I paesi pro-nucleare fanno progressi più lenti sugli obiettivi climatici

La centrale nucleare di Hinkley Point in bilico. Non c’è rinascimento nucleare in Europa

[23 Agosto 2016]

Secondo il nuovo studio “Nuclear energy and path dependence in Europe’s ‘Energy union’: coherence or continued divergence?”, pubblicato su Climate Policy da Andrew  Lawrence, della Scola di studi internazionali di Vienna, e da Benjamin Sovacool e Andrew Stirling dell’università del Sussex,  «Un forte impegno nazionale per l’energia nucleare va di pari passo con una debole performance sugli obiettivi del  cambiamento climatico».

Lo studio, che esamina i Paesi europei, dimostra che i maggiori progressi verso la riduzione delle emissioni di CO2 e la crescita delle fonti di energia rinnovabili – come stabilito nella strategia della Ue 2020 – sono stati compiuti dai Paesi che hanno rinunciato all’energia nucleare o che hanno piani per ridurre la percentuale del nucleare nel mix energetico nazionale. «Al contrario – siottolineano all’università britannica del Sussex – i Paesi pro-nucleari sono stati più lenti a implementare l’eolico, il solare e le tecnologie idroelettriche e ad  affrontare le emissioni».

I ricercatori dicono che «Mentre è difficile mostrare un nesso di causalità, lo studio getta dubbi significativi in materia di energia nucleare, come la risposta alla lotta contro i cambiamenti climatici».  Stirling, che insegna politica scientifica e tecnologica all’università del Sussex, aggiunge: «Vista da sola, l’energia nucleare viene tallvolta rumorosamente proposta come una risposta interessante ai cambiamenti climatici Eppure, se le opzioni alternative se viene messa rigorosamente a confronto con proposte alternative, aumentano le domande a proposito di costo-efficacia, della tempestività, della sicurezza sanitaria e della sicurezza. Guardando nel dettaglio le tendenze storiche e gli attuali modelli in Europa, questo documento sostanzia ulteriori dubbi. Sopprimendo i modi migliori per raggiungere gli obiettivi climatici, l’evidenza suggerisce che impegni fondati sul nucleare potrebbe in realtà essere controproducenti»

Lo studio divide i Paesi europei in tre gruppi, Gruppo 1: niente energia nucleare (come la Danimarca, l’Irlanda e la Norvegia); Gruppo 2: impegni nucleari esistenti, ma con i piani per disattivare (ad esempio Germania, Olanda e Svezia); Gruppo 3: che prevede di mantenere o espandere la capacità nucleare (ad esempio Bulgaria, Ungheria e Regno Unito); ed è così che i tre ricercatori hanno scoperto che i Paesi del Gruppo 1  avevano ridotto in media le loro emissioni del 6% 2005 e che hanno aumentato le fonti di energia rinnovabili al 26%.

Intanto i Paesi del Gruppo 2 se l’erano cavata ancora meglio per la  riduzione delle emissioni. Meno 11%, mentre le energie rinnovabili sono crescite al 19%.

Invece i Paesi del Gruppo 3 hanno in media un modesto 16% di rinnovabili e le emissioni di gas serra, in media, sono cresciute del 3%.

L’Italia fa parte del Gruppo 1 e il calo delle emissioni di gas serra dal 2005 è stato del 13%, mentre le rinnovabili sono cresciute del 16%.

La Gran Bretagna presenta una situazione “mista”: le emissioni sono state ridotte del 16%, in controtendenza rispetto degli altri Paesi pro-nucleari, ma solo il 5% della sua energia proviene da fonti rinnovabili, che è tra le percentuali più basse d’Europa, fanno peggio solo Lussemburgo, Malta e Olanda.

Secondo il team di ricercatori, «I giganteschi investimenti giganteschi di tempo, denaro e competenze nelle centrali nucleari, come ad esempio la proposta di Hinckley punto C nel Regno Unito, possono creare dipendenza e “lock-in”, nel senso di “tornare indietro” nella psiclogia nazionale. L’innovazione tecnologica diventa quindi quel che riguarda la ricerca di invenzioni “conservatrici”:  vale a dire le nuove tecnologie che preservano il sistema esistente. Questo avviene, inevitabilmente, a spese di tecnologie più radicali, come l’eolico o il solare.

Sovacool, che insegna politica energetica e dirige il Sussex Energy Group all’università del Sussex, sottolinea che «L’analisi dimostra che l’energia nucleare non è come gli altri sistemi energetici Ha un insieme unico di rischi politici, tecnici e non, che devono essere perennemente gestiti. “Se non altro, il nostro studio mette in dubbio la possibilità di un rinascimento nucleare nel breve termine, almeno in Europa».

Lawrence conclude «Mentre la viabilità del proposto impianto di Hinkley è di nuovo messa in dubbio da parte del governo May, dobbiamo ricordare che – come è vero per il fallout nucleare – le spese smodate per l’energia nucleare e rischi si estendono oltre i confini nazionali e le generazioni attuali. Al contrario, le fonti energetiche alternative più economiche più sicure più adattabili sono disponibili per tutti i Paesi».