Lo scandalo Volkswagen, la guerra alla termodinamica e la rampa di lancio per una mobilità nuova

[25 Settembre 2015]

Il destino ha spesso un senso dell’umorismo molto amaro, e caso ha voluto che lo scandalo che ha travolto la Volkswagen per aver falsificato i dati sulle emissioni dei propri veicoli sia emerso proprio durante la Settimana europea per la mobilità sostenibile. Un evento già infarcito da innumerevoli perplessità, la maggior parte legate a un ritmo di vendite dei veicoli private come non se ne vedeva da danni, dopo averle date per spacciate. Le lezioni del recente passato dovrebbero suggerire cautela nel tracciare ipotesi sul prossimo futuro del mercato dell’auto, ma è più che lecito pensare che l’affaire Volkswagen (che era già stata messa sotto torchio da Greenpeace anni fa, come ricordano immagini e video che riproponiamo in pagina) contribuirà a dare una svolta decisa verso la mobilità elettrica.

È utile comprendere, per districarsi nel caos venutosi a creare, che i perché della strategia truffaldina della Volkswagen hanno molto a che vedere con la specificità degli inquinanti sulla quale si è concentrata, ovvero gli ossidi d’azoto. «È un problema particolarmente rognoso – osserva Ugo Bardi, docente di Chimica fisica all’università di Firenze e membro del Club di Roma – perché deriva da esigenze contrastanti. Una è di avere un basso livello di inquinamento, l’altro bassi consumi. Per avere bassi consumi, bisogna migliorare l’efficienza del motore e questo si può fare con il motore diesel, invece di quello convenzionale a benzina. I motori diesel lavorano a più alte temperature e pressioni e questo li rende più efficienti. Ma questo fa anche si che producano più ossidi di azoto. È un problema che ha a che vedere con la termodinamica della combustione, e tutti sanno (o dovrebbero sapere) che se uno prova a far la guerra alla termodinamica, la termodinamica vince sempre. Il problema è sostanzialmente irrisolvibile, perlomeno a costi compatibili con il prezzo di un veicolo ordinario. E quando uno si trova di fronte a un problema irrisolvibile, la tentazione è spesso quella di imbrogliare. Questo è, evidentemente, quello che è successo con l’industria automobilistica e i risultati ci appaiono evidenti oggi con lo scandalo  Volkswagen. Tuttavia, se è vero che non possiamo vincere contro la termodinamica, è anche vero che non dobbiamo necessariamente combatterla. Una battaglia contro il motore a scoppio è stata persa negli anni 1970, ma possiamo ancora vincere la guerra», puntando sulla mobilità elettrica.

Come sottolineano anche Anna Donati e Francesco Petracchini nella loro ultima fatica per Edizioni Ambiente – Muoversi in città. Esperienze e idee per la mobilità nuova in Italia – La sinergia di tre rivoluzioni – sharing, connessione e propulsione elettrica – consentirà di ridurre drasticamente il numero di auto; in parallelo anche il trasporto pubblico evolverà fornendo servizi più efficienti e flessibili, consentendo ai cittadini di scegliere di volta in volta la soluzione più interessante. Anche nel campo della movimentazione delle merci, oggi in Italia dominato dai camion, l’avanzata di soluzioni spinte di “smart manufacturing” e di tecnologie emergenti potrebbe portare a una ricollocazione di alcune imprese ed evitare nel medio lungo periodo la spedizione di prodotti in magazzini in giro per il mondo.

Non solo auto privata elettrica, dunque, ma una mobilità nuova basata su un modello che vada oltre l’uso individuale del motore a scoppio. Un modello dove l’Italia è ancora indietro, e che dovrà velocemente inseguire se non vuole vedere aumentare il gap: gli altri adesso non potranno che correre più velocemente, inseguiti dallo spettro Volkswagen.

L. A.

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