Nuovo studio pubblicato su Nature Communications Earth and Environment 

Dal 1950 consumi di energia e impatti senza precedenti nella storia dell’uomo

Abbiamo superato il consumo di energia dei 11.700 anni precedenti, in gran parte grazie alla combustione di combustibili fossili

[19 Ottobre 2020]

Che l’impatto dell’uomo sulla terra almeno dal dopoguerra ad oggi sia notevolissimo è noto. Non è un caso che ormai da un decennio ci siano pubblicazioni scientifiche e importanti che mostrano quale sia la nostra “impronta ecologica” e da anni si parli di antropocene quale definizione dell’attuale epoca geologica. Di oggi un nuovo e potente studio che certifica ancora una volta che razza di “evoluzione” ci sia stata in questo lasso di tempo: “Negli ultimi 70 anni, gli esseri umani hanno superato il consumo di energia degli 11.700 anni precedenti, in gran parte grazie alla combustione di combustibili fossili”.

Il nuovo studio, coordinato da CU Boulder e con a capo Jaia Syvitski, professoressa emerita CU Boulder ed ex direttore dell’Istituto di ricerca sull’Artico alpino (INSTAAR), è stato pubblicato su Nature Communications Earth and Environment  e rende chiara la straordinaria velocità e portata dell’aumento dell’uso di energia, della produttività economica e della popolazione globale.

Secondo la ricerca i cambiamenti fisici, chimici e biologici distinti negli strati rocciosi della Terra hanno avuto una svolta intorno all’anno 1950. L’enorme aumento nel consumo di energia ha consentito un altrettanto strabiliante aumento della popolazione umana, dell’attività industriale, dell’inquinamento, del degrado ambientale e del cambiamento climatico. Cambiamenti a livello planetario che hanno “alterato gli oceani, i fiumi, i laghi, le coste, la vegetazione, il suolo, la chimica e il clima”.

“Questa è la prima volta che gli scienziati hanno documentato l’impronta geologica dell’umanità su una scala così completa in una singola pubblicazione”, ha detto Syvitski, ex direttore esecutivo del Community Surface Dynamics Modeling System, una comunità diversificata di esperti internazionali che studiano le interazioni tra la Terra superficie, acqua e atmosfera.

Lo studio è il risultato del lavoro dell’Antropocene Working Group (AWG). E di fronte ai numeri, non rassicurano le parole di Syvitski: “Ci vuole molto per cambiare il sistema terrestre e se anche dovessimo entrare in un mondo più verde in cui non bruciamo combustibili fossili, il principale colpevole dei gas serra, avremmo comunque il record dell’enorme cambiamento sul nostro pianeta”.

Che poi fa un accorato appello, che non si può che condividere: “Noi esseri umani ci siamo messi collettivamente in questo pasticcio e dobbiamo lavorare insieme per invertire queste tendenze ambientali e tirarcene fuori. La società non dovrebbe sentirsi compiaciuta. In pochi che leggono queste persone dovrebbero andarsene senza che  ribollano dentro di loro emozioni, come rabbia, dolore e persino paura”. Dalla lotta alla natura selvaggia, aggiungiamo noi, siamo passati da tempo all’apparente dominio dell’uomo sul Pianeta. Una condizione così effimera che ormai basta una notte di pioggia per distruggere ciò che l’uomo ha costruito in decenni.

I 18 autori dello studio hanno compilato la ricerca esistente per evidenziare 16 principali impatti planetari causati dall’aumento del consumo di energia e da altre attività umane, che sono aumentati di importanza intorno o dal 1950 (vedi foto).

Tra il 1952 e il 1980, gli esseri umani hanno innescato più di 500 esplosioni termonucleari fuori terra come parte dei test globali sulle armi nucleari, che hanno lasciato per sempre una chiara firma dei radionuclidi causati dall’uomo sulla o vicino alla superficie dell’intero pianeta.

Dal 1950 circa, come esseri umani abbiamo anche raddoppiato la quantità di azoto fisso sul pianeta attraverso la produzione industriale per l’agricoltura, creato un buco nello strato di ozono attraverso il rilascio su scala industriale di clorofluorocarburi (CFC), rilasciato abbastanza gas serra dai combustibili fossili da causare il cambiamento climatico a livello planetario, creato decine di migliaia di composti simili a minerali sintetici in più rispetto a quelli che si trovano naturalmente sulla Terra e determinato che quasi un quinto dei sedimenti fluviali in tutto il mondo a non raggiungesse più l’oceano a causa di dighe, bacini idrici e deviazioni.