Deposito nazionale per le scorie nucleari, Sogin: 100 ipotetici indirizzi

Tutti d’accordo al Convegno di Roma: l’Italia non può continuare con i depositi provvisori

[17 Febbraio 2016]

Il convegno “La gestione dei rifiuti radioattivi e il sistema dei controlli. Esperienze a confronto tra Francia, Spagna e Italia”, promosso dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati è stata l’occasione per confrontare le esperienze degli altri Paesi europei sulla gestione dei rifiuti radioattivi con quella italiana.

Aprendo il convegno, Alessandro Bratti (PD) presidente della Commissione bicamerale d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti, ha detto: «Dobbiamo gestire una quantità importante di rifiuti a bassa e media attività nella maniera che prevede la normativa europea. Per questo abbiamo la necessità di costruire un deposito unico in Italia, per questo dobbiamo partire al più presto con la discussione complessa e difficile che i due Paesi che oggi abbiamo ospiti rispetto al processo di scelta del luogo dove costruire il deposito. Già da qualche mese la commissione ha consegnato a Camera e Senato una prima relazione, che mette in evidenza i problemi e con grande modestia cerchiamo di dare una mano a risolvere i problemi. Con qualche proposta indirizzata all’esecutivo».

Secondo Bratti ci sono una serie di difficoltà legate al sistema dei rifiuti radioattivi in Italia: «Problemi legati alla gestione, alla lentezza con cui si sta procedendo al decommissioning degli impianti nucleari,   problemi legati al fatto che non esiste ancora una struttura di controllo definita. O meglio: c’è all’interno dell’organismo più ampio come Ispra ma come legislatori abbiamo scelto un altro percorso (l’Isin,  Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione, ndr) cui però  non abbiamo ancora dato le gambe per poter partire». Il presidente della Commissione bicamerale ha riconosciuto che «Abbiamo un problema anche di fronte alla Commissione europea alla quale dobbiamo presentare il programma come previsto dalla legislazione comunitaria».

Sulla gestione del decommissioning in Italia la pensa più o meno così anche il presidente di Sogin Giuseppe Zollino: «Ci sono vincoli più stretti  e non voglio mettere la polvere sotto al tappeto ma ciò ha conseguenze su tempi e costi».  Dal Convegno è emerso nei siti di stoccaggio temporanei ci sono già 30.000 m3: 40.000 m3 provenienti dallo smantellamento delle centrali, 1.000 m3 dal riprocessamento del combustibile, 500 m3 prodotti ogni anno da vaie attività e  Zollino ha confermato: «I volumi da gestire sono quelli. Ci sono “rifiuti pregressi legati all’attività delle centrali e al loro mantenimento in sicurezza, gestiti con procedure già oggi molto rigide di trattamento e conservazione».

Zollino ha detto per un deposito nazionale definitivo «Le aree sono alcune decine. E alcune di queste aree sono abbastanza grandi per fare più di un deposito. Un centinaio di siti in cui farlo: ipotetici “100 indirizzi'”. Quando ho 100 possibili indirizzi, o tiro i dadi o inizio a discutere con le persone. Se qualcuno si candidasse, anche dopo che gliel’abbiamo spiegato, non ha nessun vincolo. In caso di fallimento della trattativa, è previsto dal procedimento che si prendano in considerazione le aree più idonee. Ma è una soluzione da scongiurare perché è molto meglio una negoziazione che un decreto della presidenza della Repubblica». Per quanto riguarda la cartografia delle aree potenzialmente idonee, il presidente  Sogin ha detto che «Il  problema non è se la carta tarda la pubblicazione 3 mesi ma se la negoziazione invece che 4 anni ce ne mette 40 a. Avere un deposito nazionale significa avere Paese civilmente evoluto. Il deposito nazionale, è una struttura intrinsecamente sicura, non è niente di trascendentale, è una infrastruttura statica dove non c’è nessun processo attivo ed è un’opzione preferibile a depositi regionali». Secondo lui invece bisognerà «organizzare bene tutto il sistema dei controlli e soprattutto curare la fase del sistema dei trasporti dei rifiuti, che dovrà essere integrato. Sarebbe strano che ogni giorno partissero convogli dagli ospedali d’Italia». Il dposito nazionale «Dovrebbe ospitare circa 30.000 m3, il deposito sarà pieno verso il 2045-2050. Il trasporto richiederà diversi anni. Ospiterà tutto quello prodotto in Italia dalle attività nucleari; il deposito chiuderà il ciclo dell’elettronucleare italiano; a questo si aggiungerà quello ospedaliero e industriale. Poi probabilmente dovrà essere ampliato o dovrà esserne costruito un altro».

Il presidente Sogin è convinto che le scorie nucleari italiane le «coccoliamo» e ha aggiunto che «Sogin non ha nessun interesse a fare le cose male e ha tutto interesse a farle in fretta e chi governa Sogin ha tutto l’interesse a creare le condizioni perché si faccia in fretta, ma sulla qualità posso garantire la massima attenzione». Però il problema della gestione delle scorie nucleari rimarrà per secoli e millenni e per questo Zollino ha sottolineato che  «Le responsabilità non può averle solo Sogin, è tanto grande il problema che la situazione è da sbrogliare e rimettere insieme» che richiede la collaborazione di tutti.

