II motore della ripresa economica post-Covid-19 può essere solo verde. Gli esempi di Mauritius e delle Hawaii

Energie rinnovabili sempre più economiche. «La comunità internazionale coglierà questa opportunità o resterà fedele al diavolo che conosce?»

[29 Giugno 2020]

Mentre in tutto il mondo i governi tentano di rilaciare le economie, l’Onu chiede loro che «questi piani di ripresa si articolino intorno alle tecnologie low-carbon, per evitare il ritorno a uno statu quo basato sui combustibili fossili».

Gli esempi non mancano e tra i Paesi all’avanguardia del passaggio al 100% di energie rinnovabili ci sono quelli insulari, dove la necessità di emanciparsi dalle costose importazioni di combustibili fossili, come il petrolio e il gas, costituisce un motivo in più per accelerare la transizione energetica.

L’Onu fa l’esempio di Mauritius, uno Stato insulare Africano nell’Oceano Indiano, che prevede di produrre, entro i prossimi 5 anni, più di un terzo della sua elettricità con fonti rinnovabili. I progetti sostenuti dall’United Nations devolpment programme (Undp) saranno una parte importante di questa transizione e produrranno 25 megawatt di energia solare a Mauritius, compresa una mini-rete elettrica a Agalega, una delle isole dell’Arcipelago.

Al’Undp sottolineano che «Oltre a ridurre l’inquinamento, questo passaggio all’energia pulita dovrebbe contribuire alla ripresa economica, con nuovi posti di lavoro in settori come la produzione, gli impianti e la manutenzione delle attrezzature per l’energia rinnovabile, dai pannelli solari, alle batterie e alle pale eoliche».

Per diminuire la dipendenza dalle importazioni di petrolio e i gravi rischi derivanti dalle fluttuazioni dei prezzi e dalle possibili interruzioni dell’approvvigionamento di fonti fossili, un altro vantaggio viene dalla sicurezza energetica e l’Onu evidenzia che «L’energia “domestica” prodotta a partire da fonti rinnovabili può rendere la rete energetica più affidabile e più resistente».

Un altro esempio è quello dello Stato Usa delle Hawaii, nel Pacifico, ch revede di andare molto oltre gli obiettivi di Mauritius e diventare un esempio per il resto degli Stati Uniti, diventando interamente rinnovabile entro il 2045. Il governatore democratico dell’Hawaii, David Ige, ha detto a ONU Info che «Al momento che abbiamo promulgato la legge che ci impegna al 100% di energie rinnovabili, nessun’altra comunità aveva fatto qualcosa di simile e alla National Governors Association, la gente era generalmente molto sorpresa. Pensavano che fosse talmente fuori questione da essere un’impresa stupida. Oggi la California ha adottato l’impegno per un’energia rinnovabile pulita al 100% e altri Stati pendsano di fare lo stesso Sono fiero che le Hawaii abbiano davvero ispirato altri Stati e comunità».

All’Onu sono convinti che «Mentre le economie si riprendono dalla pandemia, sarà essenziale seguire questi esempi per cambiare rotta».  E’ quel che dice anche il “Renewables 2020 Global Status Report“, pubblicato il 16 giugno da REN21 – un think thank globale sulle energie rinnovabli del quale fanno parte anche Undp e l’United Nations evironment programme (Unep) environnement (PNUE) et le Programme des Nations unies pour le développement (PNUD) – dal quale emerge che l’industria delle energie rinnovabili ha fatto notevoli passi avanti, con la diminuzione dei costi e l’aumento dell’utilizzo delle energie pulite. Però il rapporto avverte che «Questa buona notizia è attualmente compensata dal fatto che il consumo mondiale d i energia aumenta e che è alimentata, essenzialmente, da dei combustibili fossili».

Dopo la pubblicazione del rapporto, Rana Adib, direttrice esecutiva di REN21, ha sottolineato che «Il calo di emissioni legato alla pandemia non ha nessuna incidenza sul problema a lungo termine del cambiamento climatico ed è necessaria una revisione del sistema energetico, Anche se i blocchi dovessero proseguire per un decennio, il cambiamento non sarebbe sufficiente. Al ritmo attuale, con l’attuale sistema e le regole del mercato, ci vorrebbe un’eternità perché il mondo si avvicinasse a un sistema carbon free».

