrove, con gravi costi ambientali ed economici.

Il nuovo Piano rifiuti, che risulta in elaborazione negli uffici regionali, è chiamato ad affrontare entrambe le emergenze: è pur vero che “solo” i rifiuti urbani ricadono nell’ambito della privativa comunale e dunque la loro gestione è (su base diretta o tramite affidamento) in capo alla mano pubblica i rifiuti speciali sono di norma affidati al mercato. Ma è evidente che tutta l’infrastruttura impiantistica per la loro gestione, dal riciclo al recupero energetico allo smaltimento, è soggetta e dunque dipende dalle autorizzazioni pubbliche, che in questo caso arrivano (o meno) dalla Regione. Che ha dunque una responsabilità indiretta fondamentale nella gestione (o meno) degli speciali.