Una mobilità a misura di Tpl e bicicletta per la Firenze della “fase 2”

Fiab: «Rischio concreto di un massiccio ricorso del mezzo privato a motore con conseguenze disastrose su traffico e inquinamento»

[17 Aprile 2020]

Affrontare la famosa (e per ora assai fumosa) “fase 2” della pandemia da coronavirus in corso comporterà un approccio molto diverso alla mobilità rispetto a quello abituale:  come ci si potrà tornare a muovere garantendo il distanziamento sociale e limitando contemporaneamente il ricorso smodato ad auto, moto e scooter? Il ricorso massiccio ai mezzi privati dotati di motore a combustione rappresenta la più banale ma anche la più insostenibile risposta alla sfida che abbiamo di fronte.

Come osservano dalla Federazione italiana ambiente e bicicletta (Fiab), l’abbandono del trasporto pubblico locale in favore del mezzo privato a motore è un rischio reale le cui conseguenze potrebbero rivelarsi disastrose sia a livello di congestione del traffico che di implicazioni gravi per la salute dei cittadini, guardando all’inquinamento dell’aria come a quello acustico ma anche agli incidenti stradali. Che fare?

Il trasporto pubblico locale necessita di un sostegno diretto da parte delle istituzioni, perché garantisce servizi essenziali alla cittadinanza che un eventuale fallimento da parte dei gestori manderebbe a gambe all’aria. Al contempo, una maggiore integrazione con mezzi privati e sostenibili come la bicicletta può dare risposte utili sia all’ambiente sia all’emergenza sanitaria da Covid-19.

«Alcuni interventi – spiega Tiziano Carducci, vice presidente dell’area tecnica di FIAB Firenze Ciclabile –  devono e possono essere realizzati subito al fine di incentivare il maggior numero di persone a lasciare a casa auto e scooter quando ci sarà la ripartenza. Tra questi cito a titolo di esempio una rete d’emergenza per la mobilità attiva (ciclabilità e pedonalità), una gestione responsabile delle ZTL e della sosta, maggiori investimenti per il bike sharing, incrementandone la diffusione, la manutenzione e gli incentivi per residenti e pendolari».

In quest’ottica numerose associazioni hanno unito gli sforzi sottoponendo alle istituzioni nazionali un documento con sette proposte per una mobilità sostenibile post emergenza Covid-19, naturalmente da approfondire e declinare nei vari contesti locali.

«Considerando il rischio concreto di un massiccio ricorso del mezzo privato a motore e le conseguenze disastrose che questo avrebbe su traffico e inquinamento nella nostra città – aggiunge Polverini, presidente di FIAB Firenze Ciclabile – abbiamo richiesto un confronto immediato col Sindaco e con l’Assessore alla Mobilità per condividere alcuni suggerimenti che riteniamo essenziali in vista della ripartenza. Dall’attuazione immediata del contributo per il bike2work alla sperimentazione dei sensi unici eccetto bici e delle zone30 ad alta ciclabilità e pedonalità. Fondamentale sarà poi la comunicazione: per questo abbiamo sollecitato l’Amministrazione anche sul fronte di campagne comunicative nel brevissimo periodo per spingere le persone a lasciare a casa auto e scooter e a preferire la bici per gli spostamenti urbani, ricordando anche che la Regione ha riaperto il bando per il bonus bici. C’è infine il nodo fondamentale dei progetti già in programma (dalla Bicipolitana ai finanziamenti PON-Metro) che necessitano, ora più che mai, di un deciso impulso nella realizzazione con priorità assoluta La bicicletta non sarà la soluzione a tutti i problemi ma sicuramente rappresenta uno strumento fondamentale, oltre che di mobilità,  anche per quanto riguarda la salute personale e collettiva».

Le misure di distanziamento sociale introdotte dall’emergenza coronavirus hanno fatto crollare anche a Firenze, in queste settimane, sia il traffico sia le concentrazioni di inquinamento atmosferico da NO2; di per sé non rappresenta un fenomeno positivo viste le contingenze, ma è comunque in grado di mostrare chiaramente come la qualità dell’ambiente in cui viviamo dipenda dalle azioni umani. Adesso è giunto il momento di dimostrare che non è necessario soffrire un’emergenza sanitaria per ridurre il nostro impatto ambientale.