Povertà e ingiustizia sociale: il vero fallimento dell’Ue

European Green Deal equo e reddito minimo europeo per uscire dalla crisi meno disuguali

[2 Febbraio 2021]

Dal 25 novembre 2020 al 29 gennaio 2021 Olivier De Schutter, relatore speciale delle Nazioni Unite su povertà estrema e diritti umani, ha effettuato una visita nell’Unione europea per preparare un rapporto  che sarà presentato alla 47esima sessione del Consiglio dei diritti umani, che si terrà a Ginevra a giugno e che includerà le raccomandazioni di De Schutter  alle istituzioni dell’Ue.

Intanto il relatore speciale ha presentato i risultati preliminari in una dichiarazione di fine missione nella quale videnzia che l’incapacità dell’Unione europea di far uscire 20 milioni di persone dalla povertà entro il 2020 è  «una sconfitta per i diritti sociali».

L’Unione europea reasta ancora l’area del mondo con il migliore welfare e con livelli di disuguagliuanza meno accentuati che in altri Paesi sviluppati o emergenti, ma De Schutter ha messo in guardia Commissione europea e i governi dei 27 Paesi membri dell’Ue perché «Non dovrebbero cadere nell’autocompiacimento. Poiché l’Ue ha registrato una crescita economica e occupazionale costante fino a tempi molto recenti, l’unica spiegazione di questo fallimento è che i benefici non sono stati distribuiti in modo uniforme».

Infatti, secondo l’Office of the High Commissioner for Human Rights (OHCHR) nella ricca, avanzata e democratica – anche se non proprio ovunque e sempre –, nel 2019, una persona su cinque ha rischiato la povertà o l’esclusione sociale. In tutta Europa, circa 19,4 milioni di bambini vivono in povertà, mentre 20,4 milioni di lavoratori attivi hanno salari così bassi che sono sull’orlo della povertà, mentre le donne si occupano del 95% delle famiglie monoparentali e sono rappresentate in modo sproporzionato tra i poveri.  Inoltre, la pandemia di Covid-19 ha colpito molti europei che non avevano mai affrontato la povertà prima.

De Schutter  ha raccontato: «Ho parlato con persone che hanno sperimentato la fame per la prima volta, che sono state esposte perché sono senzatetto e che sono discriminate e maltrattate a causa della povertà». Poi ha avvertito che con la seconda ondata di Covid-19 molte aziende drischiano di dichiarare bancarotta, «Con conseguente aumento della disoccupazione».

Secondo l’esperto Onu «L’Ue può svolgere un ruolo importante nello stimolare gli sforzi contro la povertà degli Stati membri, in particolare attraverso le sue raccomandazioni annuali. Ma invece di dare priorità agli investimenti nella sanità, istruzione e protezione sociale, le sue raccomandazioni hanno spesso imposto tagli di bilancio in nome dell’efficienza dei costi. Dal 2009, gli Stati membri hanno solo ridotto i loro investimenti in queste aree critiche per la riduzione della povertà».

Inoltre, ha evidenziato come i Psaesi membri dell’Ue «Competano in una corsa al ribasso abbassando le tasse, i salari e la protezione dei lavoratori per attrarre investitori e migliorare la competitività dei costi esterni». Che poi, in Italia, è la vecchia ricetta neoliberista – flat tax, bassi stipendi, privatizzazione dei servizi essenziali  – riproposta dal centro-destra  e da una parte della ex maggioranza che sosteneva il governo Conte 2 per uscire dalla crisi pre e post Covid-2019.

Invece, l’European Green Deal convince De Schutter, che lo ha definito «Il pezzo mancante»,  perché tenta di coniugare obiettivi ambientali e sociali. Ma fa anche notare che «Finché questa buona intenzione non si tradurrà in azioni concrete, milioni di persone continueranno a lottare per uno standard di vita dignitoso in una società che li lascia indietro».

Nella dichiarazione di fine missione si legge che «Le proposte formulate nella comunicazione di dicembre 2019 di presentazione del Green Deal sono pensate, non solo per accelerare la trasformazione ecologica dell’economia, ma anche per assicurare una transizione giusta e inclusiva: si fa esplicito riferimento in tal senso sia all’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile e il pilastro europeo dei diritti sociali. Nell’ottobre 2020 ho presentato alla 75a sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite raccomandazioni chiave su come conciliare la trasformazione ecologica con l’eliminazione della povertà. In una serie di settori chiave, il Green Deal riesce a combinare gli obiettivi ambientali con la giustizia sociale, l’unica eccezione più importante è il settore della mobilità».

