Sorpresa: l’agrivoltaico non danneggia allevamento, flora e agricoltura

Tre studi OSU dicono che la giusta combinazione di pannelli solari e attività agricole aumenta la produttività della terra

[20 Maggio 2021]

Secondo il recente studio “Herbage Yield, Lamb Growth and Foraging Behavior in Agrivoltaic Production System”, pubblicato su Frontiers in Sustainable Food Systems da un d team di ricercatori dell’Oregon State University – Corvallis (OSU), «La produttività della terra potrebbe essere notevolmente aumentata combinando il pascolo di pecore e la produzione di energia solare sullo stesso terreno».

Si tratta probabilmente del primo studio a indagare sulla produzione di bestiame nei  sistemi agrivoltaici, dove la produzione di energia solare è combinata con la produzione agricola, come la semina di colture agricole o il pascolo di animali. I ricercatori hanno confrontato la crescita degli agnelli e la produzione di pascoli nei pascoli con i pannelli solari e nei tradizionali pascoli aperti e nei pascoli solari hanno trovato in generale meno foraggio ma di qualità superiore mentre gli agnelli allevati in entrambi i tipi di pascolo hanno guadagnato peso  in quantità simili. Il consumo giornaliero di acqua degli agnelli nei due tipi di pascolo nella primavera del 2019 è stato simile all’inizio della primavera, ma gli agnelli nei pascoli aperti hanno consumato più acqua di quelli pascolati sotto i pannelli solari nella tarda primavera. Non è stata osservata alcuna differenza nell’assunzione di acqua degli agnelli nella primavera del 2020. Nel corso dei due anni, i pascoli solari hanno prodotto il 38% in meno di foraggio rispetto ai pascoli aperti. Nel complesso, il rendimento del pascolo è stato di 1.046 dollari per ettaro all’anno nei pascoli aperti e di 1.029 dollari per ettaro all’anno nei pascoli con pannelli solari.

I ricercatori evidenziano che «I pannelli solari, ovviamente, forniscono valore in termini di produzione di energia, il che aumenta la produttività complessiva del terreno. I pannelli solari favoriscono anche il benessere degli agnelli fornendo ombra, il che consente agli animali di preservare l’energia. Anche il pascolo degli agnelli allevia la necessità di gestire la crescita delle piante sotto i pannelli solari attraverso erbicidi o falciatura regolare, che richiedono manodopera e costi aggiuntivi».

La principale autrice dello studio, Alyssa Andrew,  sottolinea che «Il rendimento complessivo è più o meno lo stesso, e ciò non tiene conto dell’energia prodotta dai pannelli solari. E se progettassimo il sistema per massimizzare la produzione, probabilmente otterremmo numeri ancora migliori. I risultati dello studio supportano i vantaggi dell’agrivoltaico come sistema agricolo sostenibile».

E’ una buona notizia, visto che negli ultimi 10 anni negli Usa gli impianti solari fotovoltaici sono aumentati in media del 48% all’anno e si prevede che l’attuale capacità raddoppi nuovamente nei prossimi5 anni e che ricerche precedenti avevano già scoperto che le praterie e le terre coltivate nelle regioni temperate sono i posti migliori per installare pannelli solari per massimizzare la produzione di energia. Ma la produzione di energia fotovoltaica richiede vaste aree di terreno, provocando potenzialmente una competizione con gli usi agricoli.

Agrivoltaico cerca di mitigare questa concorrenza misurando il valore economico della produzione di energia e dell’utilizzo agricolo degli stessi terreni. Per questo la ricerca si è concentrata su colture e pannelli solari e ha scoperto che alcune colture, in particolare quelle a cui piace l’ombra, possono essere più produttive in combinazione con i pannelli solari.

Negli ultimi tempi l’OSU si è particolarmente specializzata in questo campo: lo studio “Partial shading by solar panels delays bloom, increases floral abundance during the late-season for pollinators in a dryland, agrivoltaic ecosystem”, pubblicato ad aprile su Scientific Reports da un team di ricercatori dell’Oregon State University, ha scoperto che «L’ombra fornita dai pannelli solari ha aumentato l’abbondanza di fiori sotto i pannelli e ha ritardato i tempi della loro fioritura, entrambi risultati che potrebbero aiutare la comunità agricola».

