Rifiuti, ecco come cambierà l’Accordo quadro Anci Conai secondo il ministro Costa

Si tratta dello strumento nato per garantire la copertura dei maggiori oneri sostenuti per fare la raccolta differenziata degli imballaggi: il nuovo Accordo è previsto entro fine anno

[31 Luglio 2019]

Il nuovo Accordo quadro Anci Conai, che rappresenta lo strumento nato per garantire ai Comuni, attraverso il sistema dei Consorzi di filiera, la copertura dei maggiori oneri sostenuti per fare le raccolte differenziate dei rifiuti di imballaggi (perché fare la raccolta differenziata costa) sarà «sottoscritto entro fine anno per superare le attuali criticità». L’annuncio del ministro Sergio Costa arriva dopo che nei giorni scorsi l’Accordo in vigore a partire dal 2014 è stato ulteriormente prorogato fino al 31 dicembre 2019.

«Oggi è in via di definizione il nuovo Accordo – ha affermato Costa – nel quale verranno rafforzati i principi basilari e introdotti ulteriori criteri, anche stimolati dal mio dicastero, quali la valorizzazione di modalità di gestione locali particolarmente efficaci ed efficienti, per individuare modelli replicabili sull’intero territorio nazionale, una maggiore attenzione ai concetti di trasparenza e di tracciabilità dei flussi di rifiuti di imballaggio, anche verificando il bilancio di materia in ingresso ed in uscita dagli impianti».

Per quanto riguarda le criticità nell’attuale sistema di gestione dei rifiuti, in riferimento alla macro-area del centrosud il ministro ha sottolineato che queste riguardano in particolare «le attività di raccolta differenziata nelle grandi città metropolitane, ma siano in parte dovute anche alla sfiducia dei cittadini in merito al sistema della raccolta differenziata, che necessita di una più incisiva informazione sulle modalità di funzionamento. Occorre inoltre superare le difficoltà legate alla chiusura delle frontiere adottata dal mercato cinese, che ha causato un blocco dell’esportazione dei rifiuti di imballaggio» e dunque gravi difficoltà per la gestione di questi rifiuti nel mercato italiano, dove non sono presenti sufficienti impianti industriali per (nell’ordine) avviarli a riciclo, a recupero energetico o smaltimento.

Nonostante i rifiuti da imballaggio rappresentino solo il 7,7% di tutte le 168,5 milioni di tonnellate di rifiuti prodotte in un anno (2017) nel nostro Paese, la loro gestione è di ampio interesse pubblico in quanto protagonista (insieme all’organico, un altro 7% circa) della raccolta differenziata portata avanti ogni giorno dai cittadini: nel 2017 delle 13.065 tonnellate di imballaggi immesse al consumo 8.819 sono state avviate a riciclo, 1.377 valorizzate energeticamente e 2.869 smaltite.

Si tratta di passaggi che mirano a gestire in modo ambientalmente virtuoso i nostri rifiuti, oltre a recuperare energia e soprattutto materiali preziosi – nel 2017 è stato evitato il consumo di circa 3,8 milioni di tonnellate di materia prima e l’immissione di 3,7 milioni di tonnellate di CO2eq –, ma  hanno un costo non indifferente. Per ogni imballaggio immesso nel mercato il produttore versa al Conai il contributo Cac, complessivamente pari a 524 milioni di euro nel 2017 (ai quali si aggiungono 288 milioni di euro dalla vendita dei materiali e 36 mln da altri ricavi), che dovrebbero essere destinato a coprire i costi di raccolta sostenuti dai Comuni e dunque dai cittadini. Ma di fatto secondo l’indagine condotta dall’AgCom nel 2014 «il finanziamento da parte dei produttori (attraverso il sistema Conai) dei costi della raccolta differenziata non supera il 20% del totale, laddove invece, dovrebbe essere per intero a loro carico».

«Ritengo basilare che il Conai si adoperi, in linea con le intenzioni del legislatore europeo, affinché i maggiori oneri sostengano gli interi costi della raccolta – osserva al proposito Costa – e di conseguenza l’Anci si impegni in maniera uniforme sul territorio nazionale ad incrementare gli standard qualitativi della stessa. Si potrebbe così ipotizzare, a fronte di maggiori corrispettivi riconosciuti dal sistema consortile ai Comuni, una diminuzione della tariffa rifiuti (Tari), al fine di attenuare la pressione fiscale dell’ente locale sui cittadini». Un’operazione a dire il vero assai difficile dato che l’incremento della raccolta differenziata specialmente porta a porta, richiedendo servizi più complessi, comporta anche costi crescenti: del resto tenere pulita casa propria costa, e lo stesso la propria città.

Secondo il ministro Costa l’Accordo Anci Conai rappresenta in ogni caso «uno strumento indispensabile nel quale devono essere previste specifiche misure volte al progressivo riequilibrio tra le diverse aree del territorio, che includa maggiori investimenti soprattutto nelle aree del Mezzogiorno e in quelle Regioni dove si manifestano rilevanti difficoltà dovute sia ad una raccolta insufficiente ovvero di scarsa qualità sia all’assenza di adeguate infrastrutture relative alla selezione e al riciclaggio. Auspico, inoltre, una nuova visione del concetto dei cosiddetti ‘maggiori oneri’ in linea con la nuova legislazione europea che diversifichi la portata economica per le varie filiere e premi quei Comuni convenzionati che decideranno di intraprendere azioni sempre più virtuose finalizzate ad intercettare i materiali divenuti rifiuti».

Tra le novità, anticipano dal ministero dell’Ambiente, il nuovo Accordo quadro dovrebbe inoltre includere un operatore affacciatosi da poco sul mercato, il consorzio Coripet, che si occupa della gestione autonoma e diretta di rifiuti primari derivanti da contenitori in Pet per liquidi alimentari: una frazione molto pregiata degli imballaggi in plastica, e dunque un passaggio che rischia però mettere in crisi il resto del sistema che si accolla anche i rifiuti da imballaggio più difficili da gestire (e da riciclare).

L. A.