Esaurita l’impronta ecologica che la Terra avrebbe potuto sopportare per l’intero 2019

Oggi è l’Overshoot day, ma l’Italia sta erodendo il proprio capitale naturale già dal 15 maggio

Per il ministro Costa stiamo «voltando pagina», ma in realtà il trend è in peggioramento

[29 Luglio 2019]

Oggi è l’Overshoot day – il giorno del sovrasfruttamento –, un allarme che ogni anno continua ad arrivare un po’ prima: rappresenta il giorno in cui l’impronta ecologica dell’umanità ha superato il budget di risorse naturali che il nostro pianeta ha messo a disposizione per l’intero anno.

Nel 1970 l’Overshoot day cadeva il 29 dicembre, ovvero ancora riuscivamo a seguire il ritmo del nostro pianeta. Ma da allora il peggioramento è stato irreversibile, e ancora non siamo riusciti ad invertire la rotta. Nel 2018 il giorno del sovrasfruttamento è caduto il 1 agosto, e nel corso di quest’anno abbiamo perso altri tre 72 ore; nel 2019 sono bastati 210 giorni per raschiare il fondo del barile, e da oggi fino al 31 dicembre vivremo a debito col nostro futuro. Non era mai accaduto tanto presto.

È come sempre il Global footprint network – ovvero l’associazione internazionale per la sostenibilità che è stata fondata dal co-ideatore dell’impronta ecologica, Mathis Wackernagel – a metterci di fronte con questa realtà, spiegandone il significato profondo: l’umanità sta usando attualmente la natura 1,75 volte più velocemente di quanto gli ecosistemi del nostro pianeta siamo in grado di rigenerare. Si tratta di un dato rilevato attraverso l’impronta ecologica, ovvero un indicatore tiene traccia della domanda dell’uomo per le aree biologicamente produttive che forniscono risorse naturali e servizi ecosistemici, come ad esempio cibo, legname, fibre, spazio occupato per le infrastrutture e assorbimento delle emissioni di CO2. Proprio queste ultime sono il grande problema dell’Overshoot day, costituendo il 60% dell’intera impronta ecologica dell’umanità.

I costi di questa sovraspesa ecologica globale stanno diventando sempre più evidenti sotto forma di deforestazione, erosione del suolo, perdita di biodiversità o accumulo di anidride carbonica nell’atmosfera. Quest’ultimo porta al cambiamento climatico e ad eventi meteorologici estremi più frequenti, come quelli che ieri sono tornati a provocare morti e devastazione anche sul territorio italiano. «Abbiamo solo una Terra: questo è il contesto che inquadra in definitiva l’esistenza umana. Non possiamo usare risorse pari a quelle di 1,75 pianeti Terra senza conseguenze distruttive», sottolinea Mathis Wackernagel. Se il sovrasfruttamento è (temporaneamente) possibile è perché stiamo esaurendo il nostro capitale naturale, compromettendo di fatto la possibilità di avere acqua e aria pulita, cibo e un clima sicuro per il nostro sviluppo il prossimo anno.

«Significa – spiegano dal gruppo di Ecodinamica dell’Università di Siena – che per i prossimi 5 mesi vivremo a spese delle generazioni future o forse, ormai, anche a spese del nostro stesso futuro. Dagli anni ’70 la popolazione mondiale ha cominciato a produrre e consumare oltre i limiti biofisici del pianeta e quasi 50 anni dopo, non a caso ci ritroviamo oltre le 400ppm di CO2 in atmosfera, intere regioni in constante emergenza climatica (che sia per un alluvione o per la siccità), rifiuti di ogni genere inquinano le nostre terre e i nostri mari. Smuoviamo talmente tante risorse dal sottosuolo da stimare l’umanità come il primo agente fisico di trasformazione del pianeta, più dei terremoti e dell’attività vulcanica. Non esiste ormai un luogo sulla Terra che non sia contaminato da agenti chimici prodotti dall’uomo». E la Terra ci presenta il conto.

La buona notizia è che invertire la rotta è ancora possibile, e se spostassimo l’Overshoot day in avanti di 5 giorni ogni anno l’umanità tornerebbe a essere in armonia con il pianeta prima del 2050. Ad esempio, sostituire il 50% di consumo di carne con una dieta vegetariana contribuirebbe a spostare la data dell’Overshoot day di 15 giorni in avanti, mentre ridurre la componente delle emissioni di CO2 dell’impronta ecologica del 50%, sposterebbe l’Overshoot day di 93 giorni. E questo non significa dover per forza rinunciare alla nostra qualità di vita, anzi: già oggi se tutta la popolazione mondiale vivesse come un italiano servirebbero 2,7 (anziché 1,75) pianeti terra, e se vivesse come uno statunitense 5 pianeti terra. Eppure la qualità di vita di un cittadino medio Usa non è certo il doppio di quella di un italiano.

Il problema è che neanche l’Italia è lontanamente vicina a invertire la rotta dell’Overshoot day, che anzi continua ad arrivare più velocemente ogni anno. Caso vuole che quello italiano nel 2018 sia caduto insieme all’arrivo del Governo Conte, il 24 maggio, mentre quest’anno è arrivato ancora prima, il 15 maggio. Due mesi e mezzo in anticipo rispetto alla data globale.

Eppure per il ministro dell’Ambiente Sergio Costa «stiamo voltando pagina. Con il Piano clima ed energia, una precisa scelta di campo che condurrà l’Italia fuori dal fossile (e che non arriva a un terzo dell’impegno necessario per traguardare l’Accordo di Parigi sul clima, ndr). Per quanto riguarda l’accesso all’acqua, riteniamo che sia un diritto di tutti i cittadini e che garantirlo sia dovere di ogni Stato (ma il disegno di legge Daga sta di fatto mettendo a rischio la ripresa degli investimenti nel settore, ndr). La perdita di biodiversità significa degrado ambientale e conseguenze negative per l’economia, fattori che dobbiamo contrastare assolutamente, valorizzando le nostre risorse naturali (ma la metà dei parchi nazionali continua ad essere senza presidente, ndr). Prevenire il rischio idrogeologico vuol dire garantire la sicurezza del territorio e dei cittadini: il piano ‘Proteggi Italia’ ha stanziato 11 miliardi proprio contro il dissesto (ma ne servirebbero 40, ndr)».