Ma i Paesi prevedono di produrre nel 2030 più del doppio della quantità di combustibili fossili di quanto sarebbe coerente con un limite della temperatura di +1,5° C

Production Gap Report: è tempo di immaginare e pianificare un futuro migliore, senza energie fossili (VIDEO)

Per evitare un riscaldamento catastrofico, i governi del mondo devono ridurre la produzione di combustibili fossili del 6% all’anno

[3 Dicembre 2020]

United Nations environment programme (Unep), Stockholm Environment Institute (SEI), International nstitute for sustainable development (Iisd) e i think tank indipendenti Overseas Development Institute (ODI) ed E3G, hanno pubblicato un numero speciale del  “Production Gap Report – The discrepancy between countries’ planned fossil fuel production and global production levels consistent with limiting warming to 1.5° C or 2° C” che rileva che «La ripresa dal Covid-19 segna un potenziale punto di svolta, nel quale i Paesi devono cambiare rotta per evitare di restare bloccati in livelli di carbone , petrolio e produzione di gas di gran lunga superiore al limite di 1,5° C».

Modellato sulla serie degli Emissions Gap Report dell’Unep e concepito come un’analisi complementare, questo rapporto mette a nudo l’enorme gap tra la produzione di combustibili fossili pianificata dai Paesi e i livelli di produzione globale necessari per limitare il riscaldamento a 1,5° C e 2° C e secondo il Segretario generale dell’Onu, António Guterres, «Questo rapporto mostra senza ombra di dubbio che la produzione e l’uso di carbone, petrolio e gas devono diminuire rapidamente, se vogliamo raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici. Questo è fondamentale per garantire sia un futuro sicuro per il clima che economie forti e sostenibili per tutti i Paesi, compresi quelli più colpiti dal passaggio dal grey al green. I governi devono lavorare per diversificare le loro economie e sostenere i lavoratori, anche attraverso piani di ripresa post Covid-19 che non blindino percorsi insostenibili dei combustibili fossili ma condividano invece i benefici di riprese verdi e sostenibili. Possiamo e dobbiamo rprenderci meglio insieme».

Ma il rapporto Unep, SEI, Iisd, ODI ed E3G denuncia che «I Paesi prevedono di aumentare la loro produzione di combustibili fossili nel prossimo decennio, anche se la ricerca mostra che il mondo deve diminuire la produzione del 6% all’anno per limitare il riscaldamento globale a 1,5° C».

Il Production Gap Report, pubblicato per la prima volta nel 2019, misura il divario tra gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e la produzione pianificata di carbone, petrolio e gas dei diversi Paesi e fa notare che «Il “gap di produzione” rimane ampio: i Paesi prevedono di produrre nel 2030 più del doppio della quantità di combustibili fossili di quanto sarebbe coerente con un limite di temperatura di 1,5° C».

Il numero speciale di quest’anno del Production gap report esamina le implicazioni della pandemia di Covid-19  – e le misure di stimolo e per la ripresa dei governi – sulla produzione di carbone, petrolio e gas e dice che siamo arrivati a un potenziale punto di svolta perché  sollecita i governi a intraprendere iniziative senza precedenti e  perché le principali economie, tra cui Cina, Giappone e Corea del Sud, si sono impegnate a raggiungere emissioni net zero.

Presentando il rapporto, la direttrice esecutiva dell’Unep Inger Andersen ha detto che «I devastanti incendi boschivi, le inondazioni e la siccità di quest’anno e altri eventi meteorologici estremi in corso rappresentano un potente promemoria del perché dobbiamo riuscire ad affrontare la crisi climatica. Mentre cerchiamo di riavviare le economie in seguito alla pandemia di Covid-19, investire in energia e infrastrutture low-carbon  sarà positivo per l’occupazione, per le economie, per la salute e per l’aria pulita. I governi devono cogliere l’opportunità di indirizzare le loro economie e i sistemi energetici lontano dai combustibili fossili e ricostruire meglio, verso un futuro più giusto, sostenibile e resiliente».

Uno degli autori del rapporto, Michael Lazarus, direttore del SEI US Center, ha evidenziato che «La ricerca è abbondantemente chiara sul fatto che dovremo affrontare gravi perturbazioni climatiche se i Paesi continuano a produrre combustibili fossili ai livelli attuali, per non parlare degli aumenti pianificati. La ricerca è altrettanto chiara sulla soluzione: politiche governative che riducono sia la domanda che l’offerta di combustibili fossili e supportano le comunità che attualmente dipendono da loro. Questo rapporto presenta i passi che i governi possono intraprendere oggi per una transizione giusta ed equa dai combustibili fossili».

Ecco gli altri principali risultati del Production Gap Report:

Tra il 2020 e il 2030, la produzione globale di carbone, petrolio e gas dovrebbe diminuire ogni anno rispettivamente dell’11%, 4% e 3%, per essere coerente con il percorso di 1,5° C.

