Tre proposte da Assoambiente e Unicircular per sostenere il riciclo

Pnrr, l’economia circolare cenerentola del Recovery plan italiano?

L’ultima bozza prevede investimenti pari a 1/10 rispetto a quelli stimati come necessari dalle imprese di settore, e soprattutto manca «una precisa visione industriale» del comparto

[11 Gennaio 2021]

In attesa che le carte del Piano nazionale di ripresa e resilienza si scoprano, di bozza in bozza la parte del Pnrr inizia ad assottigliarsi: Fise Assoambiente e Unicircular – associazioni che rappresentano le imprese che raccolgono, gestiscono, riciclano e smaltiscono i rifiuti urbani e speciali – informano che «l’attuale bozza di Pnrr elaborata dal Mef destina al tema “economia circolare e valorizzazione del ciclo dei rifiuti” risorse limitate (1 mld di euro, a quanto risulta) e non individua concreti strumenti economici per l’industrializzazione del settore della gestione dei rifiuti».

E questo pur in un contesto teoricamente favorevole agli investimenti verdi, dato che la bozza del Pnrr ipotizza di destinare il 39% dei finanziamenti europei previsti dal Next Generation Eu alla transizione ecologica. «Siamo ben lontani – spiegano Assoambiente e Unicircular – dai 10 miliardi di euro di investimenti necessari solo per sanare il gap impiantistico del nostro Paese che ci obbliga ogni giorno ad esportare decine di migliaia di tonnellate di rifiuti che potremmo trasformare a livello nazionale in materia riciclata ed energia».

La necessità di investimenti nel settore per 10 miliardi di euro è stata elaborata sin dal 2019 da Assoambiente, ma si tratta di una stima condivisa dato che solo pochi mesi fa anche Utilitalia e Confindustria, insieme alle principali organizzazione sindacali (Cgil, Cisl e Uil) hanno indirizzato al Governo un memorandum contenente la stessa cifra per mettere in sicurezza l’economia circolare italiana entro il 2035, attraverso un’infrastruttura impiantistica adeguata a recuperare e smaltire tutti i rifiuti che produciamo: ovvero 173 milioni di tonnellate l’anno, per gestire le quali possiamo fare sempre meno affidamento sull’export.

Ma il problema sollevato dalle imprese di settore ha a che fare col metodo, oltre che con le risorse stanziate: «Il Piano si limita ad una serie di interventi estemporanei, non coordinati e privi di un chiaro disegno di stimolo, accompagnamento e supporto alla transizione verso modelli di produzione, distribuzione e consumo “circolari”».

Più nel dettaglio, secondo Assoambiente e Unicircular nella bozza di Pnrr «manca il riferimento a una seria programmazione della gestione dei rifiuti con l’individuazione delle tipologie impiantistiche necessarie e dei progetti da realizzare, se si esclude un vago richiamo ad una futura possibile strategia nazionale sull’economia circolare. La bozza è priva di una precisa visione industriale del settore e di ogni indicazione degli strumenti economici da introdurre per rafforzare il mercato del riciclo e del riutilizzo; anche il quadro delle ‘riforme’ di accompagnamento al capitolo economia circolare appare decisamente debole».

Il primo ostacolo da abbattere per realizzare gli impianti industriali necessari a gestire i nostri rifiuti, secondo la gerarchia indicata dall’Ue, è infatti normativo e programmatorio più che economico. Quali sono infatti questi impianti? Da realizzarsi dove? Le imprese di settore hanno idee piuttosto chiare nel merito, ma sta com’è ovvio all’autorità pubblica rilasciare le autorizzazioni ambientali necessarie – sia che si tratti di rifiuti urbani che di speciali – all’interno di una programmazione che sappia valutare con obiettività i flussi di rifiuti generati e le tecnologie disponibili per trattarli.

Sotto questo profilo grandi speranze sono riposte nel Programma nazionale per la gestione dei rifiuti, per il quale il ministero dell’Ambiente ha avviato l’iter a novembre. Dovrà essere pronto in 18 mesi ma da allora non se ne è saputo più nulla, e nel mentre la definizione del Pnrr incalza.

Da dove cominciare, dunque? «Affinché l’economia circolare non rimanga soltanto un titolo accattivante, ma vuoto di contenuti, è necessario – sottolineano Assoambiente e Unicircular – prevedere strumenti che incentivino il mercato, le imprese e i prodotti “circolari” riducendo il differenziale di costi e di prezzi rispetto alle produzioni “lineari” (materie prime vergini)». Tre le proposte messe in campo dalle associazioni: l’applicazione di una aliquota Iva ridotta ai prodotti costituiti (interamente o in parte) da beni certificati riciclati o preparati per il riutilizzo; la concessione di contributi, sotto forma di credito d’imposta, alle imprese che acquistano prodotti certificati riciclati per poterli utilizzare direttamente nei propri cicli di produzione; l’estensione di agevolazioni fiscali alle imprese in possesso di certificazione ISO 14001 al fine di incentivare quei soggetti che investono in sistemi di qualificazione ambientale, con il risultato di sostenere l’imprenditoria più attenta agli impatti sull’ambiente.