Anche questo studio è stato probabilmente il primo a esaminare l’impatto dei pannelli solari su piante da fiore e insetti e ha importanti implicazioni per gli sviluppatori solari che gestiscono la terra sotto i pannelli solari, così come per i sostenitori dell’agricoltura e della salute degli impollinatori che cercano terre per ripristinare l gli habitat degli impollinatori e saranno molto utili a Stati Usa come  Minnesota, North Carolina, Maryland, Vermont e Virginia che hanno sviluppato linee guida e incentivi per promuovere impianti solari incentrati sugli impollinatori.

La principale autrice dello studio, Maggie Graham dell’OSU ricorda che «La sostituzione con pannelli solari è in genere riuscito a limitare la crescita delle piante. Il mio pensiero, entrando a far parte di questa ricerca, era come possiamo capovolgerlo? Perché non piantare sotto i pannelli solari con qualcosa di benefico per l’ecosistema circostante, come i fiori che attirano gli impollinatori? Gli insetti lo userebbero? Questo studio dimostra che la risposta è sì».

Gli insetti impollinatori favoriscono la riproduzione del 75% delle specie di piante da fiore e del 35% delle specie coltivate a livello globale. Negli Usa i servizi dell’impollinazione all’agricoltura sono valutati in 14 miliardi di dollari all’anno. Ma l’habitat per gli insetti impollinatori sta diminuendo a causa dell’urbanizzazione, dell’intensificazione dell’agricoltura e dello sviluppo del territorio. Anche i cambiamenti climatici possono causare perdita di disponibilità di habitat.

La Graham è arrivata nell’Oregon dopo aver lavorato per un’ONG che si occupa di fornire pannelli solari alle famiglie a basso reddito e lo studio su fiori e fotovoltaico è stato condotto nell’impianto solare Eagle Point che occupa più di 18 ettari nella contea di Jackson. Il team di ricerca ha raccolto dati su 48 specie di piante e 65 diverse specie di insetti durante 7 campionamenti di due giorni da giugno a settembre 2019, corrispondenti ai tempi post-picco di fioritura. I ricercatori ricordano che «Estendere i tempi di fioritura è importante per impollinare gli insetti perché fornisce loro cibo più avanti nella stagione», hanno detto i ricercatori.

I dati raccolti sono stati suddivisi in 3 categorie: parcelle in piena ombra sotto i pannelli solari, parcelle in ombra parziale sotto i pannelli solari e parcelle in pieno sole non sotto i pannelli. Ne è venuto fuori che «L’abbondanza floreale era massima nelle parcelle a mezz’ombra, dove sono state trovate fioriture del 4% in più rispetto alle parcelle in pieno sole e in piena ombra. La quantità di specie di fiori e la diversità dei fiori non differivano tra i diversi appezzamenti. Una media del 3% in più di insetti impollinatori nelle parcelle in ombra parziale e in pieno sole rispetto alle parcelle in piena ombra. La quantità di specie di insetti e la diversità degli insetti era maggiore in ombra parziale e in pieno sole che in piena ombra. Il numero di insetti per fiore non differiva tra i diversi appezzamenti».

Per la Graham «Le terre inutilizzate o sottoutilizzate sotto i pannelli solari rappresentano un’opportunità per aumentare il previsto declino dell’habitat degli impollinatori. Vicino a terreni agricoli, questo ha anche il potenziale per portare benefici alla comunità agricola circostante e rappresenta una strada per studi futuri. Sviluppatori solari, responsabili politici, comunità agricole e sostenitori della salute degli impollinatori che cercano di massimizzare l’efficienza dell’uso del suolo, la biodiversità e i servizi di impollinazione potrebbero prendere in considerazione come opzione l’habitat degli impollinatori nei siti solari fotovoltaici».

Un altro studio, “Agrivoltaics Align with Green New Deal Goals While Supporting Investment in the US’ Rural Economy”, pubblicato il 25 dicembre 2020 su Sustainability da un team di ricercatori dell’OSU e dell’Indian Institute of Technology-Indore, che ha scoperto che co-sviluppando terreni sia per l’energia solare fotovoltaica che per l’agricoltura potrebbe fornire il 20% della produzione totale di elettricità negli Stati Uniti con un investimento inferiore all’1% del budget annuale degli Usa.

