Rifiuti, cosa cambia in Toscana dopo la sentenza della Consulta su Regione e Province

Sono tornate alla competenza di Province e Città metropolitana alcune funzioni a suo tempo trasferite alla Regione: il punto in Consiglio regionale dell’assessore Bugli

[26 Giugno 2019]

Nelle scorse settimane la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo l’articolo 2 della legge regionale 3 marzo 2015, n. 22, dedicata al riordino delle funzioni delle province in materia ambientale: una sentenza che trova origine nel procedimento avviato dalla Provincia di Grosseto e che adesso si teme possa arrecare ulteriori problemi alla filiera di gestione dei rifiuti, già oggi gravata da un contesto normativo instabile su tutto il territorio nazionale. Per fare chiarezza sulle conseguenze l’assessore Vittorio Bugli (nella foto, ndrè intervenuto oggi nel Consiglio regionale della Toscana, rispondendo alla richiesta avanzata dal portavoce dell’opposizione, Jacopo Alberti (Lega).

Per effetto della sentenza, sono tornate alla competenza di Province e Città metropolitana alcune funzioni a suo tempo trasferite alla Regione, ovvero quelle di «controllo periodico su tutte le attività di gestione, di intermediazione e di commercio dei rifiuti e accertamento delle relative violazioni» e la funzione di «verifica e controllo dei requisiti previsti per l’applicazione delle procedure semplificate in materia ambientale». Complessivamente, sottolineano dal Consiglio regionale, i procedimenti ‘ereditati’ dalla Regione, cioè in corso al 1 gennaio 2016, e quindi attivati da allora fino al giugno 2019, sono pari a 16mila 312, e soltanto l’1,5% è impattato dalla sentenza della Corte.

Ma in concreto, adesso quali saranno gli effetti del pronunciamento da parte della Consulta? Secondo l’assessore Bugli l’impatto più significativo tra le attività in corso riguarda il tema delle sanzioni in materia di rifiuti e veicoli abbandonati, che «non sono più di competenza della Regione dal 30 maggio 2019». Per quanto riguarda invece il quadro organizzativo, fin dal gennaio 2016 ciascuna Direzione gestisce il regime sanzionatorio relativo alle proprie competenze, precisando che «nel processo di identificazione del personale provinciale da trasferire» lo svolgimento di attività sanzionatoria in materia di rifiuti “non emerse in modo autonomo, cosicché non risultò identificato il personale trasferito a questo titolo».  Per quanto riguarda il numero di addetti che risultano trasferiti alla Regione per lo svolgimento delle due funzioni  che sono tornate alle Province e alla Città metropolitana dal 30 maggio 2019, Bugli ha dunque confermato «che non risultano unità di personale trasferite».

Per quanto riguarda invece le «autorizzazioni semplificate» in materia di rifiuti, altro aspetto impattato dalla sentenza, secondo Bugli si tratta di «procedimenti qualitativamente limitati» di attività di recupero di rifiuti pericolosi e non pericolosi in deroga alla legge all’autorizzazione all’esercizio di una attività di recupero dei rifiuti prevista in via ordinaria (autorizzazione in capo alla Regione e che resta tale, affermano dal Consiglio).

In ogni caso, per far fronte alle conseguenze della sentenza, con decreto della Giunta regionale dello scorso 3 giugno si è dato mandato alle Direzioni regionali competenti di avviare un confronto con province e Città metropolitana per definire le modalità di trasferimento; l’Upi intanto, a seguito di un incontro del 20 giugno, ha chiesto di potersi avvalere della Regione per un periodo transitorio, per lo svolgimento delle pratiche relative alle autorizzazioni semplificate in materia di rifiuti.