Le disponibilità a quanto pare ci sono, almeno a sentire Alessandro Portinaro, sindaco di Trino e Coordinatore della consulta AnciI Comuni sede di servitù nucleari: «Ciò che emerge dopo questo incontro è una completa convergenza da parte dei diversi attori sull’urgenza e la necessità di far ripartire in fretta il processo di individuazione del sito dove realizzare il deposito unico nazionale, con la pubblicazione della CNAPI (la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee) così come è evidente che non si possono accettare ulteriori ritardi sul programma nazionale di gestione dei rifiuti radioattivi e sull’avvio dell’Isin. Questi rinvii stanno comportando un aumento di spese a carico dei cittadini italiani, oltre ad esporre il Paese ad una procedura di infrazione da parte della Commissione europea, che attende il nostro Programma di gestione entro la fine del mese. I ritardi, cosa altrettanto grave, rendono impossibile la disattivazione degli attuali siti temporanei che, invece, si stanno di fatto trasformando in depositi definitivi, con la costruzione di nuove strutture sempre temporanee (ma con una vita utile di 50 o 100 anni) dove stoccare i rifiuti radioattivi già presenti e quelli del decommissioning. Le centrali e gli altri impianti nucleari sono in siti del tutto inidonei per una custodia di medio o lungo periodo e quindi si tratta di una soluzione inaccettabile».

Per Portinaro, «C’è poi un tema ancora irrisolto ed è il coinvolgimento dei Comuni nella disattivazione dei siti attuali: è proprio di questi giorni la notizia che la Regione Piemonte, nell’iter di revisione del piano regolatore di Saluggia, ha applicato per la prima volta quanto previsto dall’art. 24 della legge 27/2012 che autorizza la realizzazione di interventi per lo smantellamento, anche in contrasto con quanto previsto dai piani regolatori, togliendo quindi ai Comuni un ulteriore strumento di governo del proprio territorio. Come giustamente dice la Vicepresidente della Camera Marina Sereni servono “trasparenza nel processo decisionale, informazione e coinvolgimento”, ma ciò deve valere sia per il Deposito Nazionale che per quanto avviene negli attuali siti nucleari. Speriamo quindi che il Governo riprenda in mano il dossier “nucleare” e faccia ripartire il processo: pubblicazione della CNAPI, programma nazionale, Isin e un intervento sulla governance di Sogin, che da mesi vive in una situazione difficile. Abbiamo bisogno di un’azienda di Stato seria e che possa svolgere il suo compito bene, evitando di accumulare ritardi e di rendersi protagonista di pagine da dimenticare, come la recente costruzione del D2 di Saluggia (uno dei nuovi depositi che Sogin sta costruendo sui siti attuali) che, prima ancora di entrare in funzione – conclude l`esponente ANCI – presenta già crepe e ossidazioni, come puntualmente rilevato da Ispra».

La Sereni aveva detto che «La gestione dei rifiuti radioattivi richiede la massima sicurezza delle popolazioni e dell’ambiente, per questo è necessario assicurare un continuo monitoraggio e controlli scrupolosi. Sulle attività e sui processi in corso è necessario che il Parlamento mantenga alta la sensibilità. Il contributo della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e sugli illeciti ambientali ad esse correlati sarà in questo come in altri ambiti fondamentale. L’Italia ha definitivamente abbandonato l’opzione del nucleare con i referendum del 1987 e, da ultimo, del 2011 privilegiando il ricorso ad altre fonti energetiche. Ma le relazioni della Commissione di inchiesta della passata e della presente legislatura hanno messo in evidenza alcune criticità connesse ai ritardi nell’attività di decommissioning, al sistema dei controlli e alla mancanza di un deposito nazionale in cui collocare i rifiuti. Altro nodo da affrontare riguarda la pubblicazione della Carta Nazionale delle aree potenzialmente idonee ad ospitare il deposito nazionale, sul quale sarà avviato l’iter per la definitiva localizzazione e realizzazione del sito, un processo non facile in cui non possiamo escludere l’insorgere di opposizioni locali», La Sereni ha ricordato che «L’Italia ha recepito nel 2014 la direttiva europea, che istituisce un quadro per la gestione responsabile e sicura del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi. Non è però ancora operativo l’Ispettorato nucleare per la sicurezza nucleare e la radioprotezione e non è stato definito il programma nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi».

Anche Stefano Laporta, direttore dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra)  ha detto che «’Non è possibile pensare di continuare a usare i depositi temporanei, sia pure nella massima garanzia di sicurezza. Il deposito nazionale  può affrontare, gestire e risolvere la situazione: dal punto di vista tecnico scientifico ci siamo. Dal 26 al 28 ottobre ospiteremo la riunione dei capi delle Autorità di regolazione dei Paesi occidentali e nella seconda decade di novembre ospiteremo la visita dell’Agenzia atomica internazionale per fare il punto della situazione nel Paese membro: stiamo preparando al meglio l’appuntamento, ma sono certo che alcuni nodi verranno al pettine».