La pandemia di Covid-19 – e le misure di lockdown per arrestarne la diffusione – hanno portato a cali a breve termine nella produzione di carbone, petrolio e gas nel 2020. Ma i piani pre-Covid e le misure di stimolo post-Covid puntano a una continuazione del crescente gap globale nella produzione di combustibili fossili, con il rischio di gravi perturbazioni climatiche.

Ad oggi, i governi del G20 hanno impegnato oltre 230 miliardi di dollari in misure Covid-19 per i settori responsabili della produzione e del consumo di combustibili fossili, molto più che per l’energia pulita (circa 150 miliardi di dollari). Per raggiungere gli obiettivi climatici i responsabili politici devono invertire questo trend.

La presidente degli Elders, la ex presidente dell’Irlanda Mary Robinson, concorda: «Il Covid-19 ha scosso i mercati energetici e, se cogliamo questo momento, possiamo far sì che il cambiamento avvenga in base alla progettazione. Ma mentre alcuni Paesi stanno dimostrando la leadership rimuovendo i sussidi ai combustibili fossili e limitando nuove esplorazioni ed estrazioni, dobbiamo vederne molti di più se vogliamo colmare il gap tra la produzione pianificata di combustibili fossili e gli impegni sul clima presi ai sensi dell’Accordo di Parigi sul clima. Lavorando insieme, governi, aziende e investitori possono portare avanti un declino gestito dell’industria dei combustibili fossili in un modo che riduca al minimo le distruzioni e garantisca una transizione giusta per i lavoratori e le comunità».

La principale autrice del rapporto Ivetta Gerasimchuk, responsabile sustainable energy supplies dell’Iisd, evidenzia che «Quest’anno, lo shock della domanda causato dalla pandemia e il crollo dei prezzi del petrolio  hanno dimostrato ancora una volta la vulnerabilità di molte regioni e comunità dipendenti dai combustibili fossili. L’unica via d’uscita da questa trappola è la diversificazione di queste economie al di là dei combustibili fossili. Ahimè, nel 2020 abbiamo visto molti governi raddoppiare i combustibili fossili e consolidare ancora di più queste vulnerabilità. Invece, i governi dovrebbero indirizzare i fondi per la ripresa verso la diversificazione economica e a una transizione verso l’energia pulita che offra un migliore potenziale economico e occupazionale a lungo termine. Questa può essere una delle imprese più impegnative del XXI  secolo, ma è necessaria e realizzabile».

Il rapporto approfondisce anche come il mondo può passare in maniera equa dai combustibili fossili, con la loro liquidazione più rapida necessaria da parte dei Paesi che hanno una maggiore capacità finanziaria e istituzionale e sono meno dipendenti dalla produzione di combustibili fossili, ma l’Unep fa notare che « Alcuni dei maggiori produttori di combustibili fossili di questo gruppo, tra i quali Australia, Canada e Stati Uniti, sono attualmente tra coloro che perseguono importanti espansioni nella fornitura di combustibili fossili».

Invece, per effettuare una transizione equa, i Paesi fortemente dipendenti dai combustibili fossili e con capacità interne limitate avranno bisogno del sostegno internazionale e il rapporto esplora i modi per facilitare questa cooperazione.

La pensa così anche il presidente dell’ International Trade Union Confederation, Ayuba Wabba: «La scienza è chiara sul fatto che per raggiungere gli obiettivi climatici la produzione di combustibili fossili deve ridursi drasticamente. Questo deve avvenire in modo gestito, giusto e globalmente equo. I governi devono avviare processi di dialogo sociale con i lavoratori e i loro sindacati e con le comunità colpite per attuare piani di transizione giusta che riducano al minimo gli impatti negativi e massimizzino i benefici della transizione verso l’energia pulita».

L’altra autrice principale del rapporto, Cleo Verkuijl del SEI, aggiunge che «Ridurre la produzione di combustibili fossili a un ritmo che sia in linea con gli obiettivi di Parigi richiede cooperazione e supporto internazionali. Man mano che i Paesi comunicano impegni climatici più ambiziosi al
processo climatico delle Nazioni Unite. in vista della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 2021 a Glasgow, hanno l’opportunità di incorporare obiettivi e misure per ridurre la produzione di combustibili fossili in questi piani, o NDC».

Il rapporto delinea 6 aree di azione, fornendo ai responsabili politici opzioni per iniziare a ridurre i combustibili fossili mentre attuano i piani di ripresa post Covid-19 e spiega che «Tra le altre cose, possono ridurre il sostegno governativo esistente ai combustibili fossili, introdurre restrizioni alla loro produzione e garantire che i fondi di stimolo vadano agli investimenti verdi (legando qualsiasi sostegno alle industria ad alto tenore di carbonio a condizioni che promuovano l’allineamento a lungo termine con gli obiettivi climatici)».

Måns Nilsson, direttore esecutivo del SEI, conclude: «Questo rapporto fa luce su come l’azione dei governi, in molti casi, rischia di bloccarci in percorsi alimentati dai combustibili fossili. E delinea, con soluzioni ed esempi, l’alternativa per andare oltre la produzione di carbone, petrolio e gas. E’ tempo di immaginare e pianificare un futuro migliore».

Videogallery

  • The Production Gap: 2020 Special Report