Onu, ripristinare l’ecosistema degradato conviene (anche) all’economia

Il recupero di 350 milioni di ettari di terreni degradati tra oggi e il 2030 potrebbe generare 9.000 miliardi di dollari e liberare l'atmosfera di ulteriori 13-26 gigaton di gas serra

[4 Marzo 2019]

Senza che ce ne accorgiamo l’ecosistema – anzi, gli ecosistemi che vanno a comporre il variegato e magnifico mondo naturale – ci offre ogni giorno “servizi” indispensabili alla vita: la purificazione dell’aria e dell’acqua, il cibo e la difesa dai cambiamenti climatici, ad esempio. La natura lo fa gratuitamente, ma potrebbe presto chiederci il conto: secondo il Wwf il valore economico di questi servizi ecosistemici – una stima che rende giustizia soltanto in parte, perché in ballo è la vita – può essere «valutato intorno a 125.000 miliardi di dollari, una cifra superiore al prodotto globale lordo dei paesi di tutto il mondo, che si aggira sugli 80.000 miliardi di dollari». Un valore che il genere umano erode anno dopo anno facendo avanzare inquinamento, perdita di biodiversità e cambiamenti climatici.

L’Assemblea generale delle Nazioni Unite, che ha appena dichiarato il periodo 2021-2030 come Decennio dell’Onu per il ripristino dell’ecosistema spiega chiaramente qual è la posta in gioco: il degrado degli ecosistemi terrestri e marini mina le condizioni di vita di 3,2 miliardi di persone e costa circa il 10% del prodotto lordo globale annuo in termini di perdita di servizi per specie ed ecosistemi. Da questa consapevolezza nasce il Decennio dell’Onu, che mira a potenziare in modo rilevante il ripristino degli ecosistemi degradati o distrutti come misura per combattere le crisi climatiche e migliorare la sicurezza alimentare, l’approvvigionamento idrico e la biodiversità.

«Il degrado dei nostri ecosistemi ha avuto un impatto devastante sia sulle persone che sull’ambiente – ricorda Joyce Msuya, direttore esecutivo del Programma ambientale delle Nazioni Unite – Siamo entusiasti del fatto che lo slancio per ripristinare il nostro ambiente naturale abbia guadagnato terreno, perché la natura è la nostra migliore scommessa per affrontare il cambiamento climatico e garantire il futuro». Come sottolineano dalla Fao (l’Organizzazione Onu per l’alimentazione e l’agricoltura, con sede a Roma), ad oggi circa il 20% della superficie vegetata del pianeta mostra un calo della produttività con perdite di fertilità legate all’erosione, all’impoverimento delle risorse e all’inquinamento in tutte le parti del mondo, ed entro il 2050 il degrado e il cambiamento climatico potrebbero ridurre i raccolti del 10% a livello globale e in alcune regioni fino al 50%. Per questo il ripristino dell’ecosistema è fondamentale per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile, e in primis quelli relativi ai cambiamenti climatici o all’eliminazione della povertà: lavorare per quest’obiettivo significa attivare un processo per invertire il degrado di paesaggi, laghi e oceani, rendendo loro possibile riprendere la propria funzionalità ecologica. «In altre parole, per migliorare la produttività e la capacità degli ecosistemi di soddisfare i bisogni della società – argomentano dalla Fao – Ciò può essere fatto consentendo la rigenerazione naturale degli ecosistemi sovra-sfruttati, ad esempio, o piantando alberi e altre piante».

Il Decennio accelererà dunque gli attuali obiettivi di ripristino globale, ad esempio la Bonn Challenge, che mira a ripristinare 350 milioni di ettari di ecosistemi degradati entro il 2030, un’area quasi delle dimensioni dell’India. Al momento 57 paesi, governi subnazionali e organizzazioni private si sono impegnate a restaurare oltre 170 milioni di ettari, e la posta in palio per il traguardo finale è altissima: il recupero di 350 milioni di ettari di terreni degradati tra oggi e il 2030 potrebbe infatti «generare 9.000 miliardi di dollari in servizi eco-sistemici e liberare l’atmosfera di ulteriori 13-26 gigaton di gas serra».