Nuovo caso di scotro sulle rinnovabili sulle coste emiliane

Eolico off shore, è sempre di moda la lotta contro i mulini a vento

Si fa presto a parlare di decarbonizzazione e addio al petrolio. Si fa altrettanto presto a riempirsi la bocca di energie alternative. Si fa molto meno presto a dire con che cosa si vuole sostituire fattivamente gli impianti petroliferi

[15 Giugno 2020]

Si fa presto a parlare di decarbonizzazione e addio al petrolio. Si fa altrettanto presto a riempirsi la bocca di energie alternative. Si fa molto meno presto a dire con che cosa si vuole sostituire fattivamente gli impianti petroliferi, o meglio, lo si dice, – eolico, solare, geotermia, idroelettrico ecc. – ma poi… qui no, là nemmeno, laggiù figurati. La storia del nimby è conosciuta ormai in tutto il mondo e a tutte le latitudini da decenni ma questo non ha cambiato il corso delle cose neppure ai tempi di Greta Thumberg. L’eolico off shore è la quintessenza della situazione appena citata e il caso delle coste emiliane buon ultimo esempio.

Perché quando dopo un iter lungo un decennio potremmo forse essere prossimi a veder tagliare per primo il traguardo dell’impianto off shore al largo dell’Ilva di Taranto , la proposta di un altro parco eolico offshore, stavolta al largo delle coste emiliane, è di nuovo un casus belli. Si tratta di un progetto avanzato per l’installazione di un parco eolico offshore al largo di Rimini: costituito da 59 aereogeneratori (alti all’apice della pala eolica fino a 215 metri), verrebbe installato dai 10 ai 22 km dalla costa riminese per una produzione complessiva di 330 mega voltampere all’ora. Ad oggi la piattaforma petrolifera più vicina alla costa si trova a 17 km dalla battigia.

“Non dimentichiamoci che rispetto alle attività di estrazione di idrocarburi la pressione antropica di un parco eolico è ben differente, oltre ad avere impatti positivi sugli obiettivi climatici – commentano da Legambiente Emilia Romagna – Oltretutto ci contraddistinguerebbe positivamente parallelamente alle altre realtà virtuose del Nord Europa. L’Emergenza Climatica ci deve portare a fare i conti con la necessità di incrementare rapidamente la quota di rinnovabile per far fronte agli obiettivi europei, nazionali e regionali sul taglio delle emissioni climalteranti. Ben vengano proposte per la realizzazione di impianti rinnovabili purché si facciano tutte le necessarie considerazioni in questo caso sugli impatti relativi al paesaggio ed all’ecosistema marino anche in relazione ad impianti estrattivi presenti nelle aree limitrofe”.

Anche qui, come a Taranto, l’eolico potrebbe solo migliorare una situazione che vede la costa da decenni fiorire trivelle e piattaforme per l’estrazione di petrolio e gas. Un settore da riconvertire, con l’eolico più che con altre fonti, per rispettare gli obiettivi climatici ed energetici che ci siamo dati, come previsto nel Piano nazionale clima ed energia (Pniec) che punta all’installazione di 900MW di eolico offshore al 2030.

Un progetto super ambizioso, visto che ad ora siamo a 0 spaccato e che nell’odierna Giornata mondiale del vento, fa dire al presidente dell’Anev Simone Togni che per raggiungerlo è necessaria “La semplificazione della normativa. Il settore eolico deve poter operare senza ostacoli burocratici per contribuire con il proprio potenziale al raggiungimento dei target per la lotta al cambiamento climatico e la riduzione della CO2. Il paesaggio e l’ambiente non possono escludersi a vicenda, ma necessitano di un’armonizzazione urgente, senza la quale le conseguenze dovute ai cambiamenti climatici potrebbero avere aspre conseguenze sul Pianeta. Serve in concreto una azione che definisca chiaramente le aree dove non necessita il parere della Soprintendenza, così come deve essere chiarita la procedura semplificata che consenta il rinnovamento degli impianti eolici senza appesantimenti burocratici, infine si deve superare l’attuale blocco dello spalmaincentivi alla luce del fatto che i nuovi impianti non ricevono incentivi, come evidente, ma solo una stabilizzazione dei ricavi”.

Legambiente, non è un caso, si è dichiarata infatti favorevole  al progetto emiliano, mentre Italia Nostra è apertamente contraria. “Non ci sono denari – “né trenta”, né di più – o compensazioni sufficienti per compensare una seppur minima parte del danno che una simile mostruosità causerà a tutta la nostra riviera e alla vita di tutti noi”, spiegano da Italia nostra.

Le motivazioni di favorevoli e contrari sono sempre le stesse, ed è giusto sottolineare il fatto che certamente un impianto eolico off shore ha un impatto ambientale. Come del resto lo hanno i pannelli solari, l’idroelettrico, la geotermia, e il risparmio energetico (a meno che non si voglia arrivare a zero) per quanto importante da solo non basta… che fare quindi? Bisogna scegliere tra uno sviluppo sostenibile e la decrescita infelice, sapendo che l’impatto zero non esiste. Ma come testimonia l’ultimo rapporto Nimby forum in Italia il comparto più contestato è proprio quello energetico, e nei tre quarti dei casi in ballo ci sono le rinnovabili…