Definitive le sanzioni Usa contro l’Iran: il costo del petrolio ai livelli più elevati degli ultimi 6 mesi

Iran: i Pasdaran pronti a bloccare lo Stretto di Hormuz

[23 Aprile 2019]

Il segretario di stato Usa Mike Pompeo ha annunciato ieri che, a partire dall’inizio di maggio, non ci saranno più deroghe di nessun tipo per le sanzioni imposte per isolare economicamente l’Iran. Ma il governo di Teheran ha dichiarato di essere in trattativa con i suoi partner commerciali per limitare l’impatto dell’escalation della tensione con gli Usa.

A novembre gli Usa avevano deciso in via eccezionale, per evitare l’aumento dei prezzi sul petrolio nel mondo e dare loro il tempo di cercare opzioni alternative, di interrompere le sanzioni per 180 giorni per 8 Paesi che importano idrocarburi dall’Iran, ma 3 di questi, Italia, Grecia e Taiwan avevano già ridotto a zero le importazioni di petrolio iraniano.

L’agenzia iraniana Pars News riporta quanto dichiarato dall’esperto di Risk Management Hedgeye  Joe McMonigle: «La decisione non porrà sotto massima pressione solamente l’Iran, ma l’intero mercato petrolifero sarà oggetto di tale pressione, in combinazione con il calo delle scorte globali, il calo continuo della produzione del Venezuela ed una possibile interruzione dei flussi dalla Libia, una politica di sanzioni contro l’Iran a zero deroghe rappresenta una vera e propria sfida nel tentativo di mantenere sotto controllo i prezzi globali del greggio».

L’agenzia russa Sputnik/Ria Novosti fa notare che «In seguito al ritiro, nel maggio del 2018, degli Stati Uniti dal patto sul nucleare iraniano e al successivo inasprimento del regime di sanzioni, l’economia iraniana ha dovuto affrontare seri problemi nel settore bancario. Sotto la pressione di Washington, Teheran è stata disconnesso dal sistema di pagamento internazionale SWIFT, ostacolando seriamente i rapporti finanziari delle imprese iraniane con i partner stranieri. In risposta, nel gennaio 2019, Berlino, Londra e Parigi hanno annunciato la creazione di un meccanismo speciale per le transazioni con l’Iran, che consente loro di mantenere i rapporti commerciali aggirando le sanzioni statunitensi. A tal fine, una società di progetto denominata INSTEX (strumento per il supporto degli scambi commerciali) è stata registrata in Francia con la partecipazione di Regno Unito e Germania».

Il  Wall Street Journal evidenzia che  quello compiuto dall’amministrazione di Donald Trump è  «Un passo che fa parte della strategia dell’amministrazione Trump per ridurre a zero le esportazioni [di petrolio] dall’Iran e che ha sorpreso sia gli acquirenti che gli altri [attori del mercato], che nelle ultime settimane avevano ricevuto notizie sull’intenzione [delle autorità americane] di prolungare le eccezioni» de i Paesi interessati soffriranno quindi gli effetti delle sanzioni Usa sull’acquisto del petrolio iraniano.

La portavoce della Casa Bianca, Sarah Sanders ha promesso che gli Stati Uniti non ammetteranno alcun deficit di petrolio sul mercato mondiale. Infatti, Usa, Arabia saudita ed Emirati Arabi Uniti hanno adottato misure i per  evitare un deficit di petrolio sul mercato mondiale e in una dichiarazione comune si legge che «Gli Stati Uniti, l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi… insieme ai nostri amici ed alleati intendono assicurarsi in tutti i modi che nel mercato petrolifero mondiale permanga una sufficiente offerta. Abbiamo concordato di agire tempestivamente per garantire che la domanda globale sia soddisfatta dopo che tutto il petrolio iraniano verrà estromesso dal mercato».

Pompeo ha partecipato a Dallas a una riunione a porte chiuse con i rappresentati della comunità iraniana negli Stati Uniti e, a quanto riporta il giornale online Axios, citando fonti presenti all’incontro, il segretario di Stato Usa affermato che Washington non sta cercando di cambiare il regime iraniano e non intendono intervenire coattivamente negli affari iraniani. Ma si è rifiutato di rispondere a una domanda sull’appoggio Usa a un possibile colpo di Stato in Iran.

Pur escludendo l’intervento militare, Pompeo ha evidenziato che «E’ nell’interesse degli Stati Uniti che l’Iran sia governato da un gruppo non rivoluzionario» e non ha dato nessuna assicurazione che le sanzioni non danneggeranno la popolazione iraniana».

Ma l’Iran, pur ostentando calma, si prepara al contrattacco: il comandante delle forze navali del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (i Pasdaran)  Alireza Tangsiri, ha detto  all’agenzia ufficiale Fars che il governo iraniano «E’ pronto a bloccare lo Stretto di Hormuz se Teheran non potrà sfruttarlo per le sue esportazioni a seguito delle sanzioni statunitensi. Secondo il diritto internazionale, lo Stretto di Hormuz è una rotta navale: se non ci è permesso usarla, la chiuderemo». A fine 2018, era stato il presidente iraniano in persona, Hassan Rouhani, a minacciare di bloccare le esportazioni di petrolio dal Golfo Persico se gli Stati Uniti avessero impedito all’Iran di vendere il proprio petrolio nell’ambito delle loro sanzioni unilaterali.

Lo Stretto di Hormuz, attraverso il quale passa gran parte del petrolio prodotto nei Paesi del Golfo Persico/Arabo, è uno dei punti caldi politico/economici del pianeta: a nord è sotto sovranità iraniana e a sud  è divoso tra Emirati Arabi Uniti e Oman. E’ qui che potrebbe scoppiare una nuova guerra petrolifera che farebbe impallidire tutte quelle che abbiamo visto finora, dato che i protagonisti sarebbero una potenza regionale come l’Iran, con un esercito forte e forgiato nelle guerre con l’Iraq e in Siria e che è alleato di Russia e Cina, e l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti appoggiati militarmente dagli Usa e probabilmente da Israele.

Probabilmente anche per questo, mentre a Pechino e a Mosca e a Bruxelles cresce l’irritazione per la decisione di Trump, il ministro degli esteri della Turchia, Mevlüt Cavusoglu, ha criticato Trmp e Pompeo: «La decisione degli Stati Uniti non influenzerà positivamente la pace e la stabilità nella regione, inoltre danneggerà il popolo iraniano. La Turchia rifiuta le sanzioni unilaterali e si oppone ai diktat per instaurare relazioni con i Paesi vicini», (salvo invadere la Siria e l’Iraq per dare la caccia ai Kurdi naturalmente…). L’Iran è il principale fornitore di petrolio della Turchia che nel 2018 ha importato oltre 25 milioni di tonnellate di greggio iraniano. Una settimana fa Ibrahim Kalyn, il portavoce del presidente turco Erdogan, aveva espresso la speranza che Washington avrebbe prorogato la deroga per permettere al Paese di continuare ad acquistare il petrolio iraniano. Gli americani lo hanno ignorato.