Cnr: l’energia solare può alimentare l’Italia senza consumare più suolo

Per integrare il fotovoltaico nelle infrastrutture e negli edifici: progettazione integrata, nuovi materiali e tecnologie e moduli specificamente progettati

[23 Aprile 2021]

Nature ha pubblicato nei commenti la lettera  How solar energy could power Italy without using more land”  di Massimo Mazzer dell’Istituto dei materiali per l’elettronica e il magnetismo del Consiglio nazionale delle ricerche  (Cnr-Imem) e referente italiano nell’Implementation Working Group sul Fotovoltaico del SET Plan Europeo, e di David Moser, responsabile R&D sul fotovoltaico di EURAC Research, che punta a evidenziare il contributo che ricerca e innovazione possono dare alla transizione energetica verso le rinnovabili in Italia, sottolineando la potenzialità del fotovoltaico integrato negli edifici (Infrastructure-integrated photovoltaic – IIPV).

Mazzer e Moser  ritengono che lo scenario del rapporto “World energy transitons outlook  – 1,5°  pathway” dell’International renewable energy agency (Irena) – con il fotovoltaico che passerebbe  dall’attuale ~1 Terawatt-picco di capacità installata globale ad almeno 14TWp, in grado di generare annualmente la stessa quantità di energia elettrica consumata globalmente nel 2020 –  si piuttosto conservativo e che  «Sottostima il contributo chiave che il fotovoltaico potrebbe fornire nel 2030 e soprattutto nel 2050, quando le emissioni nette dovranno essere pari a zero1. Anche se l’elettricità da grandi centrali fotovoltaiche è già l’opzione energetica più conveniente in vaste aree del mondo, compresa l’Europa2, l’espansione della capacità fotovoltaica installata non deve necessariamente limitarsi alla sostituzione delle centrali termoelettriche in un quadro di generazione centralizzata. Infatti, è soprattutto la possibilità di essere integrato nelle infrastrutture e negli edifici a qualsiasi scala ciò che dà al fotovoltaico un vantaggio competitivo rispetto ad altre rinnovabili, come l’eolico e l’idroelettrico».

I due ricercatori evidenziano che «Se guardiamo gli obiettivi del Piano Integrato Energia e Clima italiano (PNIEC), e li scaliamo verso l’alto per renderli coerenti con i più recenti obiettivi del Green Deal europeo, dobbiamo aspettarci che almeno 100 TWh/a di energia elettrica provengano dal fotovoltaico nel 2030, un aumento di 4 volte rispetto al 2020. Se l’intera quota di 100 TWh/a di elettricità dovesse essere generata da impianti solari fotovoltaici a terra, servirebbe un’area complessiva di poco più di 1000 km2 assumendo di utilizzare moduli fotovoltaici attualmente sul mercato, con un’efficienza del 22%. Quest’area corrisponde al 5% del suolo attualmente classificato come “consumato” in Italia. Per raffronto, il 40% del suolo consumato è occupato dalle strade e circa il 30% dagli edifici».

Una preoccupazione che sembra in contraddizione con il documento Agrivoltaico, le sfide per un’Italia agricola e solare, pubblicato nel novembre 2020 da Legambiente, che punta a «individuare un percorso per accelerare la diffusione del fotovoltaico in Italia, con soluzioni che rendano le aziende agricole protagoniste, scongiurando la sostituzione di colture con impianti, ma integrandoli e rendendoli un fattore di supporto al reddito agricolo che deve rimanere prevalente». In materia Legambiente e la Nuova Ecologia hanno recentemente pubblicato anche le Unfakenews  “Incredibile! Fotovoltaico e agricoltura convivono!!!”, Secondo le stime di Legambiente, Greenpeace, Italia solare e Wwf, «Pr raggiungere gli obiettivi di sviluppo del fotovoltaico servono 80 GW di installazioni: almeno il 30% circa da realizzare su tetti e terreni industriali o contaminati, la parte restante su 50-70.000 ettari di terreni agricoli, pari allo 0,4-0,6% della superficie agricola utile (SAU)».

Su Nature, Mazzer e Moser scrivono che «Oggi, uno dei temi che tutta la comunità di R&I del settore ritiene fondamentale, al punto da diventare centrale nella proposta strategica citata sopra,  è come sostenere l’espansione della potenza fotovoltaica installata, senza ricorrere ad ulteriore consumo di suolo: quest’ultimo, infatti, viene spesso citato come uno dei problemi più gravi ed inevitabili del fotovoltaico su larga scala».

