Parte la riforma dell’Iva in Europa, ma l’economia circolare rimane ancora al palo

Un anno e mezzo fa il ministro dell’Ambiente italiano: «Introdurre Iva agevolata al 4% per prodotti riciclati». Poi più nulla

[7 Aprile 2016]

In Europa, complessivamente l’evasione dell’Iva vale qualcosa come 170 miliardi di euro su 1.000 raccolti (il 7% del Pil Ue). È questa, per la precisione, la cifra che – secondo gli ultimi dati in possesso della Commissione Ue, aggiornati al 2013 – separa la differenza tra le entrate Iva previste e quelle effettivamente riscosse negli Stati membri: un ammontare che in Italia pesa in particolar modo. Si tratta di cifre assai piccole se confrontate con quelle  che girano attorno ai grandi capitali, messi da ultimo nel mirino con l’inchiesta Panama papers. Come ricordato dal Manifesto, nei paradisi fiscali secondo il Tax Justice Network si nascondono «tra i 21mila e i 32mila miliardi. Di questi, minimo 7.600 sarebbero di proprietà di soli individui ricchi, quelli principalmente sbugiardati dalle ultime rivelazioni». I 170 miliardi di euro individuati dalla Commissione sono però altrettanto scomodi in quanto vicini. Hanno a che fare col commercio di tutti, dei comuni cittadini.

«Si tratta di un enorme spreco di risorse – ha dichiarato Pierre Moscovici, Commissario per gli Affari economici e finanziari – che potrebbero essere investite per la crescita e l’occupazione. È ora di riappropriarsi di queste risorse. Vorremmo inoltre offrire agli Stati membri maggior autonomia per la definizione delle aliquote Iva ridotte. Il nostro piano d’azione permetterà di ottenere risultati su tutta la linea».

Per ridurre il divario dell’Iva, l’Europa ha preferito muoversi alla radice, e proporre una revisione complessiva dell’imposta sul valore aggiunto. Un piano d’azione presentato oggi, che si muove lungo due pilastri. Il primo rivede l’attuale sistema dell’Iva per il commercio transfrontaliero, entrato in vigore nel 1993 (quando l’e-commerce, ad esempio, praticamente non esisteva) e ormai soggetto a frodi sistematiche – pari a 50 miliardi di euro l’anno – che sfruttano le diverse normative nazionali di riferimento. Il secondo pilastro prevede invece una riforma più generale dell’Iva, che porti a una maggiore autonomia per gli Stati membri nella scelta delle aliquote agevolate. Si tratta di un cambio passo molto importante, potenzialmente decisivo per garantire in Europa maggiore slancio all’economia circolare e al mercato dei beni riciclati. Peccato che quest’aspetto, che arriva al cuore della più volte annunciata riforma fiscale ecologica, non sia oggi mai stato toccato direttamente a Bruxelles.

Per individuare quale via intraprendere, la Commissione chiederà ora al Parlamento europeo e al Consiglio, con il sostegno del Comitato economico e sociale europeo, di fornire un chiaro orientamento politico, per poi presentare in quest’anno e nel prossimo «proposte su tutte le questioni sollevate». L’Italia da che parte sta in questa partita?

Ormai un anno e mezzo fa l’attuale ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, dichiarò chiaramente: «Nei mille giorni che abbiamo davanti mi piacerebbe introdurre l’Iva agevolata al 4% per certi prodotti riciclati». Si tratta di puro buon senso (oltre che una storica proposta della nostra redazione), «semplicemente perché – come è stato ribadito dalla Scuola superiore Sant’Anna di Pisa – se un prodotto è fatto con materiale riciclato, quel prodotto l’Iva l’ha già pagata, e non ha senso fargliela pagare due volte per intero».

Oltre ad una mirata politica industriale sulla rinnovabilità della materia, occorre adoperare (sia per gli scarti produttivi che per quelli post consumo) la stessa leva adoperata per la rinnovabilità dell’energia. Basterebbe azzerare (o ridurre drasticamente) l’Iva per rendere competitiva materia e prodotti derivati da riciclo di materia: sugli incentivi la via più semplice sarebbe proprio quella di agire sull’Iva. Con l’Iva al 5%, o anche al 10%, tutti i prodotti e/o manufatti realizzati con materiale riciclato diventerebbero immediatamente appetibili al consumatore, alle amministrazioni e alle imprese.

Eppure i mille giorni citati da Galletti si stanno avvicinando a chiusura senza esito. Mille giorni erano il tempo che, a settembre 2014, il governo Renzi si era dato per «cambiare alla radice». Mille giorni che scadono tra un anno, a maggio 2017. Da quella dichiarazione estemporanea di Galletti, però, dell’Iva agevolata sui prodotti riciclati non se n’è però saputo più nulla.

L’ipotesi lanciata da Galletti non è rientrata nelle leggi di Stabilità, come pure non si è concretizzata all’interno del Collegato ambientale, che per il riciclo prevede solo sparuti quanto vaghi incentivi. Anche la Commissione europea, nel celebrato pacchetto per l’economia circolare, rimane indietro. Adesso la riforma dell’Iva su tutto il territorio europeo torna a riaprire una possibilità: speriamo che dalla retorica sull’economia circolare si passi finalmente ai fatti.