Un impianto che equivarrebbe al oltre 150.000 piccoli fotovoltaici famigliari o a piantare milioni di alberi

Revisione del progetto eolico off-shore di Rimini, Legambiente: «Gli Enti propongano miglioramenti non bocciature a priori»

«L'urgenza climatica avanza. Chi boccia a priori la tecnologia ha forti responsabilità verso l'azzeramento delle emissioni»

[22 Ottobre 2020]

Dopo le polemiche di quest’estate con la giunta regionale dell’Emilia Romagna e gli amici delle piattaforme petrolifere in Adriatico, Legambiente interviene nuovamente sul dibattito intorno al progetto di eolico offshore a largo delle coste riminesi. In particolare per quanto riguarda le modifiche apportate al progetto, che vedono una riduzione del numero di aerogeneratori, con conseguente allontanamento degli stessi ed una aumento dello spazio utile di navigazione.

Secondo l’associazione ambientalista, «Si tratta di un passo da cogliere da parte degli Enti per potere avviare un ampio confronto di miglioramento del progetto, non ideologico e tenendo conto di tutti gli interessi in gioco. Un percorso che Legambiente ha già sollecitato lo scorso luglio alla tappa di Goletta Verde a Riccione, in presenza dell’assessore regionale Vincenzo Colla e le istituzioni locali».

Ma il Cigno Verde evidenzia che «Purtroppo sulla stampa si continuano a leggere ostilità a priori verso la tecnologia, senza che vengano poste in campo soluzioni alternative reali all’urgenza dei cambiamenti climatici».

Legambiente sottolinea che «A livello di riduzione di emissioni annue di CO2 l’impianto avrebbe gli effetti di oltre 150.000 impianti fotovoltaici famigliari da 3 kW o la piantumazione di oltre 5 milioni di alberi. Questo anche tenendo conto di disponibilità di vento piuttosto cautelative. E nonostante questo rimane solo una piccola parte di quanto bisognerebbe fare per ottenere la neutralità carbonica al 2050 o il 100% di rinnovabili al 2035 fissati dalla Regione».

Eppure, secondo il Piano Energia e Clima nazionale, l’Italia dovrà installare almeno 1 GW di potenza eolica l’anno – con impianti onshore e offshore – per raggiungere gli obiettivi. Legambiente fa notare che «I numeri evidenziano dunque che la produzione rinnovabile associata ad un impianto simile, sarebbe difficilmente ottenibile negli stessi tempi con altre politiche, di cui si legge spesso sulla stampa. Certamente non si può chiamare in campo l’idrogeno, per la cui produzione serve comunque energia (al momento quella fossile). Le politiche di risparmio energetico invece sono fondamentali e bisogna  battersi per una forte accelerazione, ma interventi sull’edilizia, sul settore turistico, sui consumi aziendali, o dei sistemi di mobilità hanno tempi non comprimibili».

Quindi, per Legambiente, «Avanzare dubbi o criticità risulta legittimo, ma bocciare la tecnologia senza alternative credibili, comporta una forte responsabilità di fronte all’urgenza climatica».

Per quanto riguarda le segnalazioni dei pescatori sui possibili danni alla pesca, gli ambientalisti dicono che «Va evidenziato che la forma di pesca che verrebbe limitata dalla presenza delle pale è proprio la pesca a strascico che rappresenta la modalità più dannosa e deleteria per gli ecosistemi marini. Avere zone di interdizione avrebbe dunque anche una funzione positiva per la salvaguardia delle risorse e della fauna ittica».