La transizione ecologica e digitale si basano su risorse naturali che però importiamo

L’Ue dipende troppo dall’estero per le materie prime, nasce un’alleanza per cambiare

Šefčovič: «Non possiamo permetterci di sostituire l'attuale dipendenza dai combustibili fossili con la dipendenza dalle materie prime critiche»

[3 Settembre 2020]

L’approvvigionamento sicuro di risorse naturali per l’industria europea (e italiana) è una questione annosa, di cui l’Ue si occupa fin dall’istituzione del gruppo “Approvvigionamento di materie prime” negli anni ’70, ma i risultati raggiunti finora sono limitati. Nel 2017, ad esempio, più della metà (55,1 %) dell’energia lorda disponibile dell’Ue-28 era coperta dalle importazioni: adesso che la ripresa post Covid-19 e la sfida climatica richiedono una rapida transizione ecologica e digitale «non possiamo permetterci di sostituire l’attuale dipendenza dai combustibili fossili con la dipendenza dalle materie prime critiche. Le perturbazioni provocate dal coronavirus sulle nostre catene del valore strategiche hanno reso manifesto il problema».

A metterlo in chiaro è Maroš Šefčovič, che – come anticipato ieri su greenreport – in qualità di vicepresidente della Commissione Ue ha presentato oggi un piano d’azione per le materie prime critiche, l’elenco delle materie prime critiche del 2020 e uno studio prospettico sulle materie prime critiche per le tecnologie e i settori strategici con orizzonte temporale il 2030 e il 2050.

Le tecnologie verdi e quelle digitali sono in cima alla lista delle priorità. La crisi sanitaria da Covid-19 col conseguente lockdown ha aumentato la nostra dipendenza dalla tecnologia, ma se vogliamo continuare a beneficiare di smartphone e computer, magari da alimentare attraverso energia rinnovabile – per non parlare delle nostre auto elettriche – è «del tutto evidente che dobbiamo cambiare drasticamente il nostro approccio alle materie prime critiche».

Il perché è presto detto. Già oggi l’ Europa dipende fortemente da un numero limitato di paesi fuori dai propri confini per l’approvvigionamento di materie prime: tra il 75 e il 100% della maggior parte dei metalli arriva dall’estero, e la Cina da sola fornisce il 98% delle terre rare che usiamo. E senza cambi di rotta presto questa dipendenza peggiorerà. È ora di prender coscienza che neanche la transizione ecologica sarà a impatto zero, con il massiccio ricorso alle fonti rinnovabili che presenta come contraltare una crescita sensibile nell’impiego di materie prime. L’Ue stima ad esempio un fabbisogno di litio in crescita di quasi 60 volte entro il 2050, mentre quello di cobalto salirà di 15 volte; tutto solo per le auto elettriche e lo stoccaggio di energia. Anche la domanda di terre rare utilizzate nei magneti permanenti, fondamentali per gli impianti eolici, potrebbe aumentare di dieci volte nello stesso periodo.

«La semplice verità – sottolinea Šefčovič – è che dipendiamo in gran parte da materie prime non sostenibili, provenienti da paesi con standard ambientali e sociali molto più bassi, meno libertà o economie instabili». È ora di cambiare, ne va in gioco il futuro dell’Ue. Come?

Nelle prossime settimane la Commissione istituirà un’alleanza europea per le materie prime – il modello di riferimento sarà l’European battery alliance – che riunirà tutti i portatori di interessi coinvolti e si concentrerà sulle esigenze più urgenti, tramite azioni volte a ridurre la dipendenza dell’Europa dai paesi terzi, migliorando l’efficienza delle risorse e la circolarità e promuovendo allo stesso tempo un approvvigionamento responsabile a livello mondiale. L’elenco delle materie prime critiche è stato aggiornato e comprende ora 30 materie prime critiche (per la prima volta è stato aggiunto all’elenco il litio), ma col tempo l’alleanza potrebbe poi espandersi per affrontare esigenze relative ad altre materie prime critiche e ai metalli comuni.

Sarà dedicata particolare attenzione alle regioni carbonifere e ad altre regioni in transizione, concentrandosi specialmente sulle competenze e sulle capacità rilevanti per le attività minerarie, estrattive e di trasformazione delle materie prime. «Diversificando l’approvvigionamento dai paesi terzi e sviluppando la nostra capacità di estrazione, trasformazione, riciclo, raffinazione e separazione delle terre rare, l’Ue può diventare più resiliente e sostenibile. Per attuare le azioni proposte oggi – commenta Thierry Breton, commissario per il Mercato interno – occorre uno sforzo concertato dell’industria, della società civile, delle regioni e degli Stati membri. Incoraggiamo questi ultimi a prevedere investimenti nelle materie prime critiche nei rispettivi piani nazionali per la ripresa».

Alcuni segnali stanno già arrivando: in Europa sono in corso quattro progetti industriali chiave per l’estrazione e la lavorazione sostenibile di materie prime, per un totale di quasi 2 miliardi di euro. Si stima che copriranno l’80% del nostro fabbisogno di litio nel settore delle batterie entro il 2025, mentre ad oggi è il Cile che copre il 78% del fabbisogno complessivo: una dipendenza eccessiva.

Un punto focale della strategia europea passa anche da un aumento nel tasso di riciclo dei rifiuti elettronici: ogni anno nell’Ue vengono prodotti 9 milioni di tonnellate di rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, ma solo  il 30% circa viene raccolto e avviato a riciclo. C’è molto spazio per poter crescere: il recupero delle materie prime critiche da questi rifiuti è inferiore all’1%. Al contrario un adeguato sfruttamento di queste miniere urbane «potrebbe alla fine soddisfare un’ampia quota della domanda dell’Ue di materie prime essenziali», conclude Šefčovič.