Biogas, produzione più efficiente grazie alle biotecnologie italiane

Nuovo progetto per valorizzare gli scarti vegetali oggi poco utilizzati

[20 Luglio 2016]

Grazie alla nuova tecnologia made in Italy Bioreval, le biotecnologie possono migliorare l’efficienza degli impianti di biogas che producono energia elettrica». Lo dimostra l’esperienza di Biovalene, una startup nata a Pordenone nel luglio 2015 che ha messo a punto un metodo brevettato di attivazione di consorzi di batteri più idonei a produrre metano e assicura che «Il risultato è una sensibile diminuzione del carico di biomassa utilizzata per la produzione di energia elettrica da parte di cogeneratori alimentati dal biogas. In termini quantitativi, in una centrale da 1MW è stato possibile ridurre di circa 4 tonnellate la quantità giornaliera di silomais equivalente in ingresso. Su base annua (365 giorni di funzionamento del congeneratore) ciò si traduce in 1500 tonnellate circa di materia prima risparmiata e 30 ettari in meno di terreno coltivabile dedicato».

Bioreval stimola la crescita e la funzionalità dei batteri presenti nei digestori, soprattutto dei ceppi metanigeni (Archea). «In sostanza – dicono a Biovalene – attraverso bioreattori dedicati, si procede all’arricchimento di piccole quantità di biomassa in fermentazione, avviandole quindi nei digestori dell’impianto per la produzione di biogas che si ritroverà così ad operare in breve con una flora batterica progressivamente potenziata. Il procedimento consente il raggiungimento e la conservazione di un equilibrio biologico ottimale dei processi in atto nei digestori consentendo di fatto anche risparmi energetici aggiuntivi».

Fabio Messinese, amministratore delegato di Biovalene, e Gianluca Randi, biologo della società, spiegano che «In dodici mesi le scelte innovative adottate e le collaborazioni avviate con C.I.B. (Consorzio Italiano Biogas) e C.R.P.A. SPA (Centro Ricerche Produzioni Animali) ci hanno consentito di arrivare sul mercato con la nostra prima applicazione tecnica, Bioreval, destinata a costituire lo strumento base di una nuova strategia di approccio ai problemi di gestione di molti impianti per la produzione di biogas Il nostro è un sistema di dimensioni contenute e di facile applicazione ad ogni tipo di impianto basato sul processo di digestione anaerobica. Gestisce e controlla le varie fasi della fermentazione batterica attraverso una piattaforma informatica d’avanguardia, in grado di controllare tutti gli andamenti dei processi in atto nei fermentatori, facilitandone la gestione».

I positivi risultati raggiunti dalla startup pordenonese sono la base per un’ulteriore sviluppo della tecnologia attraverso le ricerche condotte con il supporto di Innovation Factory, l’incubatore certificato di AREA Science Park di Trieste, grazie al quale è stata avviata una collaborazione scientifica con il Gruppo di batteriologia del Centro internazionale di ingegneria genetica e biotecnologie (Icbeg). «Puntiamo, in particolare, a valorizzare gli scarti lignocellulosici agroindustriali che attualmente non vengono utilizzati nella produzione di biogas a causa della loro resa molto bassa, dovuta all’effetto protettivo della lignina sulle fibre di cellulosa – spiega a sua volta  Vittorio Venturi, batteriologo dell’ Icbeg Ciò permetterebbe di inserire nella filiera del biogas scarti vegetali oggi poco utilizzati (sfalci, stoppie, pula, pulizia dei boschi, paglia, scarti mercati ortofrutticoli, sottoprodotti vinificazione e distillazione, sottoprodotti agricoli) e di incrementare le rese delle biomasse vegetali già in uso (ad esempio insilati di mais, di sorgo, ecc.), con evidenti benefici ambientali ed economici».