Rifiuti, la Corte di giustizia Ue condanna (di nuovo) l’Italia: 44 discariche non a norma

Ciafani (Legambiente): «Non ci stupisce. Se non si interviene al più presto con le bonifiche il rischio è di incorrere in nuove salate multe»

[21 Marzo 2019]

L’Italia è venuta meno agli obblighi derivanti dalla direttiva europea sulle discariche di rifiuti, e per questo la Corte di giustizia Ue condanna oggi (di nuovo) il nostro Paese: nella sua sentenza, la Corte constata infatti che l’Italia non ha adempiuto agli obblighi risultanti dalla direttiva relativamente a 44 discariche.

Tutto parte nel 2012, quando la Commissione ha inviato una lettera di diffida all’Italia, contestandole la presenza nel suo territorio di 102 discariche operanti in violazione della direttiva 1999/31; una procedura che riguarda i cosiddetti obblighi di completamento, ossia l’esecuzione dei provvedimenti che lo Stato ha già adottato per una determinata discarica. Tali obblighi di completamento consistono, a seconda del sito interessato, nel porre in essere tutte le misure necessarie alla chiusura definitiva oppure, ove la discarica sia stata autorizzata a continuare a funzionare, nell’adozione delle misure necessarie a renderla conforme alla direttiva. A 7 anni di distanza dall’inizio del procedimento, però, ancora oggi l’Italia non ha ancora reso conformi alla direttiva (o proceduto alla loro chiusura) 44 discariche delle 102 iniziale, arrivando così alla condanna Ue.

«La condanna non ci stupisce – commenta il presidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani – Se non si interviene al più presto con le bonifiche il rischio è di incorrere in nuove salate multe come già avvenuto per altre discariche abusive, i depuratori mancanti e l’emergenza rifiuti campana. Per questo chiediamo di inserire anche questi siti, al centro della nuova condanna Ue, sotto la competenza del Commissario di Governo per la bonifica, prima che a pagare lo scotto per queste inadempienze saranno poi i cittadini. Il Paese deve recuperare i ritardi e archiviare, al più presto e in maniera definitiva, la stagione degli impianti di smaltimento. La soluzione sta nello sviluppo dell’economia circolare, un’economia che fa bene all’ambiente, alla salute e al bilancio dello Stato. A chiedercelo è in primis l’Europa con il pacchetto di direttive da recepire entro luglio 2020».

È però bene precisare che tale pacchetto normativo (che riguarda purtroppo soltanto i rifiuti urbani) non prevede il completo abbandono della discarica, ma colloca questo tipo d’impianti al giusto posto nella gerarchia della gestione dei rifiuti: quello residuale. La quota di rifiuti urbani da destinare a questa forma di smaltimento non dovrà infatti eccedere il 10% entro il 2035: : si tratta di un obiettivo dal quale l’Italia è ancora lontana, avendo conferito in discarica (dati 2016) circa il 25% dei propri rifiuti urbani, anche se già nel 2014 paesi come Austria, Belgio, Danimarca, Germania, Olanda e Svezia non hanno inviato praticamente alcun rifiuto (urbano) in discarica, privilegiando il riciclo e il recupero energetico. Senza impianti industriali adeguati allo scopo, infatti, è impensabile qualsiasi forma di economia circolare.

Anche secondo Ciafani per arrivare «a rifiuti zero negli impianti di smaltimento – conclude Ciafani – occorre realizzare in Italia mille impianti di riciclo, a partire dal centro sud, iniziando dal trattamento della frazione organica attraverso il compostaggio e la digestione anaerobica con produzione di biometano da immettere in rete o usare come carburante. Queste sono alcune delle opere pubbliche utili all’Italia di cui non si parla mai, ma che sono fondamentali da realizzare per la tutela dell’ambiente e dell’economia virtuosa». Con una precisazione d’obbligo: anche gli impianti finalizzati al riciclo producono a loro volta rifiuti, come in ogni processo industriale, che a loro volta dovranno essere gestiti e/o smaltiti. Non si tratta di una quota da poco: come tiene a sottolineare l’Unirima (Unione nazionale imprese recupero e riciclo maceri) i rifiuti ricadenti nel capitolo 19 del Catalogo europeo dei rifiuti (Cer) rappresentano proprio i “rifiuti prodotti dal trattamento dei rifiuti”, che in Italia «sono pari a 37.683.868 tonnellate e comprendono anche quelli provenienti dal trattamento dei rifiuti urbani».