Canada, in British Columbia è di nuovo guerra tra indiani e giubbe rosse

La Wet'suwet'en First Nation si oppone al passaggio di un gasdotto sul suo territorio

[10 Gennaio 2019]

Ieri in Canada e anche all’estero ci sono una trentina di  manifestazioni contro l’intervento attuato il 7 gennaio della Royal Canadian Mounted Police (Rcmp – le Giubbe Rosse) per sgombrare un posto di blocco realizzato su una strada forestale a circa 120 chilometri a sud-ovest di Smithers nel territorio dei pellerossa Unist’ot’en, un clan della Wet’suwet’en First Nation,  vicino a un  ponte sul fiume Morice, da dove dovrebbero passare due metanodotti del progetto LNG di Kitimat.  L’intervento della Rcmp  è stato ostacolato da militanti Wet’suwet’en e ambientalisti e le Giubbe Rosse hanno arrestato 14 persone.

I partecipanti alla manifestazione di Ottawa hanno fatto irruzione nel vecchio municipio della capitale canadese dove era previsto il forum annuale tra i leader indigeni canadesi e il primo ministro Justin Trudeau e il summit è stato spostato in un’altra sede e Trudeau ha ammesso che «Per essere sinceri, abbiamo di fronte molto lavoro da fare. Non voglio soffermarmi sul passato, ma sapete, e so, che i precedenti governi e istituzioni hanno passato anni a ignorare le vostre comunità e le vostre preoccupazioni».

A dire il  vero Trudeau  non ha grandi responsabilità per quanto è successo al checkpoint sul fiume Morice, a chiamare le forze speciali dell’Rcmp  è stato il premier della British Columbia Britannica John Joseph Horgan ( British Columbia New Democratic Party, centrosinistra), uno sfegatato sostenitore del   progetto LNG di Kitimat che ha voluto così imporre con la forza un’ingiunzione del tribunale che autorizza il Coastal GasLink a collegarsi a un altro gasdotto vicino a Houston, nella British Columbia settentrionale. L’oleodotto Coastal GasLink dovrebbe trasportare il gas da Dawson Creek, nord-est del Canada, fino Kitimat, sulla costa nord-ovest,  dove è prevista la costruzione dell’impianto LNG Canada.

TransCanada ha detto di aver firmato accordi con tutte le First Nations che si trovano  lungo il percorso del gasdotto  Ma i i capi ereditari delle First Nation dicono che il loro diritto alla terra si basa sulla loro presenza ancestrale nell’area, che risale a molto prima della costituzione del Canada e i Wet’suw con i Canada e  quindi questi accordi sottoscritti dalle autorità amministrative indigene non si applicano ai territori tradizionali e il checkpoint  che era sotto il controllo degli Unist’ot’en  serviva proprio a controllare l’accesso al loro territorio tradizionale. Tutti i capi tradizionali della Wet’suwet’en First Nation hanno ribadito che è necessario il loro consenso prima di approvare qualsiasi progetto.

Il gasdotto ha già ottenuto la valutazione ambientale, ma l’accordo per l’investimento non è ancora stato definito e un altro progetto simile, la Northern Gateway Pipeline della Enbridge, che prevedeva di attraversare la stessa regione,  è stato annullato nel 2016.

Il posto di blocco indigeno è stato realizzato il primo aprile 2009 e nelle vicinanze è nato un piccolo villaggio che viene utilizzato tutto l’anno per i riti di guarigione e per organizzare campi di cultura e vita indigena.

Nel novembre 2018 la Coastal GasLink  ha chiesto alla Corte Suprema della British Columbia un’ingiunzione perché ai suoi lavoratori veniva impedito di attraversare il checkpoint per iniziare a ripulire il tracciato del gasdotto e a dicembre la Corte ha detto che nessuno poteva bloccare il ponte sul fiume Morice, ordinando lo sgombro del posto di blocco entro 72 ore. Ma non solo gli Unist’ot’en ​​si sono rifiutati di smantellare il checkpoint, il loro clan confinante, i Gidmt’en, ha realizzato un altro  checkpoint e il 4 gennaio la Corte ha ordinato lo sgombero anche del secondo posto di blocco. A quel punto da tutto il Canada sono cominciati ad arrivare ambientalisti e attivisti  che si sono uniti al campo in solidarietà con  gli indiani e lunedì le giubbe rosse dell’Rcmp  sono  intervenute in assetto da guerra per far rispettare l’ingiunzione e hanno iniziato a smantellare il checkpoint di Gidmt’en, hanno usato le maniere forti contro i manifestanti che si opponevano e hanno proceduto a ll’arresto di 14 persone che, mentre scriviamo, sono ancora in carcere a Houston – BC-

La sera del 7 gennaio le forze speciali dell’Rcmp sono riuscite a sgombrare anche il posto di blocco dei  Gidmt’en ma non Hnno potuto raggiungere il campo degli Unist’ot’en perché  non fa parte dell’ordinanza della Corte e quindi parte del tracciato del gasdotto è ancora nelle mani degli indigeni e dei loro alleati.

