Il sit-in organizzato dal Legambiente davanti al ministero dello Sviluppo economico

Petrolio, una moratoria delle regioni per bloccare le trivellazioni offshore

Il greggio disponibile basta per appena 8 settimane di consumi italiani, ma ipoteca circa 130mila kmq di aree marine

[30 Luglio 2015]

Le riserve certe di petrolio presenti sotto i mari italiani, come stimato direttamente dal ministero dello Sviluppo economico, basterebbero a soddisfare il fabbisogno energetico italiano per appena 8 settimane, ma a fronte di questi quantitativi irrisori di greggio – assolutamente insufficienti a dare un contributo energetico rilevante al nostro Paese – si stanno ipotecando circa 130mila kmq di aree marine.

È quanto denunciato ieri in un sit-in ambientalista direttamente davanti al ministero dello Sviluppo Economico, in occasione dell’incontro tra governo e regioni su trivellazioni e questione air-gun.

«È ora di passare dalle parole ai fatti e di riappropriarsi del futuro del mare. Non ci sono più alibi – ha dichiarato Vittorio Cogliati Dezza, presidente dell’associazione organizzatrice del sit-in, Legambiente – L’incontro di oggi sia l’occasione per parlare veramente del futuro dei territori e per avanzare proposte concrete per fermare la deriva petrolifera a cui il Paese sembra destinato e guardare alla tutela della biodiversità marina, al rilancio dell’economia e del turismo sostenibile. Per questo chiediamo alle Regioni di prendere una posizione chiara a favore dei territori e di dimostrare la forza della comunità mettendo in campo tutti gli strumenti politici e amministrativi in loro possesso per dire no al petrolio, a partire dalla presentazione di una moratoria che blocchi qualsiasi autorizzazione relativa alle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi».

Federazione Pro Natura, Greenpeace, Legambiente, Marevivo, Touring Club Italiano e WWF hanno infatti chiesto con un memorandum alle regioni di non rendersi corresponsabili, e opporsi alla corsa sfrenata delle trivelle nei mari italiani che, per poche gocce di petrolio (o gas) rischia di causare danni (anche d’immagine) a economie di ben altro peso come la pesca e il turismo. «La nostra richiesta – spiegano gli ambientalisti – è semplicemente quella di una moratoria delle autorizzazioni per prospezioni, ricerche e coltivazione di idrocarburi».

Oltre al non-sense economico dell’operazione, che proprio ieri ha spinto due compagnie petrolifere (la Marathon Oil e la OMV) alla rinuncia a 7 concessioni di ricerca di idrocarburi nel mare croato, gli ambientalisti mettono in fila tre buone ragioni per le quali le regioni dovrebbero dire no alle nuove trivellazioni: non deve essere possibile autorizzare o eseguire attività di prospezione e ricerca di idrocarburi nei mari italiani in assenza di una “intesa forte” tra stato e regioni – alla luce di quanto stabilito dall’art.117 della Costituzione e ribadito dalla Corte Costituzionale nella sentenza 24 maggio 2005 n. 383 –, senza valutazioni di impatto ambientale sui singoli progetti complete e approfondite, che tengano conto delle aree sensibili per a biodiversità come previsto dalla normativa comunitaria (a oggi le attività di prospezione di idrocarburi sono incredibilmente svolte in assenza di una pianificazione nazionale di queste attività e di una Vas – Valutazione Ambientale Strategica), e  infine senza un adeguato recepimento delle Direttiva 30/2013 (la direttiva offshore)

«Fermare l’estrazione e la ricerca di petrolio – conclude Cogliati Dezza – è nell’interesse generale della Penisola e di gran parte dei settori economici, a partire dalla pesca e dal turismo. È tempo che il governo Renzi, che finora si è dimostrato miope e sordo fino ad oggi su questo tema, pensi seriamente al futuro dell’Italia piuttosto che agli interessi delle lobby dell’oro nero e dia il via a quel Green Act, annunciato nei mesi scorsi, accompagnandolo con un nuovo indirizzo di politica economica, fiscale, industriale e culturale».