Nuova marea nera nel Golfo del Messico, finiscono in mare 2.100 barili di greggio

Fuoriuscita dalle infrastrutture sottomarine della piattaforma offshore Brutus della Shell

[13 Maggio 2016]

Ieri  dalle infrastrutture sottomarine collegate alla piattaforma offshore Brutus della  Shell Oil sono fuoriusciti nel Golfo del Messico 88.200 galloni (2.100 barili) di petrolio Secondo il Bureau of Safety and Environmental Enforcement (BSEE) Usa, la fuoriuscita ha creato un inquinamento lungo 13 milia al largo delle coste della Louisiana, a circa 90 miglia a sud di Timbalier Island.

La piattaforma Brutus è entrato in funzione nel 2001, ma già nel 2012   la Shell aveva dovuto ridurre la produzione a causa di guasti delle valvole. La lunga striscia di greggio  si estende nell’area di Glider Field, un gruppo di quattro pozzi sottomarini della Shell  che fanno capo alla piattaforma Brutus, che si trova in acque profonde 884 metri.

In una dichiarazione, il portavoce di Shell Curtis Smith ha detto che un elicottero della compagnia ieri ha sorvolato l’inquinamento e che i pozzi sono sotto controllo dopo che la Shell ha isolato la perdita e fermato la produzione: «A Brutus non ci sono attività di trivellazione e questo non è un incidente provocato dalla gestione del giacimento».

Il direttore esecutivo di Sierra Club, Michael Brune, ha sottolineato: «E’ inaccettabile che sia stato permesso che le fuoriuscite di petrolio siano diventate lo status quo nel Golfo. Dalla Deepwater Horizon al Taylor Well fino all’ultimo disastro della Shell, abbiamo permesso che la regione venga perennemente trattata come una zona sacrificale: un luogo in cui tolleriamo che l’inquinamento e i disastri continuino con la nostra dipendenza dai combustibili fossili. Questa pratica deve finire ora. Centinaia di migliaia di persone si sono mobilitate in tutto il Paese e ancora di piú marceranno a Washington, DC questa Domenica cper chiedere al presidente Obama di proteggere le nostre acque e le comunità costiere dalle trivellazioni offshore. Il presidente Obama ha avuto ragione quando ha protetto l’Oceano Atlantico dalla trivellazione offshore, ora è  il momento che faccia la stessa cosa con l’Oceano Artico e il Golfo del Messico e salvaguardi tutte le nostre acque».

Un anno fa  gli ambientalisti e i “kayaktivists” riuniti a Seattle chiesero che la Shell smettesse di trivellare il Mar Glaciale Artico. Quella protesta portò ad una estate di attivismo e “kayaktivisim” per premere sull’amministrazione di Barack Obama perché proteggesse le acque statunitensi dalle trivellazioni offshore. Nel 2016 Obama  ha dichiarato la moratoria sulle trivellazioni offshore nell’Atlantico Usa, gli ambientalisti lo hanno ringraziato per questa decisione, ma ora chiedono che vengano protetti anche l’Oceano Artico e il Golfo del Messico.