Il team guidato da  Chad Higgins del College of Agricultural Sciences dell’OSU ha anche scoperto che «L’installazione su larga scala di sistemi agrivoltaici potrebbe portare a una riduzione annuale di 330.000 tonnellate di emissioni di anidride carbonica negli Usa – l’equivalente di 75.000 auto all’anno tolte dalla strada  – e alla creazione di oltre 100.000 posti di lavoro nelle comunità rurali, mentre avrebbe un impatto minimo sulla resa del raccolto».

Higgins è convinto che «L’agricoltura offre una rara possibilità di una vera sinergia: più cibo, più energia, minore richiesta di acqua, minori emissioni di carbonio e comunità rurali più prospere. L’agrivoltaico si allinea anche con gli obiettivi del Green New Deal, un pacchetto di legislazione federale che cerca di affrontare il cambiamento climatico e le disuguaglianze economiche. L’America rurale, in particolare l’agricoltura, può essere la soluzione a molte delle nostre preoccupazioni, che si tratti di energie rinnovabili, mitigazione degli impatti dei cambiamenti climatici, cibo sostenibile o buona gestione delle risorse idriche. Questa connessione non è stata sfruttata soprattutto perché non sono stati effettuati investimenti sufficienti in quelle comunità. Quello che proponiamo in questo paper è tutto possibile. E’ tecnicamente possibile. E’ politicamente possibile. E, dopo l’investimento iniziale, farebbe soldi. Questa è la conclusione: dovremmo prendere in considerazione con attenzione l’agricoltura come soluzione ai problemi piuttosto che come causa di problemi».

L’analisi delineata nello studio prepara il team di Higgins per la fase successiva della sua ricerca agrivoltaica, che comprende l’installazione di una fattoria solare completamente funzionante progettata per dare priorità alle attività agricole su cinque acri della North Willamette Research and Extension Station, ad Aurora, nell’Oregon, 20 miglia a sud di Portland. La fase successiva punta a dimostrare alla comunità agricola e ai potenziali futuri finanziatori come i risultati di Higgins possono essere applicati nei sistemi agricoli del mondo reale per incoraggiarne l’adozione precoce. La realizzazione dell’impianto ha preso il via da pochi giorni e l’inizio della produzione è previsto nel 2022.

Nel Sustainability paper, Higgins e Kyle Proctor, dicono che sarebbe necessaria un’area delle dimensioni del Maryland perché l’agricoltura possa soddisfare il 20% della produzione di elettricità degli Usa. Sono circa 32.000 Km2, l’1% dell’attuale terreno agricolo Usa. Il costo degli impianti agrivoltaici sarebbe di 1,12 trilioni di dollari per 35 anni. I ricercatori ritengono che «Il settore privato investirà la maggior parte dei costi di costruzione con il governo federale che contribuirà con sconti e altri incentivi».

Utilizzando il denaro generato dall’elettricità prodotta dalll’agrivoltaico, i ricercatori stimano che ci vorrebbero circa 17 anni per ripagare gli 1,12 trilioni di dollari. Dopo la durata prevista di 35 anni del progetto, i ricercatori stimano che gli impianti produrranno 35,7 miliardi di dollari di entrate, creando 117.000 posti di lavoro della durata di 20 anni, con il 40% di impieghi fissi per il funzionamento e la manutenzione dell’agrivoltaico.

Guardando al futuro, Higgins conclude: «L’installazione su larga scala di sistemi agrivoltaici apra la porta ad altre tecnologie. L’energia in eccesso generata dagli array solari potrebbe essere utilizzata per alimentare trattori elettrici o per generare fertilizzanti in un’azienda agricola. Sensori economici potrebbero essere installati sulle piattaforme dei pannelli solari per supportare le decisioni basate sull’intelligenza artificiale per migliorare la produttività agricola. Una volta che abbiamo le infrastrutture, una volta che abbiamo l’energia, siamo pronti ad affrontare tanti altri grandi problemi».