Assoambiente: «Urgente una Strategia nazionale chiara e coerente sui rifiuti»

Tornano a crescere i rifiuti urbani prodotti in Italia, Ispra: mancano gli impianti per gestirli

«Vi sono regioni in cui il quadro impiantistico è molto carente o del tutto inadeguato». E l’export segna +31% in un anno

[10 Dicembre 2019]

I rifiuti urbani sono una frazione minoritaria (circa il 18%) di tutti quelli prodotti nel nostro Paese, ma rappresentano un problema particolarmente visibile in quanto provengono in primis dalle nostre case, e la loro gestione rientra nell’ambito dei servizi pubblici essenziali. Per questo i dati pubblicati oggi dall’Ispra nell’edizione 2019 del rapporto sulla produzione, la raccolta differenziata e la gestione dei rifiuti urbani è particolarmente interessante: mostra che la loro produzione (+2% nel 2018 sul 2017) cresce a velocità più che doppia rispetto a quella del Pil (+0,8%), e che in Italia non ci sono abbastanza impianti per gestirla secondo logica di sostenibilità e prossimità.

Più nel dettaglio, dopo un quinquennio di sostanziale stabilità della produzione, i rifiuti urbani prodotti nel 2018 sono arrivati a sfiorare le 30,2 milioni di tonnellate; nello stesso periodo la raccolta differenziata è cresciuta del +2,6% fermandosi così al 58,1%. E dopo? I dati Ispra mostrano che l’avvio a riciclo riguarda il 49% dei rifiuti urbani prodotti (suddiviso in un 21% è di recupero di materia dalla frazione organica e dal 28% dal recupero delle altre frazioni merceologiche), in crescita del 2% rispetto all’anno precedente. Dati da leggere alla luce del fatto che il «nuovo pacchetto sull’economia circolare ha alzato l’asticella sul riciclaggio. Se la direttiva 2008/98 aveva fissato un target del 50% entro il 2020 per quella che si definisce “preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti urbani”, le nuove direttive hanno innalzato il target al 55% nel 2025, al 60% nel 2030, al 65% nel 2035».

Lo smaltimento in discarica ha interessato invece 6,5 milioni di tonnellate di rifiuti urbani (-6,4%), ovvero il 22% del totale, mentre il 18% dei rifiuti urbani prodotti è incenerito (5,6 milioni di tonnellate, +5,8% rispetto al 2017).

Risulta significativo inoltre l’incremento delle esportazioni (comunque ferme all’1,5% dei rifiuti urbani prodotti), aumentato del 31% rispetto al 2017. Un dato che riflette la strutturale carenza d’impianti per la gestione dei rifiuti e la loro diseguale collocazione sul territorio nazionale, come denunciato da think tank e imprese di settore e sottolineato oggi anche dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale.

Nel 2018 sono risultati operativi 646 impianti di gestione dei rifiuti urbani: 339 dedicati al trattamento della frazione organica, 131 per il trattamento intermedio di tipo meccanico o meccanico biologico dei rifiuti, 127 discariche, 38 impianti di incenerimento (il 68% al nord) e 11 impianti di coincenerimento.

Un contesto nel quale l’Ispra evidenzia che «vi sono regioni in cui il quadro impiantistico è molto carente o del tutto inadeguato; è il caso della Sicilia, dove i rifiuti urbani smaltiti in discarica rappresentano ancora il 69% del totale dei rifiuti prodotti, ma anche del Lazio e della Campania, che non riescono a chiudere il ciclo all’interno del territorio regionale». Anche perché l’analisi dei dati limitata al solo ambito regionale, in molti casi, può «essere fuorviante» se si considera che «frequentemente i rifiuti prodotti dagli impianti di trattamento meccanico biologico», che hanno trattato 10,6 milioni di tonnellate di rifiuti nel 2018, vengono inceneriti, smaltiti in discarica o recuperati in impianti localizzati fuori regione.

Un discorso analogo a quello per il trattamento della frazione organica in impianti di compostaggio: «Non tutte le regioni – riporta ancora l’Ispra – dispongono di un parco impiantistico adeguato ai quantitativi dei rifiuti prodotti, soprattutto riguardo alla frazione organica selezionata che deve, conseguentemente, trovare una collocazione in impianti localizzati in regioni diverse da quelle in cui viene prodotta». In barba all’art. 182-bis del d.lgs. n. 152/2006 che prevede la realizzazione dell’autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani attraverso la realizzazione di una rete impiantistica integrata nell’ambito territoriale ottimale.

«I dati Ispra – commenta il presidente Fise Assoambiente, Chicco Testaconfermano l’urgenza di una Strategia nazionale chiara e coerente sui rifiuti, per mettere in sicurezza tutte le filiere del riciclo con gli impianti necessari e le politiche di sostegno appropriate e per superare il deficit impiantistico in termini di impianti di incenerimento e discariche, e superare lo squilibrio nella localizzazione».