Onu: per la ripresa economica post Coronavirus necessario un pacchetto di aiuti da 2,5 trilioni per i Paesi in via di sviluppo (VIDEO)

Sono gli investimenti promessi dai Paesi ricchi negli ultimi 10 anni e mai stanziati

[1 Aprile 2020]

Il segretario generale dell’Onu, António Guterres ha presentato un piano per far fronte alle conseguenze socio-economiche potenzialmente devastanti della pandemia di Covid-19 in tutto il mondo e ha istituito un fondo mondiale per sostenere i Paesi a basso e medio reddito.

L’Onu ricorda che «La pandemia partita dalla Cina a dicembre, ha infettato ad oggi più di 750.000 persone nel mondo e ha fatto più di 38.000 morti. Il virus è stato ritrovato in almeno 171 Paesi. Il più gran numero di casi sono stati registrati attualmente negli Stati Uniti, in Italia, in Cina e in Spagna. Il Covid-19 attacca le società al loro interno, facendo dei morti e distruggendo dei mezzi di sussistenza. Gli effetti potenziali a più lungo termine sull’economia mondiale e sull’economia di ciascun Paese sono disastrosi».

Nel nuovo rapporto “Responsabilità condivisa, solidarietà mondiale: rispondere alle conseguenze economiche del Covid-19”. Guterres chiama «ciascuno ad agire insieme per far fronte a queste conseguenze e attenuare il colpo dato alle popolazioni».

Il rapporto descrive la velocità e l’ampiezza della pandemia. La gravità dei casi e le perturbazioni provocate a livello economico e sociale. Guterres ha evidenziato che «Il Covid-19 è il più grande test al quale siamo stati messi di fronte insieme dopo la formazione delle Nazioni Unite. Questa crisi umana esige un’azione politica coordinata. Decisiva, inclusive e innovative da parte delle principali economie del mondo e un sostegno economico massimo alle persone e ai Paesi più poveri e più vulnerabili». Il rapporto è stato pubblicato dopo che il Fondo monetario internazionale ha annunciato che il mondo è entrato in una recessione simile a quella del 2009, forse più grave, e l’Onu chiede «Una risposta multilaterale a grande scala, coordinata e globale che rappresenti almeno il 10% del PIL mondiale».

Il sistema delle Nazioni Unite e la sua rete globale di uffici regionali e subregionali e team nazionali che lavorano per la pace, i diritti umani, lo sviluppo sostenibile e l’azione umanitaria, sosterranno tutti i governi e i partner attraverso la risposta e la ripresa economica. Per questo Guterres ha creato un fondo dedicato alla risposta al Covid-19 e alla ripresa per sostenere gli sforzi nei Paesi a basso e medio reddito e conclude che l’approccio sarà quello di una «Una risposta multi-agenzia e multisettoriale coordinata per far fronte all’impatto socio-economico della crisi di Covid-19. Conterà sulla leadership dei coordinatori residenti e dei team dei paesi delle Nazioni Unite per supportare rapidamente i governi in questa crisi e nella ripresa».

L’Onu si basa sul rapporto “The Covid-19 Shock to Developing Countries: Towards a “whatever it takes” programme for the two-thirds of the world’s population being left behind”, presentato il 30 marzo dall’United Natoins conference on trade and development (Unctad) ch parte dalla constatazione che «Con i due terzi della popolazione mondiale che vive nei Paesi in via di sviluppo (esclusa la Cina), che sta affrontando un danno economico senza precedenti a causa della crisi Covid-19, le Nazioni Unite chiedono un pacchetto da 2,5 trilioni di dollari per questi Paesi per trasformare le espressioni della solidarietà internazionale in azioni globali significative».

Mentre noi siamo purtroppo chiusi nelle nostre case comunque dotate di molti servizi e comodità, l’Unctad fa notare che «La velocità con cui le onde d’urto economiche della pandemia ha colpito i Paesi in via di sviluppo è drammatica, anche rispetto alla crisi finanziaria globale del 2008». Il segretario generale dell’Unctad, Mukhisa Kituyi, aggiunge che «La ricaduta economica dello shock è in corso ed è sempre più difficile da prevedere, ma ci sono chiare indicazioni che le cose peggioreranno molto per le economie in via di sviluppo, prima che migliorino».

Il rapporto dimostra che in soli due mesi da quando il virus ha cominciato a diffondersi al di fuori della Cina, «I Paesi in via di sviluppo hanno subito un enorme fuga di capitali, aumento dei bond spreads, svalutazioni valutarie e deprezzamento delle esportazioni, incluso il calo dei prezzi delle materie prime e il calo delle entrate turistiche». Sulla maggior parte di queste attività l’impatto è stato più forte rispetto alla crisi finanziaria del 2008 e, con l’attività economica interna che ormai risente della crisi, l’Unctad non è ottimista rispetto alla possibilità di un rapido rimbalzo come quello al quale si è assistito in molti Paesi in via di sviluppo tra il 2009 e il 2010.

