Steiner: «I costi dell’inazione sono 5-10 volte superiori agli investimenti necessari»

Rifiuti, basta ai paradossi italiani. Unep e Iswa: «Serve approccio olistico»

Giusto il dibattito sui termovalorizzatori, ma i problemi vanno affrontati a monte

[7 Settembre 2015]

Con una mobilitazione indetta da oggi fino a mercoledì, i rifiuti tornano a scaldare il dibattito nazionale, contrapponendo il governo a quanti contestano la prevista realizzazione di 12 nuovi termovalorizzatori. Il 9 settembre il decreto legislativo che contiene il piano dei nuovi impianti previsto dall’art. 35 dello Sblocca Italia dovrà essere discusso dalla Conferenza Stato-Regioni, e il fronte del no vede una partecipazione trasversale composta da molti ambientalisti, comitati, anche amministratori.

Una compagine variegata quanto esasperata da un atteggiamento del governo Renzi generalmente molto lontano da politiche che possano dirsi sostenibili. Stando così le cose, può essere utile allargare l’orizzonte di riferimento. Curiosamente, negli stessi giorni della mobilitazione italiana, la città belga di Anversa (tre anni fa toccò a Firenze) ospita il congresso mondiale 2015 dell’Iswa, l’Associazione internazionale rifiuti solidi (International solid waste association). Con l’occasione è stato reso pubblico il nuovo Global waste management out look (disponibile qui: http://goo.gl/XY6xNx), definito da David Newman – il presidente dell’Iswa – un «lavoro monumentale». A comporlo sono stati membri dell’Associazione, numerosi accademici indipendenti e membri dell’Unep, il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente.

Il risultato è un corposo rapporto di oltre 300 pagine, che fa dell’approccio laico alla gestione dei rifiuti il suo punto di forza. All’interno del contesto italiano il dibattito è diviso da una frattura profonda, che generalmente divide gli i tifosi della raccolta differenziata da quelli dell’incenerimento. Con il risultato che a rimetterci le penne è ciò che dovrebbe stare nel mezzo, ovvero il riciclo.

L’approccio suggerito nel rapporto Iswa, utile anche al contesto italiano, è invece dichiaratamente «olistico». La relazione incoraggia un cambiamento nel modo di pensare dei rifiuti, da minaccia all’ambiente e alla salute verso un  «concetto più ampio di gestione delle risorse».

La gestione dei rifiuti è un business, ma anche «un servizio pubblico (e un ‘bene pubblico’)», definizione che implica come nel caso della gestione dei rifiuti i confini tra beni pubblici e beni privati ​​siano sfocati, ma entrambi centrali. «La gestione dei rifiuti – si legge nel rapporto – è un tema trasversale, che incide su molti aspetti della società e dell’economia. Ha forti collegamenti con una serie di altre sfide globali come la salute, i cambiamenti climatici, la riduzione della povertà, la sicurezza alimentare e delle risorse, la produzione e il consumo sostenibili».

Un tema complesso, verso il quale la tentazione di offrire soluzioni semplicistiche cresce insieme alla quantità di rifiuti da gestire. Nel rapporto Iswa si tengono insieme dimensioni diverse, talvolta percepite come opposti. Dall’approccio “rifiuti zero” (definito uno «slogan accattivante» nel testo, quando la tendenza realisticamente percorribile rimane quella dei “rifiuti zero… in discarica”) alla termovalorizzazione, assicurando che «riciclo e recupero di energia sono compatibili» in quanto «ci sono limiti al riciclaggio, e a quel punto il recupero d’energia deve essere considerato». Dal riciclo stesso, in quanto processo industriale, esitano scarti che non possiamo ignorare.

Da questa prospettiva il problema centrale non può dunque essere un sì o un no a nuovi inceneritori, ma la centralità del recupero delle risorse dalla gestione dei rifiuti. La gerarchia da rispettare è chiara: ridurre, riusare, riciclare, recuperare energia. E per quel che rimane, ovvero il minimo possibile, la discarica. L’azione di governo, in Italia, muove in questa direzione? No. A oggi i costi di conferimento rifiuti in discarica sono minori rispetto a quelli per impianti di termovalorizzazione, i quali a loro volta godono di incentivi che sono invece negati ai materiali provenienti da riciclo. Un paradosso che raggiunge l’apice nell’ostinazione con cui si rattoppano politiche di gestione dei rifiuti una dopo l’altra, tutte scoordinate dalla gestione delle risorse naturali a monte. Il caos è tale non esiste neanche un sistema di calcolo omogeneo per questi elementi. Non a caso «la qualità e la disponibilità dei dati legati ai rifiuti» è uno degli elementi critici evidenziati dall’Iswa.

Nonostante queste vaste e numerose lacune, il Global waste management out look è però utile anche per riportare il caso italiano ed europeo su scala globale. Ogni anno le città di tutto il mondo producono qualcosa come 10 miliardi di tonnellate di rifiuti, e come già sapevamo da precedenti studi il 40% della spazzatura viene smaltito con metodi non lontani da quelli della Terra dei fuochi.

«Una gestione dei rifiuti olistica potrebbe permettere di risparmiare miliardi di dollari e tagliare le emissioni di gas serra fino al 20% all’anno», si legge nel rapporto. Al contrario, sottolinea il direttore esecutivo dell’Unep, Achim Steiner, «i costi dell’inazione sono 5-10 volte superiori agli investimenti necessari per una corretta gestione dei rifiuti». Un contesto denso di problemi ma anche di opportunità, nel quale l’Italia può e deve dare risposte concrete, nel segno della razionalità.