Horgan e il governo della British Columbia hanno promesso di attuare la Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti delle popolazioni indigene, che comprende principi come il consenso libero, preventivo e informato per le attività svolte nei territori delle Prime Nazioni, il diritto a non essere sgombrati con la forza dai territori tradizionali e quello a mantenere la connessione con la terra.

La vicenda è complicata dal fatto che il capo eletto e il consiglio dei Wet’suwet’en  hanno davvero firmato un accordo con TransCanada, ma i capi tradizionali e gran parte dei clan (soprattutto giovani e donne) sono contrari. I 13 capi ereditari Wet’suwet’en  sostengono che il capo eletto ha giurisdizione solo sulle riserve Wet’suwet’en, mente loro mantengono la giurisdizione sul territorio tradizionale, dove si trovano i posti di blocco e i campi degli attivisti.

Il territorio ancestrale dei Wet’suwet’en si estende su 22.000 Km2 nel nord-ovest della British Columbia  e gli Unist’ot’en ​​sono uno dei 5 clan che costituiscono la Wet’suwet’en First Nation, e il campo degli attivisti è sul loro territorio, quindi l’ingiunzione è stata inizialmente intentata contro di loro, ma lunedi tutti e 5 i capi ereditari erano al checkpoint  per mostrare il loro sostegno e la loro solidarietà a chi resiste al gasdotto.

Alcuni leader delle First Nations appoggiano il progetto del gasdotto Coast GasLink, compreso un capo della tribù Skin Tyee che fa parte della Wet’suwet’en First Nation.  Una ventina di st Nations, compreso il consiglio eletto della Wet’suwet’en First Nation, hanno firmato accordi per far passare il gasdotto dal loro territorio e in cambio hanno avuto promesse di posti di lavoro e di formazione professionale. Ma il Gran Capo Stewart Philip della Union of BC Indian Chiefs ha condannato le tattiche di «intimidazione, molestie e le continue minacce di intervento e rimozione forzata  dei difensori della terra Wet’suwet’en nel territorio dei Wet’suwet’en» da parte dell’Rcmp.

Freda Huson, una delle persone nominate nell’ingiunzione della Corte Suprema, che lavora al centro di cura del campo Unist’ot’en,  ha spiegato in un’intervista a Zoë Ducklow di  TheTyee.ca: «Non eravamo d’accordo con l’ingiunzione perché non teneva conto della nostra parte e abbiamo troppo da perdere. Non vogliamo che dicano che possiamo stare in una riserva e starcene qui nei nostri edifici, ma possono distruggere il resto del territorio. Sono qui ora perché questa è casa mia, è qui che vivo. Questo sistema in cui viviamo è ingiusto. La nostra gente è stata messa da parte, messa da parte per centinaia di anni. E non la smettono, sta succedendo ancora  in questo momento. La mia gente vive su queste terre. Il cancello è per la nostra protezione. C’erano dei razzisti che entravano e sparavano con fucili, premevano sul nostro cancello con i veicoli e usavano esplosivi per farlo saltare in aria. E la polizia di Houston lo sa  ma non hanno fatto nulla al riguardo. Hanno detto non ci sono abbastanza prove. E ora lo stato. Do la colpa a Justin Trudeau e a John Horgan. Se  mi state ascoltando, ragazzi ci siete voi dietro questo progetto. Ci siete voi, ragazzi, dietro l’autorizzazione a queste forze dell’ordine a venire a catturarmi come un criminale. E tutto quello che sto facendo è vivere nelle nostre terre sulle quali il mio clan ha titolo e diritti. Dite la riconciliazione? Questa non è riconciliazione. State trattando i nostri capi e tutti noi come criminali. Non siamo criminali. Questa è la nostra terra».

Quel che temono indiani e ambientalisti è che l’intervento dei corpi speciali delle Giubbe Rosse diventi “un altro Gustafsen Lake” quando nel 1995 le forze speciali dell’Rcmp intervennero per interrompere una cerimonia di Sundance, che richiede un mese per essere completata, per sostenere  un allevatore che rivendicava diritti su una terra indigena. Cominciò un assedio durato dal 18 agosto al 17 settembre, poi i 400 uomini dell’Rcmp, supportati da consulenti militari, circondarono il campo di Sundance utilizzando addirittura mine antiuomo per bloccare gli accessi, le Giubbe Rosse erano dotate di armi pesanti ed elicotteri e aerei sorvegliavano il tutto dall’alto. Un’operazione di polizia  costata più di 4,5 milioni di dollari canadesi e nella quale fortunatamente non morì nessuno, anche se indiani e Rcmp si scambiarono

decine di migliaia di colpi di armi da fuoco e ci furono due feriti. Alla fine i Sundancers si arresero e 18 persone vennero accusate di sconfinamento. All’epoca le Rcmp non risparmiarono nulla, compresa una campagna diffamatoria per diffondere disinformazioni sui Sundancer  che sono state condannate anche dalla corte che si occupò del processo.  Ora indiani e attivisti temono che l’Rcmp impiegherà tattiche simili anche contro la Wet’suwet’en First Nation e le premesse non fanno ben sperare: le Giubbe Rosse hanno creato una zona di esclusione intorno all’area nella quale sono intervenuti il 7 gennaio, proprio come fecero al Gustafsen Lake.