Per i due ricercatori esistono alternative migliori e ne prendono in considerazione due: «La prima opzione è il repowering e revamping degli impianti esistenti. I sistemi di inseguimento solare aumenterebbero la resa energetica di circa il 20-40%, mentre la sostituzione dei vecchi moduli con moduli nuovi, che superano il 22% di efficienza, porterebbe un aumento del 50% della potenza sviluppata dagli impianti solari installati tra il 2010 e il 2015. Questo valore può crescere ancora grazie alla futura generazione di celle solari “tandem”, ottenute integrando due dispositivi fotovoltaici ottimizzati per diverse porzioni dello spettro solare, e progettate per superare il limite intrinseco di efficienza del silicio. Grazie a questa tecnologia, economicamente sostenibile, i produttori di celle e i laboratori di ricerca si sono dati l’obiettivo di superare il 30% di efficienza entro il 2030 e l’Italia sta giocando un ruolo importante in questa corsa. Ma la seconda e più efficace alternativa al consumo di suolo è il Fotovoltaico integrato nelle infrastrutture (IIPV). Gli edifici, per esempio, rappresentano circa il 40% del consumo totale di energia nei paesi industrializzati, e generare energia in loco è essenziale per renderli energeticamente neutri o addirittura produttori netti, riducendo così la domanda di elettricità dalla rete. l potenziale di produzione di energia da impianti sui tetti degli edifici italiani è stata stimata in circa 120 GWp, utilizzando moduli efficienti al 15%. Sulla base di questi dati, i moduli commerciali attualmente disponibili (22% di efficienza) genererebbero 200 TWh di elettricità all’anno, il doppio dell’obiettivo nazionale per il 2030 discusso sopra. Con moduli efficienti al 30%, il potenziale raggiungerebbe 275 TWh/a. Anche le facciate possono contribuire significativamente, e si stima che edifici residenziali e uffici potrebbero integrare impianti fotovoltaici su un totale di almeno 160 km² di superficie di facciate, e contribuire alla generazione di 15-25 TWh/a di elettricità (a seconda della tecnologia fotovoltaica usata)».

Per sfruttare questo potenziale, dalla sinergia fra industrie del fotovoltaico, settore edilizio e servizi, con il supporto della ricerca pubblica, deve emergere una nuova filiera industriale e la ricerca deve lavorare su almeno tre fronti: progettazione integrata, nuovi materiali e tecnologie e produzione di moduli specificamente progettati per le infrastrutture e gli edifici che è ancora allo stadio pre-industriale.

Al Cnr spiegano che «Il contesto è quello di un’iniziativa intrapresa a livello nazionale già a partire dal 2017, con la costituzione di specifici gruppi di lavoro misti, composti esperti del mondo della ricerca e industriale, con l’intento di definire il piano contributo Italiano all’Implementation Plan del SET Plan Europeo. Un lavoro che ha prodotto risultati molto importanti sul piano del possibile rilancio di tutta la filiera industriale del fotovoltaico (compresa la parte alta) di importanza strategica per l’Italia e l’Unione Europea, nell’ottica della transizione energetica alle rinnovabili e del raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas climalteranti da parte del nostro Paese. Nel novembre 2017, infatti, l’Implementation Plan, nel quale le proposte italiane erano state integrate con quelle degli altri Paesi Membri della Energy Union, è stato approvato dal massimo organo di gestione del SET Plan con il voto anche dei nostri coordinatori nazionali, e nel 2019 ha preso il via un progetto europeo “PV IMPACT”, promosso dalla ETIP-PV e finanziato dalla Commissione proprio per facilitare le attività di esecuzione e monitoraggio dello stato di avanzamento del Piano. Uno degli output del progetto è stata la pubblicazione, a luglio 2020, di un documento intitolato “A Strategic Plan for Research and Innovation to Relaunch the Italian Photovoltaic Sector and Contribute to the Targets of the National Energy and Climate Plan”, frutto della consultazione di tutti gli stakeholders nazionali del settore, e contenente un vero e proprio piano esecutivo con obiettivi, task e budget, e strumenti operativi». Il documento, pubblicato sul sito di PV IMPACT,  è stato consegnato ai ministeri dello sviluppo economico e dell’università e della ricerca.

Mazzer e Moser  concludono: «Crediamo che queste proposte possano stimolare un circolo virtuoso di sviluppo e transizione verso energie rinnovabili, se incorporate nel Piano Nazionale di Recupero e Resilienza (PNRR). L’IIPV non è solo una delle tante applicazioni del fotovoltaico ma un nuovo paradigma per il rilancio del settore edilizio nel quadro della green economy».