Biofiltrazione dei gas di discarica, in Toscana una ricerca di livello europeo

Capofila l'università di Firenze, insieme a Regione Toscana, Csai e Sienambiente

[28 Gennaio 2016]

Per quei rifiuti che non trovano la via del riuso, del riciclo o dell’incenerimento, la destinazione finale è la discarica. Un’opzione teoricamente residuale (e dunque in una certa misura necessaria), che in Italia riguarda però ancora oggi una percentuale tutt’altro che minoritaria dei rifiuti: il 31%, rimanendo agli urbani (dati 2014). Di fronte a numeri così importanti diventa ancor più importante ridurre l’impatto ambientale delle discariche, e per raggiungere nuovi traguardi la strada maestra è quella della ricerca, che trova in Toscana un hub di primo piano: lo conferma il finanziamento di oltre 500mila euro accordato dall’Ue al progetto Life RE Mida, presentato oggi nell’auditorium della Regione Toscana, e che vede come partner il dipartimento di Ingegneria industriale dell’università di Firenze (capofila), la Regione Toscana, Csai (che tocca così il terzo progetto di ricerca finanziato dal programma Life in collaborazione con l’ateneo toscano) e Sienambiente.

In particolare, il progetto prevede la realizzazione, la gestione ed il monitoraggio di un sistema di biofiltrazione dei gas di discarica residuali a scala industriale con materiali filtranti biologicamente attivi, che sarà realizzato presso la discarica di Podere il Pero nel comune di Castiglion Fibocchi, gestita da Csai (nella quale i conferimenti dei rifiuti sono terminati nel marzo 2014 e sono appena concluse le opere di copertura definitiva) e presso il sito delle Fornaci nel Comune di Monticiano (SI), gestito da Sienambiente (dove verranno installati 7 biofiltri realizzati con il compost Terra di Siena prodotto nei propri impianti.

Il progetto di biofiltrazione mira a contenere un inconveniente non da poco che si manifesta dopo qualche tempo che una discarica giunge a fine vita. Il biogas di discarica, che si produce naturalmente dalla degradazione della matrice organica contenuta nei rifiuti, è composto in larga parte da metano (CH4) ed anidride carbonica (CO2). La normativa (europea e nazionale) impone ai gestori delle discariche di evitare la dispersione del biogas in atmosfera attraverso impianti di aspirazione e l’invio a combustione, anche attraverso il recupero energetico; al termine dell’attività di gestione delle discariche (o anche di alcuni moduli), e dopo qualche dall’avvenuta chiusura, la produzione di biogas diminuisce però gradualmente: alla fine, la combustione diviene non più praticabile.

Che fare, dunque? L’emissione di gas climalteranti rimane uno dei principali problemi di impatto ambientale per le discariche di rifiuti. Nel D.Lsg. 36/2003 si prescrive come unica forma di trattamento del gas di discarica la combustione, la Norma pertanto non fornisce indicazioni in merito al problema del trattamento del gas di discarica a basso contenuto di metano. In Europa, ma anche a livello globale, tale tematica è stata affrontata da numerose ricerche tecnico scientifiche che, a partire dal 2006, hanno studiato la biofiltrazione.

Nei prossimi due anni, quest’approccio potrà fare ulteriori passi avanti grazie alla ricerca toscana, producendo ricadute positive proprio a partire dal territorio di riferimento. I risultati del progetto – sottolineano da Csai – potranno infatti essere utili nel prossimo futuro anche per la discarica (ad oggi attiva) di Podere Rota: un impegno nel cercare di ridurre l’impatto ambientale degli impianti di smaltimento non solo in fase di coltivazione dunque, ma anche nella loro gestione post mortem.