Il rapporto evidenza anche che molti pacchetti di stimolo prevedono impegni che fanno riferimento a sistemi di combustibili fossili sporchi e inquinanti: «Mentre alcuni Paesi eliminano gradualmente il carbone, altri continuano a investire in nuove centrali a carbone. Inoltre, i finanziamenti per progetti di combustibili fossili da parte di banche private sono aumentati ogni anno dalla firma dell’Accordo sul clima di Parigi nel 2015, raggiungendo un totale di circa 2,7 trilioni di dollari negli ultimi tre anni».

La Adib aggiunge che «Alcuni favoriscono direttamente il gas naturale, il carbone o il petrolio. Altri, pur sostenendo di essere ecologici, costruiscono il tetto e dimenticano le fondamenta. Prendete ad esempio  le  auto elettriche e a idrogeno. Queste tecnologie sono ecologiche solo se alimentate da energie rinnovabili».

Però le esperienze di Mauritius e delle Hawaii dimostrano che un’opzione green non è solo possibile, ma che in realtà è più vantaggiosa di un piano di recupero basato sui combustibili fossili, soprattutto se si tiene conto dei costi reali, in particolare di inquinamento atmosferico, effetti dei cambiamenti climatici e congestione del traffico.

Secondo il nuovo libro della “Technology Transfer and Innovation for Low-carbon Development” pubblicato dalla Banca mondiale, “Trasferimento tecnologico e innovazione per lo sviluppo a basse emissioni di carbonio”,  «Se le tecnologie low-carbon  esistenti e comprovate sul mercato venissero adottate su larga scala, è possibile raggiungere la maggior parte delle riduzioni delle emissioni necessarie per mantenere il riscaldamento globale di 1,5 gradi sopra i livelli preindustriali»

Anche la direttrice esecutiva dell’Unep, Inger Andersen, è convinta che è possibile: «Le energie rinnovabili sono oggi più redditizie che mai, il che privilegia i piani di ripresa economica e avvicina il mondo al raggiungimento degli obiettivi dell’accordo di Parigi. Le energie rinnovabili sono un pilastro essenziale per una ripresa post- Covid-19 sana, sicura e verde che non lascia indietro nessuno.

Il rapporto  “Global Trends in Renewable Energy Investment 2020”  di Unep, Frankfurt School of Finance & Management e  Bloomberg New Energy Finance, ha messo in evidenza il calo dei costi delle energie rinnovabili, evidenziando che «Investire nelle energie rinnovabili permetterà di acquisire più capacità di generazione che mai e aiuterà i paesi ad attuare misure climatiche più aggressive».

La Andersen aggiunge che «Se i governi trarranno vantaggio dal costante calo del prezzo delle energie rinnovabili per mettere l’energia pulita al centro della ripresa economica di Covid-19, piuttosto che finanziare la ripresa delle industrie dei combustibili fossili, possono fare molto per l’energia pulita e un mondo naturale sano, che è in definitiva la migliore polizza assicurativa contro le pandemie globali».

La crisi economica globale creata dalla pandemia di Covid-19 ha portato a un calo significativo delle emissioni nocive di gas serra e, secondo l’International energy agency nel 2020 ci sarà un calo di circa 8%. All’Unep concludono: «Questo ci ha dato un’idea di come potrebbe essere un mondo più pulito, ma è solo una tregua temporanea: ha anche avuto conseguenze devastanti, tra cui la chiusura di interi settori e la disoccupazione di milioni di persone.  Oggi, con Paesi e regioni come Mauritius e Hawaii che investono in politiche, programmi e iniziative per riportare le persone al lavoro, è possibile adottare un approccio più sostenibile, che abbia al centro le tecnologie rinnovabili. La domanda è se la comunità internazionale coglierà questa opportunità o resterà fedele al diavolo che conosce».