Terza edizione di “100 Italian E-Mobility Stories 2020”

Auto elettrica, l’Italia batte un colpo ma guai a illudersi: serve molto di più

Realacci: "Ecco 100 storie di imprese, associazioni e centri di ricerca rappresentano l’eccellenza italiana della mobilità elettrica"

[8 Luglio 2020]

Il trend delle vendite di auto elettriche è decisamente in aumento, ma non bisogna mai perdere di vista il contesto. Attualmente nel mondo ci sono più di 7 milioni di veicoli elettrici per passeggeri o merci (erano 1,5 nel 2016), di cui più di 3 milioni in Cina, e quasi 2 milioni in Europa dove svetta il primato della Norvegia (qui circolano 320.000 auto elettriche a fronte di soli 5 milioni di abitanti). In Europa, nei primi tre mesi dell’anno, mentre le immatricolazioni totali di autoveicoli hanno registrato un forte calo, le auto elettriche ed ibride non hanno subito la contrazione del mercato, anche se abbiamo già spiegato che si tratta di piccoli numeri. Le immatricolazioni di vetture elettriche (ECV=BEV+PHEV) sono state 228.210 (+81,7% sul primo trimestre 2019) e le ibride (HEV, mild-full hybrid) 310.308 (+49%). In Italia, sempre nello stesso periodo, la vendita di auto ibride – quasi la metà (48%) del mercato della mobilità ad alimentazione alternativa – ha superato quella di auto a gas (40,5%), tradizionalmente più forti nel mercato nazionale.

Sono i numeri snocciolati oggi durante la presentazione dell’iniziativa di Fondazione Symbola ed Enel, quest’anno in collaborazione con FCA, della terza edizione di “100 Italian E-Mobility Stories 2020”

“Le 100 storie di imprese, associazioni e centri di ricerca rappresentano l’eccellenza italiana della mobilità elettrica – afferma il Presidente di Fondazione Symbola Ermete Realacci – e ci dicono che l’Italia è già in campo nella mobilità del futuro. La filiera raccontata da Symbola ed Enel in collaborazione con FCA ci dice anche che il nostro Paese ha le energie per superare la crisi. Occorre costruire insieme – con il contributo delle migliori energie tecnologiche, istituzionali, politiche, sociali e culturali, come afferma il Manifesto di Assisi – un’economia e una società più a misura d’uomo e per questo più capaci di futuro, più attente alla crisi climatica, più giuste, resilienti, competitive. Un percorso per superare la crisi generata della pandemia, che vede nella sostenibilità e nella sfida ai cambiamenti climatici la strada per far ripartire l’economia orientandola verso un nuovo futuro”.

In questo nuovo mercato – è stato spiegato – l’Italia può avere un ruolo di primo piano avendo un ampio spettro di competenze e tecnologie lungo tutta la filiera: dalle case automobilistiche a chi realizza e-bike (nelle bici l’Italia nel 2019 ha confermato il primato di primo produttore e esportatore europeo) e veicoli leggeri, passando per motorini e autobus elettrici. Nella componentistica troviamo il cuore pulsante di questa filiera, in cui le nostre aziende creano, prototipano e realizzano motori, statori, freni, elettronica e componentistica, fino a scocche e pacchi batterie con la presenza di un Battery Hub dedicato per l’assemblaggio a Torino.

Ma anche designer, chiamati in tutto il mondo a ripensare le nuove forme della mobilità elettrica. Non mancano, per arrivare alle forme più avanzate di mobilità, i servizi di sharing, le multiutility, le soluzioni per la ricarica, le relative app e la comunicazione e gli studi di associazioni a supporto della filiera. Un sistema ricchissimo di competenze quindi che in Italia si distribuiscono lungo tutto il Paese, concentrandosi in alcuni centri come il polo di Torino, la Motor Valley emiliana, il distretto di Brescia e il polo dell’automotive abruzzese.

Nessuno ha fatto notare che la stessa FCA, quando era FIAT, di auto elettrica non ne ha praticamente mai voluto parlare, e nessun accenno al fatto che, almeno ad oggi, le fabbriche di componentistica auto in Italia – e in Toscana ne sappiamo qualcosa – sono più o meno tutte in crisi e che la rivoluzione elettrica al momento le vede pochissimo coinvolte (se non mischiate a prospettive di netti tagli occupazionali).

Interessante infine che nello studio venga ricalcolato l’intero ciclo – dal pozzo alla ruota – dell’auto elettrica vs l’auto tradizionale, spiegando che “ha emissioni inferiori del 60% rispetto ad un veicolo a combustione interna (prendendo a riferimento il valore medio di emissioni di CO2 dei veicoli a combustione interna e il mix energetico nei Paesi dell’UE)”. Ma non si fa accenno a come produci l’energia elettrica per ricare queste auto, tema affrontato molte volte che non deve essere visto come un no alle auto elettriche, ci mancherebbe altro, ma che non deve far pensare che esistano pasti gratis.

E aggiungendo che si tratta di “un vantaggio che migliorerà ulteriormente nel tempo grazie all’accelerazione del processo di decarbonizzazione nel settore energetico e il graduale aumento della quota di rinnovabili nel mix generativo mondiale (in Italia 1/3 dell’energia distribuita è già oggi prodotta da fonti rinnovabili)”. L’altro nodo, è quello delle batterie, che vede però un aggiornamento “finito il loro utilizzo per alimentare veicoli elettrici, saranno sempre più utilizzate sia come accumulatori di energia (ad esempio per pannelli fotovoltaici), sia per il recupero di elementi preziosi (come litio, nichel e cobalto) che saranno così riutilizzati in un’ottica di economia circolare”. Come dimostra “100 Italian E-Mobility Stories 2020” – conclude la nota di presentazione dello studio –  le nostre imprese e i nostri centri di ricerca sono pronti e stanno affrontando la sfida della nuova mobilità. L’auto elettrica sposa l’innovazione proveniente da altri settori, a partire dalla rete elettrica, spinge sull’efficienza del motore, sulla durabilità delle batterie, sul retrofit elettrico di auto tradizionali, sul recupero dei materiali in un’ottica circolare.

Bene, verrebbe da dire, ma è giusto stare con i piedi per terra e vedere che succede…