Una vicenda annosa che blocca un impianto verde per ragioni solamente burocratiche

Altro giro altro calcio alle rinnovabili: tocca all’impianto idroelettrico sul Liscia

La Regione Sardegna ha proposto un ulteriore ricorso alle Sezioni Unite della Cassazione e addirittura alla Corte di Giustizia Europea

[21 Luglio 2020]

Solo ieri sottolineavamo come la burocrazia in Italia uccida il buono e il cattivo, colpendo in modo spesso incomprensibile persino gli impianti di energie rinnovabili. Ultimo buon (mal) esempio arriva dalla Sardegna, con una vicenda che ha dell’incredibile visto che si consuma tutta nelle aule dei tribunali e nulla pare incastrarci una seppur vaga problematica ambientale. Stiamo parlando della diga sul Liscia, progettata per una futura centrale idroelettrica – che è a tutti gli effetti considerata energia rinnovabile – che da anni non si riesce a realizzare.

A risollevare la questione è il Consorzio di bonifica della Gallura e finanziata dal Ministero Politiche Agricole Alimentari e Forestali che quella diga l’ho progettata. E che oggi interviene così: “non c’è fine all’infinito e paradossale accanimento giudiziario della Regione Sardegna per bloccare la centrale idroelettrica del Liscia: dopo sei anni di ricorsi persi, nonché la sentenza della Corte di  Cassazione a Sezioni Unite e le reiterate sentenze del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, la Regione ha proposto, il 25 Giugno scorso, ulteriore ricorso alle Sezioni Unite della Cassazione e addirittura alla Corte di Giustizia Europea”.

“E’ una vicenda incredibile – commenta Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI) –  che oggi, in piena crisi economica  aggravata dall’emergenza Covid-19, costringe il Consorzio di bonifica della Gallura a dover varcare, ancora una volta, le porte dei tribunali con il rischio di congelare il progetto per altri anni.”

La centrale idroelettrica (i lavori si potrebbero effettuare in sei mesi) produrrebbe, ogni anno, 2.678.000 kilowattora, con un introito – spiega il Consorzio in una nota dove pubblica anche l’iter della vicenda che va avanti a colpi di atti amministrativi – di 600.000 euro  e la mancata emissione di 1.339.065 kilogrammi di anidride carbonica; la nuova struttura  dovrebbe essere realizzata in località Calamaiu, sul canale adduttore irriguo.

Le risorse stanziate dal Governo  ammontavano inizialmente al 30% del totale,  ma ora esiste la possibilità del 100% di finanziamento su un progetto complessivo di 2.300.000 euro.

L’investimento  prevedeva un tempo di rientro in 10 anni ed avrebbe già permesso un risparmio per le casse regionali, dal 2013 ad oggi, di 2.200.000 euro, poiché la produzione di energia per autoconsumo, avrebbe azzerato la spesa energetica dell’ente consortile, per altro a carico della Regione; ciò avrebbe comportato un beneficio economico anche ai consorziati, quantificato in un paio di milioni di euro.

La possibilità che un Consorzio di bonifica possa produrre energia elettrica da fonti rinnovabili per soddisfare le proprie esigenze è prevista dalla Legge Regionale 6/2008; per questo, l’ente consortile della Gallura ritenne opportuno partecipare ad un bando nazionale del Mi.P.A.A.F. per dotarsi di un impianto “green” a servizio di un territorio a forte vocazione agricola.

Succede però  che, a far data dall’ottenimento del finanziamento, Regione Sardegna, che agisce anche nell’interesse dell’Autorità di Bacino e del Comitato Istituzionale dell’Autorità di Bacino, nega l’autorizzazione alla costruzione, avviando una guerra giudiziaria assieme ad ENAS – Ente Acque della Sardegna.

“Un’incomprensibile  vicenda a colpi di ricorsi e che non trova giustificazione alcuna – commenta il Presidente del Consorzio di bonifica della Gallura, Marco Marrone – L’accanimento, con cui la Regione si oppone alla realizzazione della centrale, oltre ad allungare inutilmente i tempi, sta provocando un ingente danno economico agli agricoltori ed al Consorzio di bonifica, costretto a promuovere un’azione giudiziale di risarcimento danni per non aver potuto abbattere i costi di distribuzione irrigua.”

“Questo – aggiunge Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI – nonostante ben due pronunciamenti del Tribunale preposto e altrettanti rigetti in Cassazione. La domanda è d’obbligo: cui prodest?” Vi sono estremi del danno erariale?

Il Consorzio di bonifica  lancia pertanto un appello al Presidente della Regione, Christian Solinas, per una soluzione bonaria, affinché si possa realizzare un’opera in linea con quanto già in essere nel resto d’Italia, dove gli enti consorziali, oltre ad avere funzioni gestionali maggiori, producono energia da fonti rinnovabili e non gravano sulle casse regionali.