De Schutter  però ribadisce che «Questa valutazione positiva, tuttavia, non dovrebbe offuscare il fatto che, fintanto che lo status dei diritti sociali non viene rafforzato, anche nelle valutazioni d’impatto che accompagnano le proposte legislative o politiche che attuano il Green Deal, le persone in povertà rimarranno a rischio di avere i loro diritti – alla salute, a un alloggio adeguato oa un tenore di vita dignitoso – violati, spesso senza una possibilità realistica di cercare un rimedio. Inoltre, sebbene includa riferimenti agli obiettivi sociali dell’Ue, il Green Deal non sostituisce una strategia per l’eliminazione della povertà, intesa come una tempistica pluriennale che stabilisce le misure da adottare e attribuisce le responsabilità, insieme a indicatori che consentono di monitorare i progressi verso obiettivi».

E il  relatore speciale dell’Onu fa notare  che, nonostante tutte le sue ambizioni, L’European Green Deal «Non mette in discussione il quadro di politica macroeconomica in cui opera l’Ue, nonostante i grandi dilemmi che impone: in assenza di un ripensamento più fondamentale degli impatti di esclusione dell’economia (in particolare del lavoro e dei mercati immobiliari), la riduzione della povertà continua a dipendere dalla crescita, che crea una tensione sia tra obiettivi sociali e ambientali (compreso il raggiungimento della climate neutrality  entro il 2050), sia all’interno della stessa governance socioeconomica dell’Ue, tra l’obiettivo del consolidamento fiscale da un lato e stimolando la crescita del PIL dall’altro. Per sfuggire a questi dilemmi, è urgente riorientare gli sforzi sulla riduzione delle disuguaglianze e sulla creazione delle condizioni di un’economia inclusiva, che assicuri veramente pari opportunità per tutti».

Per De Schutter, «E’questo quadro politico macroeconomico che è ora sotto esame. Questo è, in questo senso, un momento di opportunità. L’attuale crisi, con un calo previsto del 7% del PIL dell’Ue nel 2020, rende ancora più urgente riequilibrare la governance socioeconomica nell’Ue al fine di rafforzare la sua dimensione sociale e progettare strumenti per ridurre l’eradicazione della povertà dipendente dalla crescita. La costituzione dell’Unione europea, tuttavia, non rende l’Ue adatta allo scopo di combattere la povertà. La ridefinizione del kit di strumenti di governance socioeconomica dell’Ue a seguito della pandemia di Covid-19 fornisce solo una risposta molto provvisoria e parziale alle sfide strutturali che l’Ue deve affrontare. Preparare il futuro è quindi più essenziale che mai».

De Schutter vede quindi l’attuale crisi come un’opportunità per l’Europa di reinventarsi mettendo al centro la giustizia sociale, con adeguati regimi di reddito minimo e maggiori tutele per ogni bambino a rischio di povertà, perché «Ai bambinio nati in povertà viene inflitta una condanna per un crimine che lei o lui non hanno commesso, ed è una condanna a vita».

L’esperto Onu ha sottolineato che è importante realizzare  il piano d’azione della Commissione europea per attuare il pilastro europeo dei diritti sociali, che dovrebbe essere svelato nelle prossime settimane, per fissare obiettivi di riduzione della povertà in tutta l’Ue.

De Schutter conclude tornando alla necessità di istituire un reddito minimo: «Mentre le politiche attive del lavoro sono uno strumento importante per promuovere un’inclusione efficace e mentre i servizi sociali possono svolgere un ruolo importante nel riportare le persone al lavoro, l’imposizione di condizionalità nell’accesso al reddito minimo è tanto dannosa quanto inefficace. Nel tentativo di alleviare i timori politici di una dipendenza cronica dall’assistenza sociale, tali condizionalità possono finire per portare a tassi più elevati di mancata adesione e ad aggravare la trappola della povertà. La direttiva quadro sui regimi di reddito minimo dovrebbe stabilire una serie di caratteristiche comuni a cui tutti i Paesi dell’Ue devono attenersi, inclusa la partecipazione della società civile, delle parti sociali e delle persone con esperienza diretta di povertà nella progettazione di tali sistemi; trasparenza nei bilanci e nell’esecuzione degli Stati membri; compatibilità con il lavoro per prevenire la povertà lavorativa; non regresso; meccanismi di responsabilità in modo che gli individui possano richiedere i benefici a cui hanno diritto. Dovrebbe identificare gli ostacoli alla fruizione dei benefici e rimuovere tali ostacoli per garantire un accesso effettivo, prestando particolare attenzione ai senzatetto che devono affrontare molteplici ostacoli nell’esercizio dei loro diritti».