La parte del leone va ai combustibili fossili

Legambiente, in Italia i sussidi ambientalmente dannosi salgono a 35,7 miliardi di euro l’anno

Zanchini: «Ogni euro non più regalato a chi inquina può liberare investimenti in innovazione ambientale ma anche per far uscire il Paese dalla crisi economica e sociale»

[7 Dicembre 2020]

Di anno in anno, i tagli ai sussidi ambientalmente dannosi annunciati dal governo giallorosso sin dal suo insediamento continuano a slittare: nonostante le premesse anche la legge di Bilancio 2021 lascia le promesse ai posteri. Nel mentre paradossalmente il bottino continua a crescere, secondo le stime messe in fila oggi da Legambiente con il suo report Stop sussidi alle fonti fossili e ambientalmente dannosi: in tutto secondo l’associazione ambientalista si parla di 35,7 miliardi di euro l’anno mettendo insieme sussidi diretti (oltre 21,8 miliardi di euro) e indiretti (oltre 13,8).

Un sostanziale ampliamento rispetto a quelli individuati nell’ultimo Catalogo elaborato dal ministero dell’Ambiente, che si ferma alla pur considerevole quota di 19,7 miliardi di euro l’anno.

Per fare qualche esempio concreto, i sussidi ambientalmente dannosi censiti da Legambiente “sono finanziamenti diretti a centrali che utilizzano derivati del petrolio, gas e carbone, che inquinano e producono emissioni di gas serra, come le centrali di Brindisi Sud e Fiumesanto o di San Filippo Mela, che rimangono accese solo perché ricevono generosi sussidi, altrimenti in larga parte sarebbero fuori mercato. Oppure centrali diesel nelle isole minori italiane che potrebbero essere sostituite da ben più economici ed efficienti impianti solari ed eolici. Sono sconti su tasse (accisa, iva e credito d’imposta) per una serie enorme di utilizzi di benzina, gasolio, gas, ecc. nei trasporti, nel riscaldamento, nelle industrie. Sono canoni bassi per l’estrazione di materie prime, per l’imbottigliamento di acqua, sono tasse limitate per chi butta i rifiuti riciclabili in discarica. Sono anche finanziamenti ad autostrade, a componentistica, impianti per la fertilizzazione e fondi per la ricerca su carbone, gas e petrolio, in Italia e all’estero”.

Più nel dettaglio, guardando alle voci più sostanziose, per Legambiente sono 15 i miliardi di euro destinati nel 2019 a sussidiare il settore energetico fossile del nostro Paese, che diventano 15,8 miliardi per il 2020; il settore trasporto risulta invece sussidiato complessivamente per 16,2 miliardi di euro, di cui 5,154 milioni di euro per il differente trattamento fiscale tra benzina e gasolio e 3,757 milioni di euro per quello tra metano, gpl e benzina.

«Non tutto è cancellabile dall’oggi al domani – precisa Katiuscia Eroe, responsabile energia di Legambiente – ma è certo che serve intervenire, partendo dai finanziamenti più assurdi, inquinanti, a premio di rendite contro l’ambiente. I sussidi dannosi sono risorse sottratte a investimenti di cui c’è enorme bisogno per uscire dalla crisi: potrebbero andare a ospedali, scuole, ricerca, investimenti nella green economy e nella riduzione delle diseguaglianze».

Per il Cigno verde la partita dell’equità è infatti determinante, non a caso. Averlo trascurato in Francia ha acceso la miccia dei Gilet gialli, e fatto naufragare l’aumento delle tasse sui carburanti previsto per contrastare la crisi climatica in corso. Larga parte dei sussidi ambientalmente dannosi va oggi a beneficio delle imprese, oltre 23 miliardi di euro, mentre 12,5 miliardi alle famiglie; si tratta di “voci molto differenti – da incentivi diretti e indiretti a sconti sulle tasse, a finanziamenti dati da imprese e società dello Stato – ognuna nata con l’obiettivo, condivisibile, di ridurre i costi a vantaggio di imprese e famiglie, ma è il mezzo che oggi non funziona più” in quanto questi sussidi oggi “producono un impatto negativo su ambiente e clima quando esistono alternative competitive”.

Legambiente riconosce che “un semplice taglio avrebbe effetti negativi da un punto di vista economico e sociale, per le famiglie più povere e le imprese più in difficoltà”. Occorre dunque redistribuire in modo intelligente queste risorse. Per Legambiente la chiave di volta sta nel “far diventare questi sconti sui consumi incentivi verso investimenti in efficienza e nell’autoproduzione da rinnovabili”.

«Ogni euro non più regalato a chi inquina – spiega Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente – può liberare investimenti in innovazione ambientale ma anche per far uscire il Paese dalla crisi economica e sociale. Nelle proposte che presentiamo oggi dimostriamo come sia possibile intervenire subito sui sussidi alle fonti fossili e all’estrazione di materiali naturali, mentre il Recovery plan italiano dovrà fissare le riforme e la tempistica per cancellare tutti i sussidi entro il 2030».

Nel dossier Legambiente individua 13,8 miliardi di euro su cui si può intervenire da qui al 2025, e tre azioni prioritarie da conseguire nei prossimi mesi: inserire nel Recovery plan le scelte di cancellazione di tutti i sussidi alle fossili entro il 2030; eliminare subito i sussidi diretti alle fossili e per lo sfruttamento dei beni ambientali e aggiornare il Catalogo dei sussidi; rivedere subito la tassazione sui combustibili fossili per portare trasparenza e legare la fiscalità alle emissioni di gas serra.

Ma l’Italia senza sussidi ai combustibili fossili come sarebbe, davvero potrebbe essere un Paese più prospero oltre che più pulito? Una prima, ipotetica ma assai robusta risposta arriva non dagli ambientalisti ma direttamente dal Governo. Secondo gli scenari elaborati dal ministero dell’Ambiente nel suo ultimo Catalogo calerebbero le emissioni di gas serra mentre il Pil potrebbe crescere fino al +1,60% e l’occupazione del 4,2%. In tempi di crisi economica varrebbe la pena tentare.