L’insostenibile costo della pandemia nei Paesi più poveri del mondo: quest’anno altri 32 milioni di persone in povertà estrema

Nei prossimi 10 anni, il Covid-19 potrebbe spingere 200 milioni di esseri umani nella povertà estrema

[4 Dicembre 2020]

Secondo il nuovoThe Least Developed Countries Report 2020” pubblicato dall’United Nations conference on trade and development (Unctad), più di 32 milioni tra le persone più povere del mondo rischiano di essere trascinate di nuovo nella povertà estrema a causa del CovidD-19.

Dati alla mano, i principali economisti dell’Onu  evidenziano che «La pandemia potrebbe causare la peggiore crisi economica da decenni tra i Paesi meno sviluppati (Least developed countries – LDC)».

Lanciando un’appello per investimenti urgenti e sostegno da parte della più ampia comunità internazionale, l’Unctad ha avvertito che «Il nuovo coronavirus rischia di invertire anni di faticosi progressi nella riduzione della povertà, nella nutrizione e nell’istruzione».

Il segretario generale dell’Unctad, Mukhisa Kituyi, ha sottolineato che «La crisi del Covid sta portando i Paesi meno sviluppati verso la loro peggiore crisi economica degli ultimi 30 anni, con il PIL pro capite per il gruppo di Paesi che quest’anno dovrebbe diminuire del 2,6%. Prevediamo che nell’anno in corso gli indici di povertà assoluta aumenteranno di 32 milioni di persone e i tassi di povertà estrema in questi paesi aumenteranno dal 32,5 al ​​35,7%».

Nei 47 Paesi LDC, che rappresentano meno dell’1,3% del PIL globale, vivono circa 1 miliardo e 60 milioni di persone nei 47 LDC. La povertà estrema colpisce le persone che hanno un reddito inferiore a 1,9 dollari al giorno.  Nel 2019, reddito medio pro capite neri Paesi LDC – che sono soprattutto in Africa – è stato di 1.088 dollari, rispetto alla media mondiale di 11.371. L’Unctad spiega che questa povertà impedisce ai Paesi più poveri di avere le infrastrutture pubbliche e i mezzi finanziari necessari a resistere agli shock economici.

Kituyi  fa notare che «La ricaduta potenzialmente disastrosa della nuova pandemia potrebbe essere invertita con investimenti urgenti e il sostegno della comunità internazionale per aiutare i Paesi meno sviluppati a superare le loro vulnerabilità e migliorare la loro capacità di produzione».

Cresce la preoccupazione che il Covid-19 impedisca di attuare i cambiamenti economici trasformativi tanto necessari in linea con gli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG), e il capo dell’Unctad ha evidenziato che «Quelli che avevano investito di più nel potenziamento della capacità produttive sono quelli che probabilmente resisteranno alla recessione globale. I Paesi meno sviluppati che sono stati più attivi e innovativi nella lotta alla pandemia sono stati quelli con la maggiore capacità produttiva o istituzionale. Paesi come il Senegal, che ha prodotto kit per i test Covid economici e rapidi, il Bangladesh e altri come l’Etiopia, che hanno riconvertito le fabbriche di abbigliamento per produrre DPI (dispositivi di protezione individuale). Ma lo sviluppo della capacità produttiva è stato troppo piccolo nella maggior parte dei Paesi meno sviluppati,  che ora sono “rimasti indietro rispetto ad altri Paesi in via di sviluppo. La trasformazione strutturale nei Paesi meno sviluppati si è limitata a un pugno di Paesi come Bangladesh, Etiopia, Cambogia, Laos, Myanmar, Nepal e Rwuanda. Solo in questa piccola manciata di LDC abbiamo sperimentato una crescita industriale sufficiente e un’espansione dei settori dei servizi moderni, portando a maggiori guadagni di produttività del lavoro».

Al contrario, la maggior parte dei Paesi meno sviluppati africani e Haiti hanno assistito a cambiamenti strutturali molto più piccoli ed è probabile che lì l’agricoltura e altre attività tradizionali vedano bassi livelli di crescita economica e portino a scarsi miglioramenti nel tenore di vita delle persone.

Il rapporto che valuta il potenziale economico e la capacità dei Paesi meno sviluppati espone anche le iniziative che li aiuteranno a riprendersi meglio dopo la pandemia e, come esempio di cambiamento industriale sostenibile, cita l’iniziativa Kayoola Bus dell’Uganda, che ha stabilito la produzione nazionale di autobus alimentati principalmente da energie rinnovabili, per affrontare i problemi ambientali e sanitari dell’inquinamento atmosferico legato ai trasporti.

Un altro studio, “Impact of Covid-19 on the sustainable devlopment goals”, pubblicato dall’United Nations  development programme (Undp) e dal Pardee Center for International Futures dell’università di Denver, conferma e rilancia l’allarme: a causa del grave impatto a lungo termine della pandemia di coronavirus, altri 207 milioni di persone potrebbero essere spinte in povertà estrema entro il 2030, portando il numero totale di poverissimi a oltre un miliardo.

Mentre in Italia le regioni si ribellano al governo perché non vuole ammorbidire le misure anti-Covid e i comuni chiedono di inasprirle, lo studio Unctad pubblicato oggi evidenzia che, «Uno scenario di “danno elevato” significherebbe una ripresa prolungata dal COvid-19 e per l’80% della crisi economica indotta dalla pandemia continuerebbe per un decennio».

Tuttavia. «Questo scenario cupo non è una conclusione scontata. Una forte attenzione al raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG), potrebbe rallentare l’aumento della povertà estrema – togliendo  146 milioni di persone dalla sua morsa – e persino superare la traiettoria di sviluppo su cui si trovava il mondo prima della pandemia.  Uno scenario così ambizioso ma fattibile di “spinta agli SDG”, anche tenendo conto degli attuali impatti della pandemia di Covid-19, ridurrebbe anche il divario di genere della povertà e ridurrebbe il numero di donne in povertà».

Lo studio valuta l’impatto di diversi scenari di ripresa dal Covid-19 sullo sviluppo sostenibile e gli effetti multidimensionali della pandemia nei prossimi dieci anni.

Uno scenario “Covid di base”, basato sugli attuali tassi di mortalità e sulle più recenti proiezioni di crescita del Fondo monetario internazionale, entro il 2030 porterebbe 44 milioni di persone in più a vivere in estrema povertà, rispetto alla traiettoria di sviluppo in cui si trovava il mondo prima della pandemia.

Achim Steiner, amministratore dell’Undp, ha sottolineato che «Come evidenzia questa nuova ricerca sulla povertà, la pandemia di Covid-19 è un punto di svolta e le scelte che i leader prendono ora potrebbero portare il mondo in direzioni molto diverse. Abbiamo l’opportunità di investire in un decennio di azioni che non solo aiutino le persone a riprendersi dal Covid-19, ma che ripristinano il percorso di sviluppo delle persone e del pianeta verso un futuro più equo, resiliente e verde».

Gli interventi concordati sugli SDG suggeriti dallo studio combinano cambiamenti comportamentali, attraverso sollecitazioni sia per i governi che per i cittadini, come una migliore efficacia ed efficienza nella governance. che cambiamenti nei modelli di consumo di cibo, energia e acqua.  Gli interventi proposti si concentrano anche sulla collaborazione globale per l’azione per il clima, ulteriori investimenti nella ripresa òpost Covid-19 e la necessità di un migliore accesso alla banda larga e all’innovazione tecnologica.