Il rapporto fa presente che «I calcoli mostrano che, tra febbraio e marzo, i portfolio outflows delle principali economie emergenti sono saliti a 59 miliardi in un mesei. Questo è più del doppio degli outflows subiti dagli stessi Paesi nell’immediato in seguito della crisi finanziaria globale (26,7 miliardi di dollari). I valori delle loro valute rispetto al dollaro sono scesi tra il 5% e il 25% dall’inizio di quest’anno più velocemente dei primi mesi della crisi finanziaria globale. Anche i prezzi delle materie prime, dalle quali molti Paesi in via di sviluppo dipendono fortemente per i loro scambi con l’estero, sono scesi precipitosamente dall’inizio della crisi». Secondo il rapporto «Il calo complessivo dei prezzi quest’anno è stato del 37%».

Nei giorni scorsi, i Paesi sviluppati e la Cina hanno messo insieme enormi pacchetti governativi che, secondo il G20, consentiranno lo di dare alle loro economie un’ulteriore “lifeline” per 5 trilioni di dollari. L’Unctad fa notare che «Questo rappresenta una risposta senza precedenti a una crisi senza precedenti, che attenuerà fisicamente, economicamente e psicologicamente l’entità dello shock». Anche se non si conoscono ancora tutti i dettagli completi di questi pacchetti di stimoli una valutazione iniziale fatta dall’Unctad stima che «Si tradurranno in un’iniezione da 1 trilione a due 2 trilioni di dollari nella domanda nelle principali economie del G20 e un’inversione di due punti percentuali nella produzione globale». Ma l’agenzia economica dell’Onu è convinta che «Anche così, quest’anno l’economia mondiale andrà in recessione con una perdita prevista del reddito globale b valutabile in trilioni di dollari. Questo comporterà gravi problemi per i Paesi in via di sviluppo, con la probabile eccezione della Cina e la possibile eccezione dell’India».

Come se non bastasse, quest’anno. a causa del deterioramento delle condizioni globali, i vincoli fiscali e valutari sono destinati a inasprirsi ulteriormente. L’Unctad stima «un gap finanziario tra 2 e 3 trilioni di dollari che i Paesi in via di sviluppo dovranno affrontare nei prossimi due anni. Mancando la capacità monetaria, fiscale e amministrativa per rispondere a questa crisi, le conseguenze di una pandemia sanitaria e di una recessione globale combinate saranno catastrofiche per molti Paesi in via di sviluppo e bloccheranno i loro progressi verso gli Obiettivi di sviluppo sostenibile».

Se la crisi Covid-19 sta facendo emergere anche nelle economie avanzate le sfide di gestire una forza lavoro informale in crescita, l’Unctad fa notare che «Questa rimane la norma per i Paesi in via di sviluppo, amplificando le loro difficoltà a rispondere alla crisi».

Richard Kozul-Wright, direttore globalization and development strategies.dell’Unctad, ricorda che «Le economie avanzate hanno promesso di fare tutto il possibile per impedire alle loro imprese e famiglie subiscano una grave perdita di reddito. Ma se i leader del G20 devono rispettare il loro impegno di “una risposta globale nello spirito di solidarietà”, devono esserci azioni commisurate per i 6 miliardi di persone che vivono al di fuori del nocciolo delle economie del G20».

Di fronte a quello che definisce un «incombente tsunami finanziario», l’Unctad propone una strategia su quattro fronti che potrebbe iniziare a tradurre le espressioni della solidarietà internazionale in azioni concrete: 1. Subito un’iniezione di liquidità da 1 trilione di dollari; una sorta di helicopter money per coloro che vengono lasciati indietro, riallocando i diritti speciali di prelievo esistenti presso il Fondo monetario internazionale e aggiungendo una nuova dotazione che dovrà andare considerevolmente oltre l’assegnazione del 2009, fatta in risposta alla crisi finanziaria globale. 2. Un debt jubilee per le economie in difficoltà. Un blocco immediato del debito sui pagamenti del debito sovrano dovrebbe essere seguito da una significativa riduzione del debito. Un punto di riferimento potrebbe essere la riduzione del debito tedesco gestito dopo la seconda guerra mondiale, che ha annullato la metà del debito residuo. Con questa misura, quest’anno dovrebbero essere annullati, sotto la supervisione di un ente creato indipendentemente, circa 1 trilione di dollari. 3. Un piano Marshall per un recupero della salute finanziato da parte della scomparsa Official development assistance (ODA), promessa da tempo ma mai istituita dai partner dello sviluppo. L’Uctad stima che altri 500 miliardi di dollari – un quarto dell’ODA mancante dell’ultimo decennio – in gran parte sotto forma di sovvenzioni, dovrebbero essere destinati ai servizi sanitari di emergenza e ai relativi programmi di assistenza sociale. 4. i controlli sui capitali dovrebbero avere il loro legittimo posto in qualsiasi regime politico per ridurre l’impennata della fuga di capitali, per ridurre la mancanza di liquidità indotta dalle svendite nei mercati dei Paesi in via di sviluppo e per arrestare il calo dei prezzi delle valute e degli assets.

L’Unctad conclude evidenziando che «Il pacchetto proposto è di dimensioni simili all’importo che dovrebbe essere stato consegnato ai paesi in via di sviluppo nell’ultimo decennio se i Paesi del Development Assistance Committee dell’Organisation for Economic Co-operation and Development per la cooperazione e lo sviluppo economici avessero rispettato il loro obiettivo ODA dello 0,7%».

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